Avengers: Age of Ultron, l’analisi di un film troppo sottovalutato

Quando esce in sala, il 13 aprile 2015, Avengers: Age of Ultron si porta a casa un miliardo e mezzo di dollari. Eppure, ancora oggi, è giudicato da molti come il capitolo più debole del ciclo degli Avengers. E se invece l’avessimo sottovalutato? A dieci anni di distanza, forse dobbiamo ammettere che è stato il film della saga politicamente più acuto, anche inquietante nella sua capacità di parlarci di ciò che sarebbe stato il mondo di oggi.

Un nemico simbolo di una tecnologia fuori controllo

Avengers: Age of Ultron esce sull’onda dell’entusiasmo per la Fase Due del MCU, con Kevin Feige che metto a frutto un lavoro di preparazione senza precedenti, culminato per quel primo Avengers, capace di raccogliere un plauso unanime e rastrellare un miliardo e mezzo di dollari. Joss Whedon viene incaricato sia dello script che della regia, cambia molto, ma mantiene al centro lui, Tony Stark. Il nemico però stavolta cambia, si tratta di Ultron, malvagio droide creato nel lontano 1968 da Roy Thomas e John Buscema, una delle nemesi più importanti ed indovinate di sempre della Marvel. L’ironia vuole che due anni prima dell’uscita del film esca in edicola “Age of Ultron”, firmata da Brian Bendis, di cui però Whedon riprenderà soltanto il titolo. Lo stesso Ultron, come successo ad altri personaggi nel MCU, cambia rispetto all’originale cartaceo, si adatta ad un universo cinematografico dove già vi sono stati Loki, Teschio Rosso, l’incombente Thanos.

Il paradosso però, è che in Avengers: Age of Ultron egli viene partorito dalla mente in teoria più geniale del gruppo di supereroi: Tony Stark. Posizionato esattamente dopo gli eventi di New York, con la battaglia contro i Chitauri, la nascita di quel collettivo di supereroi a protezione della Terra, Avengers: Age of Ultron pone le basi per quella divisione all’interno degli Avengers, che poi avrà in Captain America: Civil War una rappresentazione non da nulla. L’attacco ad una base dell’Hydra nell’immaginario paese di Sokovia, fa finire nelle mani degli Avengers lo scettro di Loki, all’interno del quale si manifesta l’esistenza di una vera e propria intelligenza artificiale. Tony Stark ne approfitta per completare il suo progetto più segreto e ambizioso: Ultron, attraverso il quale il filantropo, miliardario, inventore e playboy ha intenzione di creare uno scudo difensivo attorno alla Terra.

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I singoli eroi del team potrebbero non bastare un domani, ma manco a dirlo naturalmente, questa nuova intelligenza artificiale si rivela ostile, anzi spietatamente decisa a distruggere l’umanità, che vede come una minaccia, una forma di vita parassita, che va eliminata per salvare il pianeta. Avengers: Age of Ultron fin dall’inizio recuperava ovviamente uno dei topoi per eccellenza della fantascienza: lo scontro tra l’intelligenza artificiale e l’umanità. Da 2001: Odissea nello spazio alla saga di Terminator, dalla trilogia di The Matrix andando a ricordare capolavori della cinematografia giapponese come Akira, Ghost in the Shell, o cult come Johnny Mnemonic e Robocop, il cinema ha sempre cercato di mostrarci gli effetti negativi di un eccesso di confidenza e sperimentazione dell’intelligenza artificiale da parte dell’uomo. Tuttavia, bisogna ammettere che Avengers: Age of Ultron ha dalla sua armi non da nulla.

La prima è l’estetica, curata in modo semplicemente straordinario, grazie agli effetti visivi, alle riprese effettuate con le Arri Alexa e Pocket. Ci donano momenti che rimangono tra i più suggestivi e spettacolari del franchise. Poi c’è l’interpretazione di James Spader nei panni di Ultron, la chiave per esaltarne personalità e la semantica di cui egli si fa carico. Questi è un villain spietato, astuto, ma in continua evoluzione, usa la tecnologia creata dall’uomo contro quest’ultimo, sia che si parli di robotica che di Internet o satelliti. Ma soprattutto, Ultron è un villain molto particolare, a tratti quasi infantile, inesperto delle cose del mondo, in altri momenti incredibilmente saggio e acuto. In lui abbiamo l’espressione potenziata di una visione totalitaria. I suoi modi, apparentemente ragionevoli e affabili, nascondono una violenza estrema, rivoluzionaria, una visione dell’umanità forse non poi così diversa dal vero.

L’illusione di controllare qualcosa di totalmente sconosciuto

Avengers: Age of Ultron esce nello stesso anno del Dieselgate, con la falsificazione dei dati sulle emissioni, cinque anni dopo WikiLeaks e tre anni prima di Cambridge Analytica. Il punto fondamentale, è che il film di Whedon ci mette di fronte a una verità assoluta: la razza umana non è riuscita minimamente ad armonizzarsi con il pianeta, con se stessa e soprattutto su come utilizzare l’avanzamento tecnologico continuo, come evitare squilibri ed errori. Ultron in questo raccoglie l’eredità dell’Agente Smith di The Matrix. Il suo odio verso la razza umana è l’odio verso una mancanza di perfezione, che è congenita nell’essere umano. Anche per questo rimane il rimpianto del poco tempo concesso al Visione di Paul Bettany. Di Ultron è l’alter ego, una sorta di figura angelica, indulgente, forse fin troppo, verso l’umanità. Avengers: Age of Ultron ci mise in guardia rispetto alla mancanza di controllo dell’intelligenza artificiale, che già conoscevamo all’epoca.

Fonte : Wired