Tagle: il rinnovamento nella Chiesa attraverso la missione

di card. Luis Antonio Tagle *

Milano (AsiaNews) – Il Pime ha celebrato ieri presso la propria “casa madre” di Milano i 175 dalla sua fondazione con un convegno sul tema “La missione ad gentes di domani”. Pubblichiamo qui sotto il testo dell’intervento tenuto dal card. Luis Antonio Tagle, pro-prefetto del dicastero per l’Evangelizzazione, che ha tenuto la relazione introduttiva di questo appuntamento. La mattinata è poi proseguita con le riflessioni di Maria Soave Buscemi, missionaria laica in Brasile e biblista, e di Raffaella Perin, storica della Chiesa.

Uno degli aspetti importanti di questa nostra celebrazione è guardare ai cambiamenti nella comprensione e nella pratica della missione ecclesiale che si sono verificati nell’ultimo secolo. Siamo anche chiamati a discernere gli inviti emergenti al rinnovamento. La Chiesa non è immune ai cambiamenti drammatici e veloci del mondo.

Il termine preferito usato nella Chiesa cattolica quando parliamo di cambiamento è “rinnovamento” (renovatio). Non è un cambio solo per la ricerca di produrre qualcosa che prima non esisteva. Nemmeno è un cambiamento a livello superficiale o di carattere cosmetico. Il rinnovamento deriva da un’iniziativa di Dio. Per compiere il piano di Dio e grazie al potere dello Spirito Santo, Gesù genera una nuova umanità, un nuovo cielo e una nuova terra. Il dono della vita rinnovata in Dio è già presente e all’opera nel mondo ma attende la sua pienezza in una speranza attiva. La Chiesa è il segno e lo strumento o il sacramento della nuova umanità in Gesù Cristo che è il nostro capo. Sebbene la Chiesa sia santa perché Gesù è il suo Capo e lo Spirito santo la anima, i suoi membri sono peccatori che hanno il bisogno costante di purificarsi, convertirsi e cambiare.

Esistono molti modi di vedere il rinnovamento che dovrebbe avvenire nella Chiesa. Uno afferma che il rinnovamento avviene se la Chiesa riafferma la sua immutabile tradizione e autorità. Un secondo crede che il rinnovamento avverrà tramite un’organizzazione efficiente. Un terzo modo vuole la Chiesa coinvolta nelle varie culture del mondo da considerarsi come sorgenti di rinnovamento. Un quarto modo di vedere vuole che la Chiesa ritorni alla sua forma primitiva, quella del Nuovo Testamento. Un quinto modo chiede lo sviluppo del potenziale umano dei membri della Chiesa. Un sesto modo pone il rinnovamento nell’impegno missionario con i conseguenti cambiamenti di ambito umano. Tutti questi modi di vedere contengono elementi di verità, di forza e di debolezza. Vengo dall’Asia e la nostra esperienza indica che il sesto modo sembra il più appropriato: la Chiesa è rinnovata nella sua identità quando è missionaria, cioè, testimonia il Regno di Dio nel dialogo con le culture, con le religioni e con i poveri del mondo. Quando è un piccolo gregge tra le grandi religioni e le tradizioni religiose e tra un popolo giovane e povero, la Chiesa cerca il rinnovamento che Gesù offre.

Secondo gli esperti – William Burrows, Stephen Bevans, Jonathan Tan, Michael Amaladoss, Richard Schroeder, Antonio Pernia, Massimo Faggioli, Robert Aaron Wessman, Andrew Recepcion, per citarne alcuni – la Missio ad Gentes (ai popoli) è ancora vitale, ma deve essere rinnovata come Missio inter-gentes (con i popoli, tra i popoli e intorno ai popoli). I “popoli” non sono più in luoghi lontani. Possono essere i nostri familiari, i colleghi di lavoro, i seguaci digitali. La geografia non è più la prima frontiera umana, ma anche la cultura, le credenze, l’indifferenza, l’ingiustizia. Queste sono le frontiere della missione. La teologia della missione postcoloniale è criticata e rinnovata da approcci contestuali, olistici e indigeni, nonché dal ruolo dell’amicizia e della comunità nella missione.

