Il 14 aprile 2025 è cominciato a Washington uno dei processi antitrust più rilevanti degli ultimi anni: la Federal Trade Commission (Ftc) ha portato la holding Meta davanti alla corte federale, accusando la compagnia guidata da Mark Zuckerberg di pratiche anticoncorrenziali mirate a mantenere il proprio monopolio nel settore delle piattaforme sociali personali. L’oggetto principale dell’accusa sono le acquisizioni di Instagram nel 2012 per circa un miliardo di dollari e di WhatsApp, due anni, dopo per 19 miliardi. Secondo la Ftc, queste operazioni non erano semplici manovre di espansione ma parte di una strategia sistematica volta a neutralizzare la concorrenza: “Per più di 100 anni, la politica americana ha insistito sul fatto che le aziende devono competere se vogliono avere successo. Il motivo per cui siamo qui è che Meta ha violato questo approccio” ha spiegato il legale della commissione, Daniel Matheson. A testimoniare è stato chiamato anche il Ceo di Meta Mark Zuckerberg e la ex direttrice operativa.
Affossare la concorrenza
Nel fascicolo presentato dall’agenzia federale si sostiene che Meta abbia attuato una condotta definita “compra o affossa”: in pratica, ogni volta che un’app concorrente cominciava a guadagnare popolarità e minacciare la supremazia di Facebook, l’azienda cercava di acquistarla. Se l’operazione non riusciva, come d’altronde accaduto per esempio con Snapchat, tentava di copiarne le funzionalità o di ostacolarne la crescita. Comunicazioni interne presentate come prova mostrano per esempio il co-fondatore Mark Zuckerberg definire la Instagram dell’allora co-fondatore Kevin Systrom “una minaccia esistenziale” e pianificare la sua acquisizione non solo per integrarla nel proprio ecosistema ma esattamente per “eliminare la competizione”. Nel 2018, Facebook era impegnata nello sviluppo di un’app fotocamera per la condivisione da dispositivi mobili, ma riteneva che Instagram fosse avanti: “Per questo ho voluto acquistarla”, scriveva Zuckerberg in una delle mail portate in aula dall’accusa. Di fronte al giudice, il Ceo di Meta ha respinto l’affermazione di Matheson secondo cui l’obiettivo dell’acquisizione sarebbe stato quello di neutralizzare una minaccia competitiva. Simili preoccupazioni emergevano anche in merito alla chat WhatsApp, apprezzata per la sua popolarità globale e per un approccio alla messaggistica che allora Facebook non riusciva a replicare. Non è un caso che dopo alcuni anni di parcheggio dorato i rispettivi fondatori di quelle piattaforme abbiano preso un’altra strada.
La scissione
Il processo, presieduto dal giudice James Boasberg, potrebbe durare fino a luglio. La Ftc – guidata da Andrew Ferguson, nominato da Trump lo scorso dicembre ed ex procuratore generale della Virginia nonché assistente dell’ex leader di minoranza al Senato Mitch McConnell – chiede una misura drastica: lo “spacchettamento” di Meta, ovvero la separazione forzata delle sue piattaforme principali, Instagram e WhatsApp. Il famoso, e temutissimo, “spezzatino” del colosso. Sarebbe uno scenario inedito per l’industria tech americana, con conseguenze potenzialmente enormi anche per altri giganti del settore e ricadute complesse da immaginare sui mercati finanziari. Proprio mentre Trump prende tempo per salvare la branca statunitense della cinese TikTok: agli occhi di molti, e degli stessi legali di Meta, un controsenso.
La holding di Menlo Park respinge le accuse, sostenendo che le acquisizioni furono approvate anni fa dai regolatori e che oggi il mercato è altamente competitivo. I legali dell’azienda citano la presenza di rivali fortissimi come TikTok, YouTube e Snapchat. Ma per la Ftc, il fatto che esistano alcuni concorrenti non basta a giustificare una struttura di mercato considerata ancora dominata da Meta, che – secondo l’agenzia – dispone di un potere straordinario nel determinare le regole e i formati dell’interazione sociale online. Insomma: traccia il paradigma del settore.
