Arriva da Stanford l’AI Index, il report che misura lo stato dell’intelligenza artificiale nel mondo. È stata appena pubblicata l’edizione del 2025: 455 pagine di dati, grafici, scenari. Un lavoro monumentale, nato nel cuore dello Stanford Institute for Human-Centered AI, il centro fondato dalla pioniera Fei-Fei Li. Dei due autori principali, una è un’economista italiana, ricercatrice associata dell’istituto, esperta di dati. Si chiama Loredana Fattorini, ha 35 anni. Il suo compito è trasformare la complessità in chiarezza: leggere i numeri e mettere ordine nel caos apparente della tecnologia più rivoluzionaria del nostro tempo. «Il nostro lavoro è fare divulgazione. Trasformare informazioni complesse in qualcosa che chiunque possa capire: leader, decisori politici, imprenditori, pubblico».
Il quadro di quest’anno? La prima notizia è che la frontiera dell’intelligenza artificiale non è più un club per pochi. «Fino a poco tempo fa, i modelli avanzati erano nelle mani di pochissimi attori. Oggi ci sono più player e le loro performance sono sempre più simili». Secondo l’AI Index (qui per scaricarlo), all’inizio del 2025 il divario tra i primi due modelli in gara nella Chatbot arena LLM Leaderboard è sceso allo 0,7%. Nella top ten, tra il primo e l’ultimo si parla di uno scarto del 5,4%. «Significa che la tecnologia si sta democratizzando e questa è una cosa bellissima. Sta diventando più efficiente, più economica e quindi più accessibile».
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Crescono anche gli investimenti. Nel 2024, gli investimenti totali in intelligenza artificiale hanno raggiunto i 252,3 miliardi di dollari, il 25,5% in più rispetto all’anno precedente. Gli Stati Uniti restano in testa con oltre 100 miliardi di investimenti privati, seguiti da Cina e Regno Unito. Ma la buona notizia è l’Italia. «È entrata nella top fra i primi 15 con investimenti per 860 milioni».
Dell’Italia Fattorini parla con grande nostalgia. «Non vedo l’ora di tornare».
Di Lucca, umili origini, cresciuta a borse di studio e disciplina, Fattorini è arrivata in Silicon Valley poco prima della pandemia, per spingere il marito, ingegnere in Ferrari chiamato dalla Apple, a dar seguito a quella chiamata. In tasca ha una laurea in economia all’Università di Pisa, un dottorato, esperienza nel mondo delle startup e tanta passione per i dati. Arrivata a San Francisco, ha però un problema con il visto e non riesce a lavorare. «Non è stato facile ma ho imparato a essere resiliente. E ho sfruttato quel periodo per studiare l’intelligenza artificiale, seguire lezioni e corsi. Nell’aria già a quel tempo si sentiva l’arrivo della rivoluzione. E appena ho avuto il permesso di lavoro, due anni dopo, ho fatto un’application allo Stanford Institute for Human-Centered AI e mi hanno presa. Qualche mese dopo, è arrivato ChatGPT e ha sconvolto tutte le carte».
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Il report è ormai alla sua ottava edizione. Ha una struttura ampia, che abbraccia l’intelligenza artificiale a 360 gradi. Un capitolo è dedicato alla Responsible AI. C’è spazio anche per le politiche pubbliche e la governance, per capire in che modo i diversi paesi stanno affrontando il tema della regolazione. «La cooperazione globale si è intensificata: l’OCSE, l’UE, le Nazioni Unite e l’Unione Africana hanno rilasciato quadri normativi incentrati su trasparenza e affidabilità».
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E poi l’educazione, per misurare la diffusione dei corsi sull’IA e contare quanti laureati nel settore escono ogni anno. Un altro capitolo analizza la percezione pubblica, paese per paese: per valutare quando la gente si fida dell’intelligenza artificiale».
E si fida? «L’ottimismo è alto in Asia, Cina, Indonesia. Molto più basso in Usa e nei paesi anglosassoni. E anche l’Italia è divisa». Secondo il report, l’83% dei cinesi considera l’IA più utile che rischiosa, così come l’80% degli indonesiani e il 77% dei thailandesi. Percentuali che crollano nei paesi occidentali: 40% in Canada, 39% negli Stati Uniti, 36% nei Paesi Bassi. L’Italia è nel mezzo, con il 53%.
La sezione più sorprendente dell’AI Index è forse quella dedicata alla scienza e alla medicina. «Qui in Silicon Valley non si parla d’altro che di intelligenza artificiale applicata alla salute. È nei laboratori, nelle startup, nei reparti ospedalieri. Nel solo 2023, la FDA ha approvato oltre 223 dispositivi medici che integrano intelligenza artificiale. E anche qui c’è una bella notizia che riguarda l’Italia: è al terzo posto nel mondo per numero di sperimentazioni cliniche con intelligenza artificiale, dopo Cina e Stati Uniti».
L’IA non sta solo trasformando la medicina. Sta ridisegnando equilibri geopolitici, accorciando le distanze di performance tra Stati Uniti e Cina. Lo sviluppo scientifico sarà accelerato.
«Ci sono modelli capaci di identificare in tempo reale l’insorgenza di piccoli incendi, come FireSat, altri che anticipano diagnosi precoci. Cambieranno i trasporti: Waymo, uno dei principali operatori di self driving offre già 150mila corse autonome ogni settimana».
C’è di più. «Ci sono già sistemi che superano l’uomo in molti test». Il punto è proprio questo: «In alcuni casi i modelli hanno già raggiunto o superato le nostre capacità. E allora la domanda è: come misuriamo qualcosa che non siamo in grado di capire?».
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Logica, pianificazione, ragionamento complesso: qui invece l’intelligenza artificiale dà ancora risultati leggermente inferiori all’uomo. «I modelli di IA eccellono in compiti come quelli delle Olimpiadi Internazionali di Matematica, ma faticano ancora con benchmark (test) di ragionamento complesso, dove la precisione è fondamentale. Credo però che entro la fine dell’anno potrebbero essere in grado di raggiungerci».
Per Loredana Fattorini, il rigore non è solo metodo. È anche un modo di stare al mondo. «Cerco di restare curiosa, di mettermi in discussione, di guardare le cose con occhi nuovi, anche se lavoro sui dati tutti i giorni. Mi interessa capire. Fare la mia parte e davanti a tante cose che ancora non sappiamo… stare a guardare».
Qual è il segreto per arrivare in una posizione come la tua? «Io non mi sento arrivata…».
Fonte : Repubblica