Dopo un primo quarto di secolo passato tra soul, rnb e pop, l’artista campano riabbraccia l’hip hop. “Non ho forzato nulla, tutto doveva essere credibile”. L’intervista
È il ritorno del guaglione sulla traccia. Sì, Neffa è tornato ufficialmente al rap, dopo un primo quarto di secolo tra soul, R&B e pop. Canerandagio (Parte 1) è la prima metà di un viaggio nel tempo che più che catapultarci in un passato nostalgico sembra tenerci sospesi in una bolla immune al flusso del tempo, come se lui non si fosse mai fermato, non avesse mai cambiato genere, e tutto fosse soltanto l’ideale prosecuzione di ciò che ha sempre fatto. Dieci tracce ricche di featuring, da rapper cresciuti con la sua musica ad artisti decisamente più giovani. Noyz Narcos, Franco126, Guè e Joshua, Izi, Fabri Fibra e Myss Keta, Frah Quintale, Joan Thiele e Gemitaiz, Lucariello e STE, Ele A e Francesca Michielin, tutti portatori sani di energia in una commistione di sonorità calde e ruvide al tempo stesso, che si muove su un andamento lento, a bpm bassi, lontano dalla frenesia della musica contemporanea e dalla caccia al tormentone. Un ritorno, quello di Neffa, che vedrà un sequel già annunciato con Canerandagio (Parte 2) e che sarà celebrato il 5 novembre con Universo Neffa, concerto evento all’Unipol Forum di Assago.
Inizialmente pensavo di chiederti cosa ti avesse spinto a tornare con un disco rap, poi, ascoltando l’album, la domanda si è ribaltata e mi viene da chiederti perché te ne sei andato, perché hai smesso di fare il rap.
È stato un insieme di fattori a portarmi, ai tempi, a lasciare il rap, e il primo di questi è lo stesso motivo per cui sono tornato. Semplicemente un bel giorno io avevo tutte pronte le mie basi per un disco di rap, tutto attorno a me diceva “tu farai un disco di rap”, ma mi uscirono le canzoni. Improvvisamente ho scritto una canzone, poi ho scritto La mia signorina, poi ne ho scritto un’altra. Arrivato la terza quarta ho detto: “accidenti, problemone”. E come sempre, non mi sono preoccupato di cosa potesse comportare in termini di percezione e ricezione esterna. Ho dovuto seguire la musica. Ho pensato che quello per cui io ero stato amato fino ad allora è che ho sempre dato qualcosa che alle persone è piaciuto. E quel qualcosa, per me, è ancora più che una forma, parole, musica, il genere. È un nucleo di profonda onestà nel momento in cui io decido di farti sentire una cosa. Ai tempi sapevo che se avessi voluto fare un disco rap avrei dovuto mentire a me e al pubblico, e forse il pubblico l’avrebbe apprezzato lo stesso perché tanto non glielo avrei detto, però io non avevo voglia di essere finto e ho preferito magari anche patire delle conseguenze.
Tutto qui?
Diciamo che anche l’aspetto che io chiamo politico nel rap, ai tempi del 2000, mi era diventato intollerabile. Non mi piaceva il concetto di dire “non mi piaci come persona quindi probabilmente non mi piace il tuo stile, chi sono i tuoi amici, chi sono i miei amici, io chi rappresento”. Ero più interessato alla pura creazione di arte e quindi non mi interessava mediare l’arte con tante questioni anche sociologiche che tipicamente nel rap le girano attorno. Sono cose che oggi sto risperimentando, perché arriva la persona che ti dice “hai fatto questa cosa non mi piace”, un’altra invece ti dice “sei un grande”. Non credo che ciò esista nella musica classica. Non mi immagino un pianista che dice a un altro “ah no come hai suonato Chopin lì non va mica bene perché poi non hai rappresentato la ballotta di San Donato”.
E quindi arriviamo al punto in cui decidi di tornare al rap.
In fondo, semplicemente avrei potuto risponderti con un semplice virgolettato: la musica mi ha portato fuori e allo stesso modo la musica mi ha portato dentro. Ho imparato in questi anni che al di là della mia attività di tutti i giorni di fare musica, ogni tanto mi arriva qualche cosa che io non stavo cercando e sento forte. Ho letto da qualche parte che un poeta inglese disse che le idee ti dettano il primo verso, poi sta all’autore capire e continuare l’opera. Ecco, nel momento in cui mi è uscito il primo rap ho capito che forse le idee mi stavano dicendo qualcosa. Non ho forzato perché per fare un disco di rap doveva assolutamente essere credibile. Vedi, quello che tu hai sentito probabilmente era che non sembrava uno che dice adesso mi rimetto a fare il rap, sembrava uno che ti ammollava del rap in modo molto naturale.

