AGI – La Campania è il secondo polo produttivo della moda in Italia. Il comparto regionale conta oltre 27mila imprese e un fatturato che nel 2024 ha superato i 15 miliardi di euro. Eppure, dietro il successo, cresce una fragilità strutturale: mancano artigiani e giovani disposti a raccogliere il testimone di un sapere antico.
A lanciare l’allarme sono Giuseppe e Massimiliano Attolini, alla guida dell’azienda sartoriale di famiglia fondata nel 1930, con sede a Casalnuovo. Un marchio che veste capi di Stato, attori, imprenditori, e firmato abiti per film come The New Pope, House of Gucci e La grande bellezza, premiata con l’Oscar nel 2014.
Oggi l’azienda conta 160 artigiani altamente specializzati, esporta il 90% della produzione e dedica 25 ore alla realizzazione di una giacca, 33 per un abito completo, interamente cuciti a mano. “La difficoltà a trovare manodopera non è solo nostra: è un problema diffuso, di sistema”, spiega all’AGI Giuseppe Attolini. “I giovani oggi non sono attratti da questo lavoro. Non vedono prospettive, e nessuno gliele offre. Si cercano guadagni facili, percorsi brevi”.
Negli ultimi anni l’azienda ha investito su nuove leve, riuscendo a ridurre l’età media. “Ma non basta. Abbiamo bisogno di forza lavoro per sostenere la qualità e la produttività. E soprattutto serve una visione comune. Ci siamo sempre augurati che qualcuno della Regione venisse ad ascoltarci, – racconta Massimiliano Attolini – a chiederci di cosa abbiamo bisogno. Invece nulla”.
E allora si è deciso di intervenire in autonomia. “Stiamo costruendo una scuola sartoriale interna. Una struttura dove saranno i nostri stessi artigiani a formare i ragazzi”. Giuseppe Attolini indica anche le condizioni minime per un cambio di passo: “Servono programmi di assunzione collegati alla formazione, defiscalizzazione per chi assume under 30, accesso al mutuo per chi entra nel mondo del lavoro. Se un giovane ha un contratto e una prospettiva reale, può scegliere anche un mestiere come il nostro. Ma così, senza niente, è impossibile attrarre”.
“Noi italiani – dice – siamo un popolo che costruisce, non solo che consuma. Ma se non costruiamo un futuro per i nostri ragazzi, non avremo più a chi trasmettere questo mestiere”. E il rischio, stavolta, è concreto
Fonte : Agi