Giulia Mei con l’ album Io della Musica Non ci ho Capito Niente ridefinisce il disordine

Giulia partiamo dalla storia di Della Musica Io non ho Mai capito Niente che ha avuto una lunga gestazione: come ci hai lavorato, come ha preso forma?

Alcuni sono pezzi che già esistevano. Bandiera è stato il mio primo brano con i nuovi produttori ed è del 2023 poi c’è stata una cernita per decidere cosa inserire e cosa lasciare fuori. Per la produzione abbiamo portato avanti un lavoro di ricerca, bisogna ascoltare per imparare nuove cose soprattutto dal mondo dell’elettronica. Il disco nasce nella mia stanza, di notte imparando a usare programmi, i sample, a mappare gli strumenti: arrivando io da un viaggio più folk ha richiesto tempo per capire cosa volessi fare. I due produttori, Ramiro Levy e Alessandro Di Sciullo, sono stati la magia: lavorando bene con loro dopo qualche pezzo il disco ha preso forma.

Quel disordine che non ti sei mai concessa per paura oggi dove alloggia?

Lo ho riaccolto in casa, lo ho recuperato ma gli ho dato una nuova posizione, lo ho recuperato in maniera critica dando una chance a quel disordine di aprire nuove strade. Il nuovo disordine può essere anche un ordine, mi sento in un bel disordine che mi rappresenta molto.

Quanto una canzone come Bandiera ha contribuito ad allargare la forza dei tuoi messaggi? Grazie a quelle parole ti senti l’albero che cade sulla gente?

Un po’ sì, quell’albero è il simbolo di volere anche destabilizzare le persone ma anche me stessa. Voglio provare a cambiare qualcosa, uso parole che possono avere un valore diverso. Bandiera mi ha dato coraggio, mi ha fatto osare con le parole e il suo messaggio mi ha portata a un nuovo pubblico. E’ una percezione diversa di come la musica può essere e dove può arrivare.

Dove?

Più lontano di quanto pensassi.

Drammaturgia è un elogio alla menzogna: quando è l’ultima volta che hai detto una bugia?

E’ una apologia soprattutto. Non sono una bugiarda ma anche un gesto e un sorriso, anche fare qualcosa che non ti va, sono una bugia. E’ la canzone più sentimentalona, è la canzone più d’amore del disco. C’è la voglia di prendersela ma la tenerezza prevale sulla rabbia perché siamo vittime di noi stessi.

Erasmo da Rotterdam scrisse l’elogio alla pazzia: la bugia del 2025 e la pazzia del 1509, quando fu pubblicato?

Lo ho letto in adolescenza, sono appassionata di storie e usanze, di come si viveva prima e di come si vive oggi, di cosa significa essere folli. C’è un sollievo per essere nati in questi tempi ma possono anche essere bui. C’è la connessione con i miei antenati, c’è un pensiero a George Sand che ha rivendicato il diritto di uscire con i pantaloni: mi sento figlia di tante madri e io madre di figlie future attraverso le mie parole. 

Il Cristo di Drammaturgia è un essere di carne e ossa o una immagine sacra? Sei credente?

Potrebbe essere una sorta di imprecazione, sono agnostica è la forma per me più adatta: non ho gli strumenti per dire cosa c’è prima o dopo, non ho capito niente della musica figurati di Cristo. Ma resta una puntina di speranza.

Cosa ti fa pensare che “la ruota gira e quando gira gira bene”? Ogni volta che guardi un telegiornale non vedi la ruota che gira al contrario?

Gira veramente male, ma dentro di me c’è la speranza, in base a esperienze personali gira anche nel verso giusto e non premia necessariamente i vincitori e punisce i cattivi ma ti porta dove non crederesti di trovarti. La canzone parla di bullismo: il mondo ti lascia indietro poi magari capisci che la ruota gira e sono gli altri che tornano indietro.