Vorrei aggiungere che queste prospettive stimolanti ed entusiasmanti non riguardano solo il rinnovamento della missione. Se è vero che la Chiesa è missionaria nella sua identità e nella sua chiamata, allora la missione rinnova la Chiesa e la Chiesa rinnova la missione. Solo una Chiesa rinnovata può rinnovare la missione. Solo una missione rinnovata può rinnovare la Chiesa. La missione non può essere rinnovata da una Chiesa che rifiuta di rinnovarsi e viceversa. È significativo per me che il cosiddetto “fondamento” o “l’origine” della Chiesa nel mistero della Trinità in Lumen Gentium 2-4 corrisponda al “fondamento” o all’origine della missione in Ad Gentes 2-4. La Chiesa fa la missione, la missione fa la Chiesa.

Come asiatico userò alcune immagini piuttosto che concetti per illustrare una Chiesa che fa fronte al rinnovamento voluto da Gesù proprio nella e dalla missione.

La porta di una casa. La porta unisce il fuori con il dentro. Ma allo stesso modo è il punto di distinzione tra il fuori e il dentro. Una Chiesa rinnovata prende sul serio la sua porta. Attraverso la porta la grazia della fede cristiana, del culto e del servizio si diffonde nel mondo. Ma attraverso la porta, il mistero della presenza dello Spirito nel mondo viene portato nella Chiesa, specialmente dai fedeli. Noi raccontiamo la storia di Gesù al mondo con le nostre narrazioni, mentre ascoltiamo le storie del mondo con la porta compassionevole del cuore di Gesù. La Chiesa è contemporaneamente una Chiesa che esce e una Chiesa che accoglie. La Chiesa in uscita è la chiesa in accoglienza nella porta.

Una signora che lavora per Caritas in Libano, impegnata con migranti detenuti illegalmente, mi ha raccontato un’esperienza avuta quando è andata in Siria per una conferenza. Ha preso un taxi. Prima di arrivare a destinazione ha chiesto al tassista quanto avrebbe dovuto pagare. Il conducente le ha risposto: “Io non prendo soldi dalla Caritas”. Sorpresa, la signora le ha chiesto come lo avesse capito. Il tassista ha risposto: “Tre anni fa venni imprigionato in Libano in quanto immigrato illegale. Una notte ero ammalato ma le guardie si rifiutavano di darmi delle medicine. In quel momento sei passata tu. Ti ho chiesto una medicina e tu me l’hai data. Quella notte dormii bene. Ti ho sempre pensata così”. Per tre anni il volto di quella donna della Caritas rimase impresso nella memoria di quell’uomo. La Chiesa è cambiata o rinnovata quando il Vangelo e le grida del mondo si incontrano alla sua porta.

Sedersi a tavola. Gli asiatici amano mangiare. Non è solo una questione di cibo, ma è riunirsi in una comunità, in una famiglia. La tavola è completa quando c’è cibo e storie umane che nutrono l’amicizia e la solidarietà. Una Chiesa rinnovata può essere paragonata a una grande tavola che ha posto per tutti. È una tavola dove i beni e le risorse della terra devono essere condivise specialmente con i poveri. È una tavola dove la gente che non ha niente da mangiare e non ha nessuno con cui mangiare può sedersi con dignità. Intorno alla tavola la Chiesa è cambiata e rinnovata dallo spirito di reciproca accettazione, partecipazione, interdipendenza e corresponsabilità. Ognuno ha qualcosa da dare e qualcosa da ricevere. La Chiesa riunita attorno alla tavola della condivisione e della solidarietà sfida l’indifferenza, l’avidità e la discriminazione che distruggono la famiglia umana e la nostra casa comune, il creato.

