Nel pieno dell’escalation della guerra commerciale con gli Stati Uniti, la Cina ha deciso di sospendere l’export di diversi materiali critici, tra cui terre rare, metalli e magneti, fondamentali per numerosi settori strategici. La mossa, che si inserisce in un più ampio inasprimento delle tensioni economiche tra le due superpotenze, potrebbe avere conseguenze significative per l’industria dell’Occidente, in particolare quella bellica, elettronica, automobilistica, aerospaziale e dei semiconduttori.
Secondo quanto riportato dal New York Times, il governo cinese sta elaborando un nuovo sistema di regolamentazione che, una volta implementato, potrebbe vietare in modo permanente la fornitura di questi materiali a specifiche aziende, incluse alcune tra le principali appaltatrici della difesa statunitense. La decisione di Pechino riflette una strategia sempre più assertiva nel controllo delle risorse strategiche, e mette in evidenza la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento globali di fronte a scelte politiche e commerciali volute da Washington.
Terre rare bloccate nei porti cinesi
Le spedizioni di magneti in terre rare sono ferme in numerosi porti cinesi. Si tratta di componenti fondamentali per una vasta gamma di tecnologie avanzate – dalle automobili ai droni, dai robot ai missili – il cui flusso commerciale è stato interrotto mentre Pechino lavora a un nuovo sistema normativo per l’export. La misura si inserisce nella più ampia rappresaglia della Cina contro l’aumento dei dazi doganali annunciato dal presidente americano Donald Trump lo scorso 2 aprile. L’aliquota ha già raggiunto il 145 per cento, alimentando la tensione tra le due principali economie mondiali.
Il 4 aprile, il governo cinese ha imposto restrizioni all’esportazione di sei metalli pesanti delle terre rare – tutti raffinati interamente in Cina – e dei magneti che ne derivano, di cui il Paese copre circa il 90 per cento della produzione globale. D’ora in avanti, le spedizioni all’estero potranno avvenire solo attraverso licenze speciali, per le quali Pechino sta iniziando a costruire un apposito sistema di rilascio.
La novità ha generato forte preoccupazione tra le imprese del settore. I dirigenti temono che l’iter per ottenere le licenze si riveli lungo e complesso, e che le attuali scorte fuori dalla Cina possano esaurirsi rapidamente. Le conseguenze sarebbero particolarmente gravi per l’industria automobilistica e dell’elettronica: senza l’approvvigionamento di magneti in terre rare, le fabbriche di Detroit e di altri hub produttivi rischiano di non poter assemblare veicoli e altri dispositivi che dipendono da motori elettrici.
Le poche riserve delle aziende statunitensi
A rendere la situazione ancora più critica è l’ampio impiego di questi materiali in altri settori ad alta tecnologia. I metalli soggetti a restrizione vengono infatti utilizzati anche nei prodotti chimici per i motori a reazione, nei laser, nei fari per auto e in alcuni tipi di candele, oltre che nei condensatori e nei componenti elettronici dei chip che alimentano server per l’intelligenza artificiale e smartphone. Le dimensioni delle scorte di emergenza variano da azienda ad azienda, rendendo difficile prevedere quando e in che misura le interruzioni si tradurranno in blocchi produttivi concreti. Ma molte aziende statunitensi si trovano oggi in una posizione vulnerabile di fronte alle nuove restrizioni cinesi sull’export di terre rare e metalli strategici. Per ragioni finanziarie, numerose imprese hanno scelto negli ultimi anni di mantenere scorte minime – o addirittura nulle – di materiali critici, preferendo non immobilizzare liquidità in beni dal costo elevato e soggetti a forti oscillazioni di mercato.
Una scelta che ora rischia di rivelarsi controproducente. Tra i metalli sottoposti ai nuovi controlli da parte di Pechino c’è infatti l’ossido di disprosio, utilizzato in applicazioni avanzate come i motori elettrici, i sistemi di guida e i componenti per la difesa. A Shanghai, il suo prezzo si attesta attualmente attorno ai 204 dollari al chilo, ma fuori dalla Cina i valori sono sensibilmente più alti, anche per effetto delle incertezze legate all’approvvigionamento.
I magneti in terre rare rappresentano tuttavia una quota minima delle esportazioni totali della Cina verso gli Stati Uniti e altrove. Pertanto, l’interruzione delle spedizioni causa un danno economico minimo in Cina, pur mantenendo il potenziale per effetti significativi negli Stati Uniti e altrove. I funzionari doganali cinesi stanno bloccando le esportazioni di terre rare pesanti e magneti non solo verso gli Stati Uniti, ma verso qualsiasi Paese, inclusi Giappone e Germania. Tuttavia, l’applicazione del nuovo requisito di licenza di esportazione è stata finora disomogenea tra i diversi porti cinesi, hanno affermato i dirigenti del settore delle terre rare.
Il secondo dietrofront di Trump
Le restrizioni all’export imposte dalla Cina su terre rare e magneti sono entrate in vigore prima ancora che l’amministrazione Trump annunciasse, nella serata di venerdì, l’esenzione dai dazi per numerosi prodotti di elettronica di consumo provenienti dalla Cina. Nonostante la misura americana, le esportazioni di magneti continuano a essere bloccate, secondo quanto riferito da cinque dirigenti del settore delle terre rare.
Ma si tratterebbe di una mossa provvisoria. Il presidente Usa ha chiarito che “non è stata annunciata nessuna eccezione” per gli smartphone e i pc, che restano “soggetti a tariffe del 20 per cento per il fentanyl” e che “rientreranno” nell’indagine più ampia sui chip per motivi di sicurezza nazionale. Le nuove tariffe dovrebbero essere annunciate nel corso della settimana. Altri dettagli finora non sono stati annunciati.
Donald Trump tira dritto sui dazi: “Nessuno si salva”
Come la maggior parte delle merci cinesi, anche i magneti restano soggetti ai più recenti dazi imposti dagli Stati Uniti. Una volta giunti nei porti americani, questi componenti strategici devono affrontare un’aliquota tariffaria aggiuntiva, che aggrava ulteriormente le difficoltà di approvvigionamento già provocate dallo stop cinese.
La combinazione tra limitazioni all’export, aumento dei dazi e scarsità di riserve aziendali rischia di innescare un effetto domino sull’intera filiera industriale, aggravando le pressioni su produttori e mercati internazionali.
Fonte : Today