“Siamo tutto ciò che serve per la non rivoluzione” è rassegnazione o presa di consapevolezza che deve sfociare in reazione?

C’è rabbia, è una provocazione che vuole spingere a un cambiamento. Può essere positiva la rabbia quando porta a un cambiamento e di riflesso a un arrivare altrove. Il mio è un cinismo che smuove i culi verso altro.

H&M è la canzone della disillusione: ti senti parte di una generazione senza futuro?

Abbiamo pochi strumenti per esprimerci, nasciamo già indebitati ed è allucinante. I nostri genitori avevano più soldi, speranze e futuro ma noi degli anni Novanta viviamo ancora il confronto con quei genitori che avevano più possibilità. Vediamo un mondo che non esiste più e subiamo aspettative imposte che non possono essere reali perché la realtà è dura e cruda.

Davvero credi nell’amore ma non ti applichi?

Sono io quella. L’amore è ogni giorno una cosa complicatissima da vivere: io ho una relazione da sette anni eppure si fanno errori che poi si cerca di portare verso un qualcosa di migliore. L’amore è totale imperfezione e più cresco meno ci capisco.

In Genitori parli di dimenticare e di perdonare: c’è qualcosa della tua vita che vorresti dimenticare e in cosa non ti perdoni?

Dimenticare…lo vorrei a volte ma tutto quello che ho avuto nella vita mi ha formato e oggi so che pure pensare a cose dolorose mi ha dato qualcosa, cancellare significherebbe perdere la strada fatta dopo. Vivo nel senso di colpa, molte cose non me le perdono perché sono esigente ma sono piccole cose. Sono felice della persona che sono oggi.

Ogni giorno quante volte ti capita ascoltando la radio di dire che “sta canzone fa cagare”?

Diverse volte, soprattutto alla radio dei Supermercati. 

“Lasciare fare alla musica il lavoro sporco delle parole”: è quello che dovrebbe fare chi fa il tuo lavoro?

Potrebbe, dovrebbe ma dirlo non fa parte di me, sarebbe un puntare un dito da un piedistallo, ma la musica può fare, come dicono tre simpatici signori, e non farlo è una occasione persa. Ma, ripeto, non punto il dito verso chi canta canzoni leggere, c’è pure chi ha voglia di raccontare altro. La musica aiuta a fare passare certe parole inaccettabili, ma non bisogna arrivare alla violenza e alla mancanza di rispetto. Io credo che la musica migliori e non peggiori, sono boomer in questo.

“Quel bambino con l’agenda piena” è il motivo per cui si fanno sempre meno figli?

La canzone è un regalo del vivere a Milano da insegnante di musica. Ho avuto a che fare con famiglie varie con bambini impegnatissimi, così impegnati da non respirare, spesso vedevo solo le tate ed era una tristezza enorme. Si parla di una occasione di felicità persa.

Oggi Cara Allegria la riscriveresti così o proprio non la scriveresti perché questa specie di melanconia la hai esorcizzata?

È la più leggera dell’album, parla di voglia di leggerezza, di stare senza le ansie e le cose turpi della vita. E’ la ricreazione in una vita amara con arpeggi maggiori e un ritmo incalzante.

Ȃ picciridda Mia è la tua idea di ninna nanna?

Lo è, ricorda quelle un po’ più tristi di mia nonna. È per tutti i picciriddi che sono dentro di noi.

Alla fine, possiamo dire che hai capito un po’ di più della musica e molto di più di come va la vita? O con un futuro schiacciato dalle generazioni precedenti?

Qualcosa ho capito, la musica mi aiuta a capire, questo disco mi ha fatto capire delle cose, quando persegui una strada in cui credi, quando sai che è vero le cose diventano belle, il comprendere è reale.

Che accadrà, oltre alle date annunciate, nelle prossime settimane?

Fino all’autunno sarò in tour e sto scrivendo cose nuove, ho sempre bisogno di scrivere.

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Fonte : Sky Tg24