Un altro pezzo del made in Italy cambia bandiera. Bialetti, l’azienda fondata più di un secolo fa e nota in tutto il mondo per la sua iconica moka – la caffettiera presente nelle case di milioni di italiani – non è più italiana. Fondata nel 1919, l’azienda ha reso famoso il rito del caffè preparato in casa, diventando un simbolo del design e dello stile di vita italiano. Ora, dopo anni di difficoltà finanziarie, il controllo passa al fondo Nuo Capital, legato al magnate di Hong Kong Stephen Cheng. L’operazione porterà al delisting, cioè alla rimozione del titolo dalla Borsa di Milano, e fa parte di un piano per ridurre i debiti dell’azienda che si erano accumulati negli ultimi anni.
I problemi finanziari e il nuovo proprietario
Bialetti attraversa da anni una fase di difficoltà economiche. L’azienda si è trovata a fronteggiare un debito di quasi 82 milioni di euro, in gran parte risalente al 2018, che ha reso necessario un piano di ristrutturazione avviato nel 2021. Nonostante i tentativi di rilancio, però, i conti non sono ancora tornati in positivo: nel 2024 l’azienda ha registrato vendite per 149,5 milioni di euro, in crescita del 5,9%, ma ha chiuso comunque con una perdita di 1,1 milioni. La situazione finanziaria ha perciò spinto la proprietà a cercare un compratore con le risorse necessarie per rilanciare il marchio.
Nuo Capital è un fondo di investimento nato dalla collaborazione tra la famiglia Pao-Cheng di Hong Kong e la holding Exor della famiglia Agnelli. La famiglia Pao-Cheng ha costruito la propria fortuna nel settore dei trasporti marittimi attraverso la World-wide shipping, una delle più grandi compagnie di navigazione commerciale a livello globale. Presente in Italia dal 2016, il fondo è guidato dall’italiano Tommaso Paoli, ex banchiere di Intesa Sanpaolo. Negli anni, Nuo ha costruito un portafoglio di eccellenze italiane, investendo oltre 400 milioni di euro in aziende come la software house Bending Spoons (di cui hanno circa il 4%), Ludovico Martelli (che produce il dentifricio Marvis e la crema da barba Proraso), Montura (abbigliamento tecnico da montagna), Terra Moretti, Slowear, Venchi e Tannico.
L’operazione prevede l’acquisto del 59% delle azioni da Francesco Ranzoni, attuale presidente di Bialetti, e di un ulteriore 19,5% dal fondo Sculptor, per un totale di circa 53 milioni di euro. Il nuovo proprietario porterà in dote almeno 49,5 milioni di capitale fresco, fondamentale per ridurre l’indebitamento e dare nuovo ossigeno all’azienda. L’amministratore delegato Egidio Cozzi è stato confermato nel suo ruolo, garantendo una certa continuità nella gestione. La cessione, tuttavia, solleva preoccupazioni sul futuro della produzione in Italia. Sebbene l’ad di Nuo abbia sottolineato l’impegno verso le aziende italiane e il rispetto della loro identità, rimane da capire se fabbriche e posti di lavoro saranno mantenuti nel nostro paese o se ci saranno delocalizzazioni. Le azioni Bialetti hanno reagito positivamente alla notizia, con un balzo del 60% in Borsa il giorno dell’annuncio, segno che gli investitori vedono di buon occhio l’arrivo di un partner finanziariamente solido.
Bialetti, la storia di un’icona italiana
Alfonso Bialetti fondò la sua officina per la lavorazione dell’alluminio nel 1919 a Crusinallo, nel distretto industriale di Omegna. Nel 1933 progettò la Moka Express, una caffettiera in alluminio dalla caratteristica forma ottagonale brevettata. Il design, influenzato dalle correnti dell’Art Déco e del Futurismo, è rimasto sostanzialmente invariato nei decenni. La caffettiera, prodotta in oltre 320 milioni di esemplari, è composta da quattro elementi in alluminio o acciaio, una guarnizione sostituibile e un manico in bachelite. Il nome “moka” deriva dalla città portuale di Mokha nello Yemen, importante centro di esportazione del caffè verso l’Occidente.
Dopo la morte di Alfonso, fu il figlio Renato Bialetti a trasformare l’azienda negli anni cinquanta. Lanciò importanti campagne pubblicitarie e adottò come logo l’omino coi baffi, una caricatura di sé stesso disegnata dal cartellonista Paul Campani, che divenne il simbolo del marchio. Sotto la sua gestione, la moka iniziò a diffondersi anche all’estero. Il prodotto ha ottenuto riconoscimenti internazionali ed è oggi esposto nella collezione permanente della Triennale di Milano e del MoMA di New York.
Negli anni Novanta l’azienda passò nelle mani di Francesco Ranzoni, che la portò in Borsa nel 2007 e tentò un’espansione in nuovi settori, diversificando la produzione con pentole ed elettrodomestici. L’acquisizione del marchio Aeternum faceva parte di questa strategia. Tuttavia, negli ultimi anni Bialetti ha invertito la rotta, concentrandosi nuovamente sul caffè, che oggi rappresenta il 93% del fatturato. L’azienda ha ceduto il ramo delle pentole Aeternum a Illa due anni fa e ha ridotto la rete di negozi monomarca. La gamma prodotti attuale include sia le tradizionali caffettiere che macchine da caffè moderne e prodotti correlati come caffè in capsule e in polvere, cercando di adattarsi all’evoluzione del mercato.
Fonte : Wired