AGI – Con un nuovo abito cucito e progettato su misura per loro, per la prima volta anche le donne sfileranno nella solenne processione del Venerdì Santo a Bitonto, nel Barese. Un cambiamento storico che non rompe con la tradizione, ma piuttosto supera una consuetudine che aveva, nel tempo, escluso le donne.
Le parole del priore
“Questa apertura – spiega il priore dell’Arcicongregazione Santa Maria del Suffragio, Giuseppe Vacca – non rappresenta una rottura, ma semmai un ritorno alle origini. I documenti più antichi che descrivono le processioni del Venerdì Santo – come quello del 1680 di Bartolomeo Maiullari, accademico degli Infiammati – parlano esplicitamente della presenza femminile. Dunque la loro partecipazione era storicamente prevista. La richiesta, poi, è partita dal basso, specie dalle consorelle più giovani: per noi è un segno bellissimo, in un tempo in cui regnano disimpegno e individualismo. È una testimonianza concreta di fede e di volontà di partecipazione”.
L’abito processionale
Le consorelle sfileranno con un abito processionale disegnato e realizzato dalla professoressa Grazia Lisi: si tratta di una cappa nera sobria, elegante e simbolica. L’abito – lungo fino al ginocchio – è una mantella svasata sul fondo, con un taglio che parte dalla spalla all’altezza della cuffia della manica. L’apertura, pensata per garantire libertà di movimento alle braccia, nasce appena sotto il seno e termina al bacino.
Sul retro, gli stessi tagli donano ampiezza alla figura. Rifinisce il capo un collo a pistagna, mentre la chiusura sul davanti è affidata a un’abbottonatura nascosta con circa 10 bottoni. Decorano la pistagna, l’abbottonatura e il fondo del capo un cordoncino ritorto bianco, applicato sul bordo.
I dettagli dell’abito
Il tessuto scelto è un elegante Cady nero, foderato con rasone nero. Completano l’abito un velo di pizzo nero rettangolare da poggiare sul capo, guanti in pelle nera e acconciatura raccolta in uno chignon basso. Sotto la cappa, indumenti rigorosamente neri: pantalone a sigaretta e scarpe comode.
La processione del Venerdì Santo
La processione del Venerdì Santo di Bitonto, detta “di Gala”, parte nel tardo pomeriggio dalla chiesa del Purgatorio, su via Giandonato Rogadeo. A sfilare saranno tutte le confraternite con i propri stendardi, seguite dai simulacri della Vergine Addolorata, attorniata da oltre 100 candele, della Culla del Cristo morto, di legno intarsiato realizzata a Napoli nel 1880, e da una copia autentica della Sacra Sindone del 1646.
Il trofeo del Legno Santo
Nel corteo sfilerà anche il Trofeo del Legno Santo, che custodisce due schegge lignee “estratte dalla Santa Croce in Gerusalemme”, donate nel 1711 all’Arciconfraternita dall’arcivescovo di Siponto e Manfredonia, Mons. Giovanni de Lerma, bitontino e confratello sin dal 1683.
Quest’anno il trofeo assume una forma nuova ed essenziale: l’idea nacque nel 2019 da alcuni confratelli, tra cui il priore emerito Andrea Vacca e l’ingegnere Vitantonio Vacca, progettista da quasi un decennio della macchina processionale del Venerdì Santo. Si trattava di realizzare una nuova croce utilizzando il legno dei barchini dei migranti approdati a Lampedusa, per “attualizzare il significato della reliquia della croce: non relegarla a un ricordo antico, ma riconoscerla viva, concreta, quotidiana”, dice il priore.
Il progetto e la realizzazione
Nel gennaio 2020, una delegazione di confratelli si recò a Lampedusa, accompagnata da don Mimmo Chiarantoni e dai giornalisti Savino Carbone e Renato Brucoli (quest’ultimo scomparso recentemente). Grazie a un permesso speciale della Procura di Agrigento e dell’Ufficio delle Dogane, fu possibile accedere al deposito dei relitti e trasportare a Bitonto alcune tavole dei barconi. Poi la pandemia bloccò ogni cosa. Nel 2022 la processione riprese, ma con la vecchia macchina. Solo nel 2025, come primo atto del nuovo direttivo, il progetto è stato completato.
La nuova macchina processionale
La nuova macchina processionaria, realizzata dall’artigiano Michele Migliore, con il supporto floreale di Franco Vacca e Antonio Liso, si presenta come una croce più grande che accoglie la Stauroteca. Vista frontalmente, richiama la forma del “Tau”, simbolo della croce francescana; di profilo, invece, si intravede il profilo di una barca, richiamo alla Chiesa e ai viaggi dei migranti.
La croce dei migranti
“Nella nostra città – sottolinea Vacca – le croci non mancano, e una confraternita, specie quella dell’Addolorata, deve saperle accogliere, interpretare e rendere visibili. Anche quella dei migranti è una croce che ci interpella”. E aggiunge: “È bello pensare che questa croce, costruita con legni segnati dalla speranza e dalla sofferenza, diventi un segno visibile del Vangelo: ‘Ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito…'”.
Fonte : Agi