Un pugno nello stomaco. Un grido silenzioso. Una lettera mai spedita. Mi avevi perso già (Pako Music Records), il nuovo singolo di Vi Skin, all’anagrafe Sofia Pelle, è tutto questo e molto di più. È la storia di una bambina che ha cercato per anni lo sguardo di un padre fisicamente presente, ma emotivamente assente. È la voce di chi cresce nel silenzio di chi dovrebbe esserci, ma non c’è stato come avremmo voluto. È un pezzo che scuote, scava nell’anima, risveglia ferite sopite e le lascia respirare per trasformarle in consapevolezza e, finalmente, guarirle.
Sofia facciamo un piccolo sunto della tua storia artistica?
All’età di 7 anni mia zia era al pianoforte e io ero seduta accanto a lei per sentirla suonare. Eseguì Per Elisa e le chiesi di risuonarla io, mi lasciò il posto e a orecchio la feci e in quell’attimo la zia capì che avevo una predisposizione e mi consigliò di iscrivermi a corsi di tastiera: prima elettronica poi il pianoforte e la prima melodia originale arrivata a 8 anni, poco dopo il primo testo e a 15 anni la prima canzone, A Modo Mio mi pare di ricordare si chiamasse. Anni dopo la ho rifatta sempre con lo stesso titolo e parla della mia idea di Peter Pan.
Perché Vi-Skin?
Vi viene dal latino Vis Roboris e rappresenta la forza di volontà, Skin in mio cognome in inglese, Pelle.
Mi Avevi Perso Già quando la hai scritta?
E’ una urgenza creativa recente, avevo un po’ di cose che mi tenevo dentro e che ho tirato fuori grazie alla musica. Non è che ho un cattivo rapporto con mio padre, siamo di generazioni diverse, lui è di quella generazione che l’uomo deve essere un duro e non ha spazio per i sentimentalismi se no appare debole.
Hai ragione a dire che da bambini i genitori sono gli eroi: quanto è difficile crescere senza un eroe in famiglia?
Mio padre è il supereroe che mi sarebbe piaciuto avere, in qualche modo lo è ma allo stesso tempo mi è mancato per anaffettività. Sempre un rapporto ossimorico, un ci sono ma non ci sono.
Per la tua generazione chi sono oggi gli eroi? Trovi triste che ci sia ancora bisogno di eroi nel 2025? Gli eroi non dovrebbero essere le persone comuni?
Per me i supereroi sono le persone che affrontano col sorriso le difficoltà quotidiane, oggi sorridere è uno sport estremo. E’ un eroe chi vive la vita con gentilezza senza dimenticare il potere del sorriso e dei piccoli gesti quotidiani.
Parli di liberarsi dai fardelli: quanto è difficile in una società che vuole sempre tutti performanti?
A me non interessa quello che pensano gli altri, voglio stare bene in primis con me stessa, non bado alle aspettative. Ognuno ha un tempo tutto suo, non siamo macchine anche se il mondo lo vorrebbe. Bisogna rispettare il nostro tempo che non è solo quello biologico. Mi mancano dieci anni della mia vita che non ho vissuto appieno per problemi di salute: ecco perché dico che il tempo biologico è un po’ una menzogna, quello misurabile è esperienziale.
Tu usi la musica come terapia emozionale: è difficile mettersi a nudo?
Non penso mai a chi mi giudica, penso a filtrare anche e soprattutto le emozioni negative, cerco di trasformare in bellezza quello che in un momento penso che non lo sia.
Quando la musica può fare per aiutare i giovani a non avere paura in primis di se stessi?
Tantissimo. Spesso ci parla e ci manda messaggi che non riceviamo da chi ci sta accanto. La musica è la mia migliore amica, a volte lo è più di persone che conosco da una vita.
Continui a chiederti “che cosa ho che non va?” Oppure oggi valuti che possono essere gli altri a non andare?
Nella canzone era mio padre che non andava. Io sono caruccia e non mi devo cambiare con niente. Pensavo che mio padre volesse più bene a mio cugino, qualunque gesto riservasse a lui mi faceva partire il nervo e mi lamentavo con mamma delle coccole che a me non faceva. mi avrà dato tre abbracci in tutta la vita: l’ultimo recentemente, l’altro a 16 anni e il terzo ero troppo piccola per ricordarlo.
In generale nella vita tendi a rincorrere chi è sfuggente?
Assolutamente ma ora mi sono stancata, lo facevo senza rendermene conto. Quando entri in uno schema lo ripeti senza saperlo. Poi lo ho capito e ora non rincorro più nessuno.
Per altro tu già in Sali Su hai utilizzato la musica come forze motivante: perché è un tema che senti così affine alla tua arte?
Perché l’arte in generale, e per me in particolare la musica, può guarire l’anima. E’ la medicina per le emozioni.
“Nella solitudine trovo la mia dimensione, fonte di guarigione” canti…ti basti da sola? Oppure c’è ancora troppa paura a esporsi?
Mi basto da sola, non temo di espormi, lo faccio già abbastanza scrivendo. E’ una questione di consapevolezza, quando hai le radici definite te ne freghi di quello che pensano gli altri. Esporsi è un atto di coraggio poi se trovi persone analoghe ci si sente meno soli.
Hai dedicato musica alla tua Inter.
E’ un atto d’amore. Lo è anche mio padre che mi ha lasciata libera di scegliere purché non milanista o juventina. Mia nonna mi voleva laziale, ammetto che ho un tentennamento poi ho scelto l’Inter. E meno male.
Per usare una metafora a te cara oggi la tua giostra gira a piena potenza oppure è frenata?
A volte è in , altre va veloce, devo trovare un equilibrio.
Che accadrà nelle prossime settimane?
Non so se uscirà qualcosa prima dell’estate. Ho una ipotesi di progetto importante legata al mio brano Calamita, vediamo se andrà in porto. Il materiale per l’album lo ho, sto valutando come procedere.
Approfondimento
Giulia Mei presenta l’album Io della Musica Non ci ho Capito Niente
Fonte : Sky Tg24