C’è una scoperta che l’ha sorpresa davvero?
“Oltre alle ricerche sul tatto, durante il dottorato abbiamo studiato cosa succede al cervello quando gli arti vengono allungati. Nei ragazzini affetti da acondroplasia si possono guadagnare anche venti centimetri per ogni gamba. Ci siamo chiesti: il cervello cosa fa, si adatta? Con la risonanza magnetica abbiamo visto che sì, si adatta per far funzionare meglio il corpo”.
C’è un progetto che avrebbe voluto realizzare e non è riuscita a portare avanti?
“Tanti progetti, purtroppo. In Italia c’è un grande problema: finanziamo poco la ricerca. E lo facciamo sempre meno”.
Nella sua carriera clinica, si sente minacciata dall’intelligenza artificiale?
“No, lo psicologo, lo psicoterapeuta, lo psicanalista non si potrà mai sentire minacciato da una macchina. Perché esiste una relazione con il paziente, c’è un corpo che parla, c’è la voce, un contatto: cose che l’intelligenza artificiale non potrà mai comprendere. Le macchine potranno imparare a riconoscere le emozioni, ma non a interagire emotivamente con una persona che soffre”.
Da che cosa, invece, si sente minacciata?
“Dal populismo. Mi fa paura tornare indietro sui diritti civili. Diritti delle donne, delle minoranze, che abbiamo conquistato con fatica e rischiano ogni giorno di essere calpestati. Non diamoli mai per scontati”.
In un’epoca in cui si consuma un femminicidio al giorno, cosa ci dice il suo lavoro sulle emozioni e sul corpo?
“Parla del cervello della vittima o del carnefice? Se pensa al carnefice: non sono persone sane. Ma personalmente mi interessano le vittime. Dobbiamo insegnare loro a difendersi. Le faccio un esempio: io vivo a Roma, all’Eur, al secondo piano. Ho dovuto mettere le inferiate, perché i ladri arrivano. Lo stesso vale per la violenza sulle donne. Dobbiamo educare i maschi affettivamente, intervenire sul maschile, certo. Ma prima bisogna proteggere le donne fragili. Psicologicamente, fisicamente, in tutti i modi possibili.
Le dico di più. Dobbiamo smetterla di parlare del carnefice. Ogni volta che avviene un femminicidio si analizza lui, la sua famiglia, la sua storia. E la vittima? Scompare. È una follia. Dobbiamo insegnare alle ragazze a difendersi, a riconoscere i segni prima — quei piccoli segni che ci sono anche se spesso non li vediamo. E soprattutto dobbiamo smettere di colpevolizzarle. La vittima non è mai colpevole. Nessuna vittima dovrebbe mai sentirsi responsabile”.
Qual è oggi la sua visione della scienza?
“Scienza per me significa riuscire a fare buone domande. È questo il cuore del metodo sperimentale: porsi la domanda giusta. Se lei va su PubMed, la banca dati degli articoli scientifici biomedici, trova migliaia di lavori. Ma sono pochi quelli che si interrogano davvero su qualcosa di importante. Io oggi punto su questo: meno produzione, ma più qualità”.
Che cosa insegna la sua storia alle giovani generazioni?
“Che affinché qualcuno apra una porta, è meglio bussare a dieci porte piuttosto che a due. Sono una grande sostenitrice del piano a, b, c, d e anche f, g”.
Fonte : Wired