E’ una malattia rara cardiovascolare. L’amiloidosi cardiaca è una condizione caratterizzata dall’accumulo di fibrille amiloidi nel miocardio che determina una progressiva compromissione della funzione cardiaca, conducendo a scompenso refrattario, aritmie e, nei casi più avanzati, a insufficienza multiorgano.
Un quadro clinico poco riconosciuto
Il ritardo diagnostico medio – ovvero il tempo che intercorre tra la comparsa della sintomatologia e la formulazione della diagnosi – oscilla tra uno e due anni, un intervallo che limita significativamente le opzioni terapeutiche di trattamento e riduce la possibilità di interventi tempestivi che possano modificare il decorso della malattia. Seppur esistano metodi avanzati per la diagnosi – la scintigrafia ossea e la risonanza magnetica – la loro diffusione e disponibilità non è omogenea sul territorio nazionale. Ciò significa che i pazienti di Regioni diverse ricevono livelli di assistenza differenti, con conseguenti problematiche relative all’accesso a nuovi trattamenti e cure.
I pilastri per una strategia efficace
Alla luce di queste criticità, il policy paper “Amiloidosi cardiaca: dalle necessità dei pazienti alle nuove frontiere della ricerca” (CLICCA QUI PER SCARICARLO E LEGGERLO INTEGRALMENTE), presentato al Senato ha delineato un percorso strutturato per affrontare le principali barriere diagnostiche e assistenziali, fondandosi su tre pilastri fondamentali.
Il primo passo per ridurre il ritardo diagnostico consiste nell’implementazione di programmi di screening su scala nazionale. La scarsa consapevolezza della patologia tra i medici di medicina generale e tra gli specialisti di primo livello è uno dei principali ostacoli alla diagnosi precoce. La creazione di percorsi standardizzati, che includano l’identificazione di red flags specifiche per l’amiloidosi, consentirebbe di migliorare significativamente i tempi di riconoscimento della malattia e di indirizzare i pazienti verso centri di riferimento dedicati.
Un altro punto centrale del policy paper riguarda la necessità di rafforzare la rete assistenziale. Attualmente, l’assenza di un Percorso Diagnostico-Terapeutico Assistenziale (i PDTA) nazionale istituzionalizzato ha determinato forti disomogeneità nella presa in carico dei pazienti. Un modello organizzativo basato su un sistema “hub & spoke” consentirebbe di potenziare il ruolo dei centri di eccellenza, migliorando la collaborazione tra specialisti e medicina del territorio. Inoltre, diventa cruciale investire nella formazione continua dei Medici di Medicina Generale, attraverso iniziative di “disease awareness” affinché possano riconoscere tempestivamente i segni precoci dell’amiloidosi e indirizzare i pazienti verso i centri specialistici.
In questo contesto, il ruolo della rete territoriale si rivela fondamentale nel primo step del percorso diagnostico: i pazienti vengono individuati nel territorio e inviati ai centri di riferimento per eseguire gli esami di secondo e terzo livello, perfezionare la diagnosi e, se necessario, accedere ai trattamenti. L’Italia, al pari di altri Paesi avanzati, si distingue per l’eccellenza nei percorsi di diagnosi precoce e cura dell’amiloidosi cardiaca, grazie a una rete di specialisti altamente qualificati e all’adozione di protocolli diagnostici all’avanguardia. L’Italia è protagonista di progettualità interregionali, transnazionali e transoceaniche, che lo pongono all’avanguardia nell’innovazione scientifica e nella gestione clinica della patologia, consolidando il suo ruolo di riferimento a livello internazionale.
Il documento evidenzia il ruolo strategico dell’innovazione digitale e della telemedicina nella gestione dell’amiloidosi cardiaca, ponendo l’accento sulla necessità di soluzioni integrate per migliorare il monitoraggio clinico e la programmazione sanitaria. L’adozione su scala nazionale del Fascicolo Sanitario Elettronico e di piattaforme interoperabili di teleconsulto faciliterebbe il confronto tra specialisti e Medici di Medicina Generale, riducendo i tempi di attesa per la diagnosi e migliorando il coordinamento tra i diversi livelli di assistenza.
Attualmente, l’assenza di una regolamentazione formale e di un riconoscimento economico limita l’impiego del teleconsulto come strumento di confronto specialistico.
L’integrazione strutturata di questa modalità nei percorsi assistenziali consentirebbe di ottimizzare l’identificazione della patologia, migliorare la gestione clinica dei casi complessi e garantire un accesso più equo alle competenze specialistiche, colmando il divario tra centri di riferimento e medicina territoriale. Un sistema di teleconsulto regolamentato e rimborsato rappresenterebbe una risorsa strategica per uniformare le opportunità di cura e favorire la tempestività degli interventi. Parallelamente, l’adozione di modelli integrati di telemedicina, con visite intermedie a distanza alternate ai controlli in presenza, consentirebbe un monitoraggio più efficace dei pazienti, riducendo il carico sulle strutture sanitarie e migliorando la qualità della presa in carico.
L’impiego di dispositivi di telemonitoraggio per il controllo costante dei parametri clinici, in combinazione con piattaforme interoperabili che colleghino specialisti, MMG e centri di riferimento, favorirebbe un modello assistenziale più sostenibile ed efficiente, riducendo il rischio di ospedalizzazioni evitabili e migliorando la continuità assistenziale. Emerge anche la necessità di uniformare a livello nazionale un codice unico di esenzione per l’amiloidosi cardiaca, articolato in sottocategorie che distinguano le principali forme della patologia. L’istituzione di un codice univoco d’esenzione consentirebbe di raccogliere dati epidemiologici essenziali per la programmazione della spesa sanitaria, ottimizzando la gestione delle risorse e la pianificazione dei centri di riferimento deputati alla diagnosi e alla presa in carico della patologia.
Un impegno concreto per il futuro
La presentazione del policy paper segna un momento di svolta nel dibattito istituzionale sull’amiloidosi cardiaca. L’’iniziativa, promossa dalla Sen. Elena Murelli con il coinvolgimento dei maggiori esponenti clinici sulla patologia, rappresenta un passo essenziale per trasformare le evidenze scientifiche in azioni concrete. L’implementazione di programmi di screening, la creazione di una rete di riferimento nazionale e l’adozione di modelli innovativi di telemedicina e teleconsulto, non sono solo esigenze impellenti, ma scelte strategiche per garantire un accesso equo alle cure e migliorare la qualità di vita dei pazienti. Perché queste proposte si traducano in misure tangibili, è necessario un impegno condiviso tra Istituzioni, comunità scientifica e associazioni di pazienti. Solo attraverso una governance sanitaria chiara e strutturata sarà possibile superare le attuali disuguaglianze territoriali e offrire ai pazienti con amiloidosi cardiaca un percorso di cura efficace e tempestivo, in linea con gli standard più avanzati della medicina moderna.
Fonte : Sky Tg24