Snapchat: l’alternativa visiva
Tra i concorrenti più solidi di Meta nel mercato americano – molto meno in Europa – c’è Snapchat, l’app lanciata nel 2011 da Evan Spiegel e che ha resistito a numerosi assalti di Facebook. Snapchat ha rivoluzionato il modo di comunicare online, introducendo il concetto di messaggi e contenuti che scompaiono dopo la visualizzazione. Il suo focus su contenuti temporanei, visivi e personalizzabili ha attirato soprattutto utenti giovani, portandola a diventare uno dei punti di riferimento per chi cerca un’esperienza meno permanente e più autentica. Molte delle sue funzioni, a partire dalle celebri “storie”, sono state copiate da Meta anzitutto per Instagram così come i filtri in realtà aumentata, anche se Snapchat in parte si distingue dalla logica dei feed algoritmici che domina Facebook e Instagram. A fronte di un calo di popolarità tra i più adulti, Snapchat continua comunque a registrare buone performance nei segmenti under 25, rappresentando un’alternativa concreta a Meta per una fascia demografica rilevante.
MeWe: privacy come bandiera
Un altro nome in crescita, anche se con caratteristiche diverse e in circolazione ormai da quasi dieci anni, è MeWe. Nata nel 2016 e sostanzialmente sconosciuta dalle nostre parti, la piattaforma si è imposta come “anti-Facebook”, facendo della privacy il suo principale punto di forza. Fondata dall’imprenditore Mark Weinstein, MeWe rifiuta la pubblicità, non raccoglie dati personali per fini commerciali e non utilizza algoritmi per filtrare i contenuti. Il suo modello si basa dunque su un’esperienza “pura” in cui i post appaiono in ordine cronologico e la monetizzazione avviene tramite servizi premium opzionali. L’interfaccia e le funzionalità ricordano in sostanza quelle di Facebook – gruppi, profili, chat, condivisione di contenuti – ma l’assenza di pubblicità e tracciamento ha attratto una nicchia di utenti sensibili al tema della sorveglianza digitale. Tuttavia, questa libertà ha comportato anche polemiche, come spesso accade negli spazi che rivendicano totale neutralità: negli anni passati MeWe è stata per esempio criticata per la presenza di contenuti estremi e della cosiddetta alt-right, gruppi complottisti e utenti bannati da altre piattaforme, soprattutto durante la crisi post-elettorale americana del 2020. La moderazione leggera, per usare un eufemismo, rivendicata come un valore di libertà d’espressione (la piattaforma sfoggia addirittura una “Privacy Bill of Rights”, una “costituzione” della privacy, e dal 2023 ha migrato le proprie infrastrutture sul Web3), è però diventata oggetto di indagine e preoccupazione da parte di osservatori e media. Ciononostante, MeWe ha raggiunto lo scorso anno i 20 milioni di utenti iscritti a livello globale con 600mila gruppi organizzati per temi e interessi, con i classici picchi di registrazioni durante i periodi di crisi delle piattaforme mainstream.
Verso un nuovo equilibrio nei social media
Il processo contro Meta potrebbe segnare un punto di svolta per l’intero ecosistema digitale. Se la Ftc dovesse ottenere la separazione di Instagram e WhatsApp da Meta, si aprirebbe una nuova fase regolatoria, con implicazioni per altri giganti con posizioni dominanti in altri ambiti come Google – che d’altronde è già stata giudicata colpevole di monopolio nella ricerca, è in attesa di capire le contromisure ed è pure in attesa di una nuova sentenza per il settore della pubblicità online – e Amazon con Apple, che potrebbero doversi confrontare sui rispettivi ambiti di presunto monopolio il prossimo anno. Se la Ftc vincesse la causa in corso con Meta dovrebbe poi dimostrare in un secondo processo che misure come l’obbligo di vendere Instagram o WhatsApp a Meta ripristinerebbero un’effettiva situazione di concorrenza. A giudicare dalle mail citate dall’accusa, Zuckerberg non sembrava preoccupato, almeno nel 2018: “Esiste una possibilità non trascurabile” che Meta possa essere costretta a separare Instagram, e forse anche WhatsApp, “entro cinque o dieci anni”, scriveva. Ma aggiungeva anche che, sebbene la maggior parte delle aziende si opponga a una separazione, “la storia aziendale dimostra che in realtà molte compagnie ottengono risultati migliori dopo essere state divise”. Oggi, perdere Instagram sarebbe per Meta un duro colpo, visto che secondo Emarketer il social video-fotografico avrebbe generato 37,13 miliardi di dollari nel 2024, poco più della metà dei ricavi pubblicitari di Meta negli Stati Uniti.
Fonte : Repubblica