In Littlefunkyintro dici “sono passati 30 anni e passa e ancora puoi sentire che mi copiano”. Da Cani sciolti a Canerandaggio, in questi 30 anni e passa, c’è un po’ di continuità. Come è cambiato Neffa in questo tempo?
È cambiato miliardi di volte onestamente. Se tu pensi che la condizione fondamentale per fare musica, per me, è rappresentare il momento spirituale in cui io vivo, è inevitabile pensare che in 30 anni sei cambiato miliardi di volte, cambi ogni giorno. La musica diventa il mio diario di bordo, sostanzialmente. Cani sciolti era una canzone che avevo scritto prima ancora dei Sangue Misto, per poi portarla nel gruppo quando si è formato: allora come oggi sentivo questo bisogno di identificare quelli che non si identificano. Oggi tutto è fatto per chi ha un’identità, ogni prodotto è pensato per un certo mercato. Ecco, esistono persone che in realtà possono avere anche adiacenze con scuole di pensiero e modi di vivere ma in realtà non si identificano col pensiero massificato del momento e non trovano mai chi le racconta. Non è che voglia ergermi a colui che racconta le storie di chi non si identifica, ma essendo io uno di loro racconto la storia mia e credo che qualcuno ci si possa in qualche modo ritrovare dentro, non nelle forme ma nei significati.
Mi sembra di poter dire che questo è un disco che non si identifica, c’è un altro brano in cui dici sia “il mondo è vecchio” sia, subito dopo, “mi sono fatto vecchio”. In realtà sentendo il disco io non l’ho percepito come qualcosa che suonava old school, ma quasi come fosse fuori dal tempo. Ti dico un paio di cose: non ha una banger, non ha un pezzo uptempo, è un disco che si prende il suo tempo e sembra disinteressarsi totalmente di quelli che sono i trend e gli algoritmi di Spotify.
Accidenti. Guarda, credimi, se io dovessi sedermi lì, come forse andrebbe fatto, e dire “ok, in questo album ci sarebbe bisogno tanto di un banger, un uptempo, un pezzo da colonna sonora”, per me vorrebbe dire andare a fare l’analisi grammaticale dei sogni. E nello stesso momento in cui vai a scomporre un sogno cercando di analizzarlo ti svegli, smetti di sognare e offendi le muse. Io credo molto nelle muse ispiratrici, credo che ci sia qualcosa di leggermente meno umano, più astratto, più volatile, dove i pensieri e le idee e le ispirazioni magari abitano di più, perché nelle cose concrete tu hai la vita, in un bicchiere io ci verso l’acqua e bevo, ma quando poi ho placato la mia sete quella sensazione piacevole che sento, che cos’è, cosa mi genera? È questa la materia che mi interessa.
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Approfondimento
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Mi interessa sapere un po’ come sono nati i featuring. Ci sono artisti che sono cresciuti evidentemente ascoltandoti, ci sono però anche artisti molto giovani, Ste per esempio è nata l’anno in cui è uscita Aspettando il Sole, Ele A quando già avevi lasciato il rap.
Riguardo a questi due nomi voglio dirti questo: non sono Ele A e Ste a essere giovani, sono io che sono vecchio. Diciamo che per me è importante collaborare con persone che nel momento sono vive, propositive, piene di futuro. E ovvio, con alcuni ho collaborato per motivi generazionali, per esempio mi ha fatto molto sorridere quando mi sono trovato con Franco126 che ha appena fatto un album molto cantautoriale ma è arrivato da me e mi ha detto: “se tu fai un disco di rap, io faccio il rap”. C’erano persone che capivo chiaramente che ero stato nelle loro cuffie in un certo momento della loro vita e puoi capire la strana sensazione di questo.
In Cuoreapezzi c’è un’altra barra che mi ha colpito. Dice: “sempre lì che aspetti il sole”. Tu lo stai ancora aspettando il sole, hai smesso di aspettarlo, l’hai trovato?
Non ho avuto veramente tempo e modo di dirlo ampiamente, però per me quella canzone stranamente rappresenta un po’ una continuazione di Aspettando il sole, anche se di tutte queste cose me ne accorgo sempre dopo. Osservandola mi sono detto: sembra quasi come se la persona che stava aspettando il sole alla fine ha vissuto quella giornata, il sole è arrivato, è arrivata la notte dopo e alla fine si è accorta che forse non era il sole che aspettava ma una forma di speranza che forse, per oggi, è stata delusa. Ora hai domani e domani è il domani del giorno dopo. Alla fine è un bilancio un po’ amareggiato di alcune forme di speranza che o non si sono concretizzate o non hanno semplicemente trovato un indirizzo.