Un giorno con un amico, nella sua macchina, siamo andati a visitare un luogo della zona di Metro-Manila. Lungo la strada il semaforo è diventato rosso e immediatamente sono sbucati, infilandosi fra le vetture, i venditori ambulanti di fiori, biscotti, caramelle…. Il nostro autista ha detto che non avevamo nulla da comprare. Così sono passati ai veicoli dietro di noi. Improvvisamente uno di loro, che vendeva biscotti, è tornato correndo verso la nostra auto mentre mi chiamava: “Cardinale! Cardinale!” L´autista e il mio amico, rispettosamente, dissero che non avevamo nulla da comprare. Ma il venditore continuava a chiamarmi mostrandomi i suoi biscotti. Abbassai il vetro del finestrino e salutai l’uomo. Il nostro autista gentilmente ha ripetuto che noi non avevamo nulla da comprare. E lui disse, “Non li vendo. Voglio offrirli al cardinale come dono”. Questo povero che aveva bisogno di ogni singolo centesimo per vivere era disposto a rinunciare al suo profitto per poter offrire al suo vescovo il suo semplice dono. Una nuova Chiesa è esplosa davanti ai miei occhi, mostrandomi il potere dei feriti, degli ultimi nell’offrire la buona novella di comunione e inclusione.

Canti di lamento e di gioia. La musica scorre nel sangue di alcune persone, e io dico umilmente, di molti filippini. Gli asiatici si riuniscono nei bar con il karaoke. Le nostre conferenze in Asia includono canti e danze. La musica è uno dei modi più efficaci per trasmettere un messaggio, per toccare i cuori, per sollevare lo spirito, per creare comunione. Le persone ricordano le canzoni più delle conferenze e delle omelie… La musica, la danza e le arti sono abitate da persone. Ma ci sono situazioni che ci fanno tacere. Secondo Fabrice Hadjadj siamo senza parole davanti alla sofferenza disumanizzante e anche davanti alla pura bontà. Dopo il silenzio, il cuore canta. Vedendo la grande sofferenza delle persone, cantiamo canti di lamento a Dio, con lacrime e suppliche. Vedendo la gentilezza e l’amore che le persone mostrano agli altri, cantiamo canzoni di gioia e di lode. Una Chiesa missionaria canta e danza a Dio al ritmo del lamento e della speranza del popolo.

Un’altra storia: in un campo estivo per i giovani ho tenuto una conferenza di 30 minuti su come trovare il proprio scopo nella vita e poi li ho invitati a fare delle domande. La prima è venuta da una giovane ragazza: “Vescovo, canterebbe per noi?”. Ho risposto: “Fai domande sensate e poi canterò per te”. Sono seguite molte domande finché un giovane ragazzo ha chiesto: “Adesso vuoi cantare per noi?”. Li ho invitati a cantare una canzone popolare con me. Dopo sono venuti a chiedere una benedizione, toccarmi, chiedere una foto, un autografo sui loro libri e magliette. Quell’evento è stato un mistero per me: mi ero comportato bene come vescovo? Un anno dopo è arrivata la risposta. In un simile campo estivo, un giovane mi si è avvicinato, dicendo: “L´anno scorso tu hai firmato la mia maglietta. Da allora non l´ho più lavata. Ogni note la piego e la pongo sotto il cuscino. Non vedo mio padre ormai da molti anni. Con quella maglietta sotto il mio cuscino so di avere nella Chiesa una famiglia e in te un padre.” Il Vangelo eterno è annunciato nella forma di un canto e una maglietta firmata da un vescovo per un ragazzo desideroso di una famiglia e di un padre. un volto sorprendente ma genuino di una Chiesa rinnovata.

