Harvard, la più antica e prestigiosa università americana è diventata il simbolo della resistenza all’amministrazione Trump. Dopo mesi di manifestazioni studentesche a sostegno della causa palestinese nel proprio campus universitario, il governo federale ha intimato all’ateneo di smantellare gli accampamenti, sopprimere i programmi dedicati alla diversità e rivedere i criteri di ammissione di studenti e professori. Al che l’università del Massachusetts ha deciso di respingere con decisione le richieste, giudicandole contrarie alla Costituzione. In risposta, la Casa Bianca ha bloccato 2,2 miliardi di dollari di fondi federali e minacciato di revocare lo status fiscale agevolato dell’istituzione. La controversia, destinata con ogni probabilità ad approdare in tribunale, potrebbe ridefinire l’estensione del potere federale sulle università private negli Stati Uniti.
Harvard, dall’attivismo pro-Gaza all’intervento federale
Le tensioni hanno avuto origine nella primavera del 2024, quando migliaia di studenti americani hanno allestito accampamenti di protesta nei campus contro l’offensiva israeliana a Gaza. Gli studenti di Harvard, insieme a quelli di decine di altre università, hanno occupato spazi universitari chiedendo il disinvestimento da aziende collegate a Israele e denunciando le vittime civili palestinesi. Durante queste manifestazioni, alcuni studenti ebrei hanno segnalato episodi di intimidazione e slogan antisemiti, alimentando un acceso dibattito pubblico sulla distinzione tra legittima critica alla politica israeliana e vero antisemitismo. L’amministrazione Trump ha colto l’occasione per intervenire nelle università, da tempo considerate bastioni progressisti ostili ai valori conservatori, accusandole di tollerare l’antisemitismo e di promuovere ideologie contrarie all’interesse nazionale.
Il primo bersaglio è stata la Columbia University di New York, dove Trump ha bloccato 400 milioni di dollari di fondi federali, costringendo l’ateneo a limitare le attività di dipartimenti come quelli per gli studi mediorientali, considerati centri di attivismo anti-israeliano. (Repubblica) La Casa Bianca ha poi preso di mira Harvard, inviando una lettera con richieste specifiche: impedire le proteste studentesche, eliminare i programmi di diversità ed equità, modificare i criteri di assunzione dei docenti, controllare gli studenti internazionali per identificare elementi “ostili ai valori americani“. La risposta di Harvard è arrivata lunedì 14 aprile, quando il preside dell’ateneo, Alan Garber, ha dichiarato che nessuna università privata può permettere al governo federale di assumerne il controllo, rifiutando esplicitamente richieste che violerebbero i diritti costituzionali dell’istituzione. La reazione di Donald Trump è stata immediata e severa: oltre a congelare miliardi in sovvenzioni, ha minacciato di revocare l’esenzione fiscale di Harvard, sostenendo che dovrebbe essere “tassata come un’entità politica” piuttosto che come un’istituzione educativa.
Una battaglia con implicazioni per tutto il sistema universitario
Come riportano i media americani, nonostante il suo enorme patrimonio di 53 miliardi di dollari, Harvard non può permettersi di ignorare a lungo la perdita dei finanziamenti federali essenziali per la ricerca scientifica e medica. L’ateneo potrebbe aumentare l’utilizzo del suo patrimonio oltre il consueto 5% annuo destinato al budget operativo, ma questa soluzione comporterebbe inevitabilmente tagli a programmi, personale e borse di studio. Attualmente i legali dell’ateneo stanno esaminando la situazione e hanno fatto sapere alla Casa Bianca che, pur rimanendo disponibile al dialogo, Harvard respinge ogni richiesta che ecceda i limiti dell’autorità legale del governo.
Intanto, però, la posizione della storica università della Ivy League sta incoraggiando un numero crescente di istituzioni americane a reagire. Dopo aver inizialmente aderito alle richieste del governo, la Columbia University ha cambiato rotta, dichiarando inaccettabili alcune delle misure imposte. Anche Princeton, Yale e il Mit stanno valutando azioni simili. Sulla vicenda è intervenuto perfino l’ex presidente Barack Obama, laureato ad Harvard, che ha elogiato la linea dell’università, definendola un netto rifiuto di quello che ha chiamato un “tentativo maldestro di soffocare la libertà accademica”.
Secondo alcuni osservatori legali, la controversia potrebbe arrivare in tribunale e potrebbe avere portata generale. Lo scontro attuale, infatti, riflette un cambiamento nei rapporti tra governo e università: i finanziamenti federali, che in passato venivano visti come un supporto al progresso scientifico, stanno assumendo un ruolo più politico. La questione riguarda qualcosa di più del caso specifico di Harvard: la battaglia legale potrebbe chiarire i limiti dell’autonomia accademica e definire fino a che punto il governo possa influenzare le istituzioni universitarie, con possibili implicazioni anche per le amministrazioni future.
Fonte : Wired