Giorgia Meloni da Donald Trump, ed è subito internazionale conservatrice. Atterrata a Washington giovedì 17 aprile, la presidente del Consiglio italiana ha incontrato brevemente l’inquilino della Casa Bianca, cercando di accreditarsi come unica interlocutrice europea di un certo peso. Che storia quella di Meloni, alla guida per anni di un partito che faticava ad arrivare al 3% e improvvisamente catapultata – così funziona la Storia – sui tavoli che contano a livello globale, portabandiera di idee che fino a qualche anno fa si sarebbe fatto fatica raccontare in pubblico tanto sono provinciali (protezionismo, critica senza pietà all’ideologia woke, posizioni antiabortiste). E’ il rigetto della globalizzazione, contro cui all’inizio del Millennio protestava la sinistra, salvo poi ricredersi e abbracciare la ricchezza, a partire da quella della Silicon Valley (Obama), ma anche quelle delle Ztl, le zone a traffico limitato del centro città che sono le uniche in cui ancora riesce a vincere.
Giorgia Meloni rappresenta la rivincita di chi è stato escluso dalla crescita economica di questi anni (il pil globale ha continuato ad aumentare, ma chi se ne è accorto?), di chi si è sempre sentito in minoranza (per esempio chi si opponeva alle misure anti covid) e all’improvviso si è ritrovato sul treno giusto, per così dire, quello che è arrivato nei luoghi del potere. Complice anche la mancanza di alternative credibili.
Giorgia Meloni da Donald Trump ha confermato di essere l’unica interlocutrice di un grande paese europeo che parla la stessa lingua del tycoon: Macron è di centro, la Germania non ha svoltato a destra, nel Regno Unito ha vinto Keir Starmer (di sinistra, anche se ora ha qualche problema). Per trovare altri sodali dobbiamo cercare nell’Ungheria di Viktor Orban, per intenderci, undici milioni di abitanti. Non molto, anche se abbastanza per mettere i bastoni tra le ruote a tante decisioni di un’Europa prigioniera di meccanismo antiquati.
Meloni ha aperto un canale, che potrebbe tornare utile alla bisogna, con il cinismo della politca, dove tutti possono servire. Ma sgombriamo il campo da ogni dubbio, è improbabile che l’Unione appalti alla leader italiana la propria politica estera (che peraltro non possiede, dal momento che nell’architettura istituzionale di Bruxelles sono ancora i singoli Stati a contare più di tutto).
Fonte : Wired