Sei stato ospite a Sanremo con Joshua, Guè, che sono tra l’altro con te nell’album, Shablo e Tormento. E in qualche modo è stato anche un modo per chiudere di persona un vecchio beef con Tormento. Cosa pensi oggi del dissing nel rap?
Ecco, queste sono le cose che in un certo senso per me screditano un genere. Già lo trovavo un po’ contrario all’arte e alle muse quando era un fenomeno underground, adesso quando sento parlare di beef fra grandissimi artisti penso che poi diventi anche una sorta di narrativa che ti permette di scriverci. Io sono cresciuto in anni in cui il conflitto col tuo mondo personale era un segno di vitalità. Forse sembrerò più naif che Neffa, ma oggi credo che vengano seminati abbondantemente odio e discordia in luoghi dove questo viene programmato proprio per far sì che noi non ci evolviamo come persone, perché se ci sono 100 che comandano, sono contenti di vedere che gli altri 8 miliardi sotto litigano e non guardano su chiedendosi perché quelli sopra non lo fanno. Quindi mi interessa molto di più l’unione come evoluzione di molte persone che vengono maltrattate. In più è anche una questione generazionale: cioè se io, oggi, all’età che ho, mi trovassi a dire “non mi piace come rappi” lo troverai anche lì un po’ remastered, cioè da rimasto, remaster-head.
Sei sempre stato un artista eclettico hai surfato tra i generi per tanti anni. Quanto spazio occupa il rap nella tua vita, quanto ti piace il rap, quanto rap ascolti e che rap ascolti?
Il discorso riguardo ai miei ascolti è incomprensibile anche a me. Quando avevo 12 anni sentivo musica 16 ore al giorno, mi addormentavo con gli ACDC in cuffia, con Angus Young che pestava fortissimo, e mi risvegliavo e accendevo la musica come prima. Man mano che sono andato avanti nella vita, più aumentava la quantità di musica che io producevo meno musica mi sono reso conto che sentivo (non mi piace il verbo ascoltare preferisco sentire). Quindi oggi io ho dei sentimenti disordinati. Non sento la musica attuale, attenzione, droppo questa bomba e ti dico perché: un giorno mia sorella, col suo 120 e lode in filosofia, mi disse che l’arte moderna è tutto assemblamento e da quel punto in poi ho capito perfettamente l’antifona. Mi sono reso conto che è vero. Pensa all’hip hop, che è chiaramente il primo genere di musica veramente basata sull’assemblamento: prendo un vecchio beat di James Brown, ci metto sopra un synth suonato e ci scrivo una cosa che parla della strada; puro assemblamento. Oppure, non so, sento i Coldplay e dico: “ok, a te chitarrista dei Coldplay è piaciuto The Edge, ti è piaciuto parecchio, vi sono piaciuti i Pink Floyd, lo capisco, però loro prendono i loro elementi e li amalgamano. Io ho paura di sentire la musica attuale perché ho paura che mi influenzi, sono certo che mi influenzerà, e ho paura addirittura di dire “bello questo flow, adesso lo rifaccio”. So benissimo che in Italia esce continuamente gente che arriva negli studi e dice: “senti questi tre pezzi, ecco, io lo voglio fare così”. Questo è esattamente l’opposto di quello che io voglio fare, io non voglio assolutamente sapere niente di quello che stanno facendo gli altri, voglio che piuttosto suoni fuori moda, non adeguata ma che sia la mia roba.
Cosa dobbiamo aspettarci da Canerandaggio Parte 2?
Beh, ovviamente è la continuazione di questo album, quindi sicuramente ci sarà un uguale mix tra tracce più soul e tracce più hardcore. Ho veramente alcuni hardcoroni in Parte 2, però poi ho anche alcune cime pop. Quindi altra divisione, diciamo.
La tracklist di Canerandagio Parte 1
1. Littlefunkyintro
2. TROPPAweed feat. Noyz Narcos
3. Bufera feat. Franco126
4. Cuoreapezzi feat. Guè, Joshua
5. Canerandagio feat. Izi
6. Hype (nuoveindagini) feat. Fabri Fibra, Myss Keta
7. Perdersi&ritorno feat. Frah Quintale
8. Miraggio feat. Joan Thiele, Gemitaiz
9. Argiento feat. Lucariello, STE
10. Tuttelestelle feat. Ele A, Francesca Michielin
Fonte : Sky Tg24