C’è chi gioca a tennis e poi c’è Lorenzo Musetti. Non sappiamo quanti titoli e medaglie confezionerà nel corso della sua carriera, ma conosciamo sin d’ora le emozioni che riesce a regalare su quel rettangolo, specie quando si tinge di rosso, dove ogni punto è da prendere con il cuore e con il braccio.
In un’epoca del tennis dove potenza, ritmo, equilibrio, fisicità e attitudine sono caratteristiche imprescindibili per emergere, il tennis che sa esprimere questo ragazzo di Carrara è la cosa più vicina ai grandi fuoriclasse del passato. E non è un caso che i migliori risultati fin qui della sua giovane carriera siano arrivati in due templi di questo sport. Semifinale a Wimbledon, finale a Monte-Carlo: il Vaticano del tennis e la terra rossa dei reali.
Non solo un talento infinito
Il lavoro batterà sempre il “solo” talento. Ma nell’ultima settimana Musetti ha dimostrato, a sé stesso prima che a tutti gli altri, che non è solo un rovescio che fa rima con poesia e conigli tirati fuori dal cilindro (la smorzata sul set point del primo set non è di questo pianeta). Con le sue caratteristiche, con la capacità di accettare alti, bassi e scleri, il suo posto non deve essere ai margini dell’impero di Sinner e dell’antagonista spagnolo. Lui può stare lassù, può bussare a quel club perché ha tutte le credenziali per farne parte.
Dopo una settimana di rimonte e magie, la finale nel Principato con il fenomeno Alcaraz ha avuto l’epilogo più ingiusto: infortunarsi all’inizio del terzo set (ma coach Tartarini ha spiegato che Lorenzo non stava bene già nel secondo), è come perdere la Coppa del Mondo sbagliando il rigore decisivo. Ciò che ha tuttavia perso con quel fastidio muscolare – la possibilità di vincere il suo primo titolo 1000 -, è di molto inferiore rispetto a quello che ha guadagnato in questa tappa monegasca. Risalire dopo un 1-6 iniziale contro Lehecka (28 Atp), Tsitsipas (numero 8 e tre titoli a Monte-Carlo) e Di Minaur (n. 10), è una sorta di laurea ad honorem dal punto di vista mentale. Ora Lorenzo ha provato sulla sua pelle che è possibile uscire vivi dalle sabbie mobili. È possibile sfidare i migliori giocatori del mondo a testa alta. È possibile iniziare molto male un match e risalire. Perché se non ascolti la parte di te che vuole mollare, ma solo quella che ti sussurra “ce la puoi fare”, allora non esistono partite che non si possono riprendere. Soprattutto se sai dipingere tennis come pochi altri.
Binomio vincente con Simone Tartarini
Non si può parlare di Lorenzo, senza nominare Simone Tartarini. Il microfono nell’angolo del coach spezzino durante le dirette dei match, ha permesso anche ai meno avvezzi di comprendere l’importanza di Tartarini nella crescita e nell’evoluzione di Musetti. I due si conoscono da quando Lorenzo, bambino di otto anni, entra per la prima volta al Circolo Tennis Spezia, dove Tartarini allena. È il 2010. Insieme superano di slancio ogni tappa: i primi tornei Tennis Europe, gli ITF, la vittoria agli Australian Open juniores, gli ottavi a Roma appena diciottenne, le due ore di tennis mostruoso contro Djokovic al Roland Garros 2021, il successo ad Amburgo in finale contro Alcaraz, fino alla consacrazione dell’ultimo anno, tra la semifinale sui prati di Londra e la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Parigi. Non esistono squadre perfette, ma il binomio Musetti-Tartarini è una storia da proteggere come i panda.
Ora la top 10
La finale di Monte-Carlo consegna a Lorenzo il best ranking di numero 11 del mondo con 3.200 punti in classifica, appena 15 in meno di Casper Ruud, retrocesso in decima piazza. Conti alla mano, nonostante il forfait di Lorenzo all’Atp 500 di Barcellona, l’ingresso nella top ten potrebbe essere questione di giorni o al massimo di settimane. Lo stesso Ruud (che s’impose l’anno scorso in Catalogna) e Rublev (vittoria nel 1000 di Madrid nel 2024) hanno cambiali importanti che scadono nel mese di aprile. Musetti è quindi a un passo dall’essere il sesto italiano nella storia del ranking ATP – ovvero dal 23 agosto 1973 ad oggi – ad occupare un posto nell’esclusivo club dei primi dieci. In quasi 52 anni gli unici azzurri a riuscirci sono stati Panatta, Barazzutti, Fognini, Berrettini e Sinner. Sarebbe una tappa da urlo, non un traguardo finale: il Musetti di Monte-Carlo non può mettersi limiti.
Fonte : Today