Sentenza contro Google, il colosso controlla illegalmente il mercato delle pubblicità online

Gli annunci online finiscono davanti agli occhi degli utenti dopo essere passati attraverso una serie di sistemi che collegano editori e inserzionisti. Da tempo Google è considerato il fornitore dominante degli strumenti che vengono utilizzati in quasi tutte le fasi di questo processo. Secondo i critici, questo consente all’azienda di garantire un trattamento preferenziale ai propri sistemi e di escludere i concorrenti. Il gigante si è assicurato il controllo di alcuni di questi servizi tramite acquisizioni, come nel caso dell’acquisto di DoubleClick nel 2007.

Ma Brinkema ha anche respinto l’accusa del dipartimento di Giustizia secondo cui Google avrebbe monopolizzato anche il mercato degli strumenti utilizzati dagli inserzionisti per comprare annunci pubblicitari, sostenendo che la definizione di mercato fornita in questo caso dal governo americano è troppo ristretta. Per la giudice quindi Google non detiene un dominio illegale nel settore dei tool per l’acquisto delle pubblicità online, ma “solo” in quello degli strumenti di vendita di inserzioni usati dagli editori.

La versione di Google

Google sta sottolineando il fatto che non tutte le accuse hanno retto in tribunale. Su X, la responsabile degli affari normativi, Lee-Anne Mulholland, ha dichiarato che l’azienda ha vinto “metà della causa, aggiungendo che intende fare ricorso per l’altra metà .

La corte ha stabilito che i nostri strumenti per gli inserzionisti e le nostre acquisizioni, come DoubleClick, non danneggiano la concorrenza. Non siamo d’accordo con la decisione riguardo ai nostri strumenti per gli editori, che hanno molte opzioni e scelgono Google perché i nostri strumenti di ad tech sono semplici, convenienti ed efficaci“, ha scritto Mulholland.

La causa contro Google era stata intentata nel gennaio 2023 dal dipartimento di Giustizia e da otto stati americani, che accusavano il colosso di aver soffocato illecitamente la concorrenza nel mercato pubblicitario agendo come influente intermediario nel settore degli annunci e prendendosi così una grossa fetta dei ricavi pubblicitari. Da parte sua, Google ha cercato di promuovere la tesi che nel mondo della pubblicità online la concorrenza non manca certo. Il processo è iniziato lo scorso settembre e le dichiarazioni conclusive delle parti sono arrivate a novembre.

Le possibili cessioni

Il dipartimento di Giustizia non ha risposto immediatamente a una richiesta di commento di Wired US sulla sentenza. Jonathan Kanter, l’avvocato che ha seguito il caso per il dipartimento (per cui oggi non lavora più), ha scritto su X che la sentenza di giovedì rappresenta un’enorme vittoria per l’applicazione delle norme antitrust, per l’industria dei media e per un internet libero e aperto.

Lo scorso agosto il giudice di Washington Amit Mehta aveva stabilito che Google detiene un monopolio illegale anche nel settore delle ricerche online. Il dipartimento di Giustizia ha chiesto che la società ceda il suo browser, Chrome, e smetta di pagare partner (come Apple) in cambio di un trattamento preferenziale. Google si sta opponendo alle proposte e la prossima settimana è previsto l’inizio del processo che definirà in modo definitivo le conseguenze della sentenza.

Anche nel caso della causa sulle tecnologie pubblicitarie ci sarà un procedimento per definire le sanzioni che verranno comminate a Google, alla fine del quale il colosso potrebbe essere costretto a vendere gli strumenti di adtech che offre agli editori.

Questo articolo è apparso originariamente su Wired US.

Fonte : Wired