Intelligenza culturale e umana. Oggi la Chiesa è chiamata a essere sinodale, una Chiesa di missione, di comunione e di partecipazione, una Chiesa i cui membri camminano insieme tra loro e con il resto dell’umanità. L’avventura di far camminare insieme persone con una libertà umana unica è un’esperienza che richiede umiltà. Ma le persone sono uniche e diverse l’una dall’altra, non solo per il modo d’intendere e di operare con libertà, ma anche per la cultura che li caratterizza, che è una seconda natura. Parliamo, ci comportiamo, ci relazioniamo, mangiamo, celebriamo e ci addoloriamo secondo le nostre culture. Una Chiesa rinnovata nello spirito sinodale richiede “intelligenza culturale”. Inizia con la conoscenza di come la mia cultura ha plasmato e continua a influenzare il mio modo di pensare, sentire, parlare, reagire e relazionarmi. Una persona dotata di intelligenza culturale cerca anche di capire come le altre persone esprimono la propria umanità in seno alla propria cultura. L’intelligenza culturale è esempio di un umile camminare con gli altri, perché ogni traccia di superiorità culturale e di pregiudizio deve essere riconosciuta e purificata. È anche un cammino umile perché devo ammettere che sono incline a giudicare le persone di culture diverse dalla mia anche quando non ne ho conoscenza.

Ogni cultura incarna le proprie  visioni del mondo e i valori della sua gente. Mentre esperti  sociologi e antropologi ci forniscono consigli qualificati su come comprendere la cultura per vivere e camminare insieme “ interculturalmente”,  con il mio modesto parere suggerisco che i leader pastorali sviluppino la capacità di apprezzare culture diverse attraverso semplici osservazioni, incontri o  “cammini”. Ad esempio, possiamo imparare molto sulla cultura di un popolo dal suo uso e dalla disposizione dello spazio, dal suo concetto di tempo, dai suoi eroi, eroine, “idoli”, dal suo sistema di ricompensa e punizione, dalla preparazione e consumo di cibo… Camminare insieme “interculturalmente” riduce la paura dell’altro, consente alle culture di purificarsi a vicenda e di trarre il meglio l’una dall’altra. Gesù era una persona della sua cultura ebraica, ma Egli  ha anche portato la “cultura” di Dio nelle culture umane ridefinendo lo spazio – toccando quelli affetti da lebbra (Mt 8:1-4), permettendo a una donna di bagnargli i piedi con le sue lacrime (Lc 7:36 -50) – il tempo (il Padre determina la sua ora, Gv 2,1-11), la famiglia (non solo sangue ma obbedienza alla volontà di Dio, Mc 3,31-35), gli  eroi e le eroine (la donna siro-fenicia , Mt 15:21-28; il buon samaritano, Lc 10:25-37; il criminale pentito, Lc 23:39-43; il centurione, Mt 27:54-54).

Concludo con un’altra storia della mia esperienza negli Emirati Arabi Uniti dove ho partecipato all’anniversario della dichiarazione sulla Fraternità Umana co-firmata da Papa Francesco e dal Grande Imam Ahmed Al-Tayeb. L’ultimo giorno della conferenza ho avuto problemi di stomaco. Gli organizzatori si sono gentilmente offerti di portarmi da un medico. Con un sorriso amichevole e una voce calda, questo medico, che non era cristiano, mi ha detto: “Eminenza, non si preoccupi, la curerò. Ma prima ho una richiesta: le due infermiere che lavorano per me sono cattoliche e vengono dalle Filippine. Sono sicuro che saranno molto felici di vederla e di ricevere una benedizione da lei. Va bene se le chiamo?”. In quel momento il mio stomaco non sentiva dolore, ma gioia, gioia dalle mie viscere. Un nuovo mondo di fraternità, rispetto e amore si stava dispiegando davanti ai miei occhi. Un non cattolico è attento ai bisogni spirituali dei suoi collaboratori cattolici. Poi sono entrate le due infermiere filippine, che hanno chinato il capo per una benedizione. E hanno chiamato altre infermiere, alcune cattoliche, altre cristiane protestanti, alcune buddiste, altre indù, che hanno chiesto di pregare. E un selfie!

C’è davvero un futuro per l’umanità. Sta iniziando ora. Siamo su un terreno santo preparato dallo Spirito Santo di Gesù risorto. La Chiesa è chiamata a essere segno e strumento di comunione con Dio e con l’umanità. Nella missione rinnovata nasce una Chiesa rinnovata.

* pro-prefetto del dicastero per l’Evangelizzaizone

Fonte : Asia