Sei organizzazioni della città di frontiera di Moreh hanno chiesto ai residenti di non cedere i propri terreni per la costruzione della barriera. Il progetto del governo di New Delhi, sostenuto dai Meitei, prevede anche l’abolizione del regime di libero movimento per le popolazioni tribali. Proteste anche in Nagaland, dove i Naga temono una nuova divisione della loro terra.
Imphal (AsiaNews) – Le organizzazioni kuki del Manipur hanno chiesto ad alcuni residenti locali di negare di cedere i propri terreni per la costruzione di una recinzione al confine con il Myanmar. Lunedì 14 aprile, almeno sei gruppi della comunità, radicata nella città di frontiera di Moreh (già epicentro di violenze intercomunitarie), hanno lanciato un appello pubblico contro il progetto del governo centrale dell’India, affermando che la recinzione “diventerebbe una barriera e minaccerebbe lo stile di vita e la cultura delle comunità”, divisa su entrambi i lati del confine, scrive il Deccan Herald. Il gruppo di organizzazioni ha inoltre respinto le accuse secondo cui i Kuki sarebbero migranti illegali provenienti dal Myanmar.
Moreh si trova nel distretto di Tengnoupal, una zona strategica al confine con il Myanmar e da tempo importante centro per gli scambi transfrontalieri. In seguito agli scontri etnici esplosi in tutto lo Stato nord-orientale del Manipur nel 2023 tra le comunità kuki (a prevalenza cattolica) e meitei (il gruppo etnico maggioritario, in prevalenza indù), la città è rimasta in una situazione di tensione, anche in seguito all’imposizione della legge presidenziale sul Manipur.
Il governo di New Delhi ha stanziato oltre 30mila milioni di rupie per la realizzazione della barriera lungo i 1.643 chilometri della linea di confine indo-birmana. Il progetto, proposto in seguito alle richieste dei Meitei, prevede anche la cancellazione del cosiddetto “regime di libero movimento”, un accordo che permette alle popolazioni tribali di attraversare il confine senza visto entro un limite di 16 chilometri per ragioni familiari o religiose. Secondo il ministro dell’Interno, Amit Shah, la misura avrebbe lo scopo di arginare i flussi migratori e traffici illegali
Tuttavia, l’iniziativa ha suscitato forte opposizione tra diverse comunità etniche che vivono lungo la frontiera: non solo i Kuki, ma anche i Mizo e i Naga si sono fin da subito opposti alla decisione.
Anche nel vicino Stato del Nagaland, sempre parte della regione nord-orientale dell’India, sono state organizzate proteste. La Federazione degli studenti naga (NSF) aveva anche in passato denunciato la mancanza di consultazione da parte del governo centrale. “Le società civili naga e tutti i Naga continueranno a opporsi alla recinzione del confine e all’eliminazione del regime di libero movimento nelle aree naga”, aveva dichiarato in passato K. Tep, ex presidente della NSF al sito The Wire. “Ogni villaggio naga è diviso secondo i propri costumi e tradizioni. Nonostante il confine, i Naga si considerano ancora un unico popolo. Il popolo naga, quindi, non accetterà nulla che possa dividere ulteriormente i Naga e la loro terra tradizionale”.
Fonte : Asia