Cannabis light fuorilegge col decreto sicurezza: in 24 ore in fumo 500 milioni (e 30mila posti di lavoro)

C’è Made in Italy e Made in Italy. E se il vino italiano va sostenuto e protetto dai dazi statunitensi, il comparto della cannabis light, nonostante conti un giro d’affari da mezzo miliardo e dia lavoro a circa 30mila persone, può essere raso al suolo con una decretazione d’urgenza. Da un giorno all’altro le aziende che coltivano, lavorano o distribuiscono infiorescenze di canapa industriale si troveranno in mano una sostanza considerata droga e potrebbero vedersi contestato lo spaccio o il traffico di sostanze stupefacenti. 

Sì, perché nonostante mesi di tavoli e richieste di confronto, bocciature del Tar, studi che evidenziano la portata economica e occupazionale della filiera agroindustriale della canapa, il governo Meloni ha tirato dritto e con l’approvazione del Decreto sicurezza ha paralizzato un comparto che dà lavoro in pianta stabile a 10mila persone, che diventano 30mila durante i picchi stagionali.

L’articolo 18 del decreto sicurezza consente ora la produzione di infiorescenze contenenti Cbd solo se destinate al “florovivaismo professionale”, vietandone ogni altro uso, dal commercio alla lavorazione, dalla detenzione alla vendita. Il provvedimento, approvato nella serata di venerdì 4 aprile, entrerà in vigore 24 ore dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, attesa in questi giorni. Senza spazi di manovra né tempo per adeguarsi, i produttori non potranno fare altro che delocalizzare o chiudere i battenti, facendo evaporare migliaia di posti di lavoro.

Gli imprenditori volano in Repubblica Ceca: in Italia rischiano denunce per droga

Raffaele Desiante, presidente dell’associazione Imprenditori Canapa Italia, è l’amministratore delegato di due aziende attive nella filiera della cannabis light: Plantadea e Crystalweed. La prima produce e vende cosmetici a base di Cbd che viene però estratto da altre parti della pianta. Con la seconda invece, che lavora con le infiorescenze e dà lavoro a 13 persone, lascerà l’Italia per trasferirsi in Repubblica Ceca. Qui è legale la pianta con Thc fino all’1 per cento. “In Italia diventiamo criminali da un giorno all’altro e questo è qualcosa che in uno Stato di diritto non dovrebbe accadere”, dice a Today.it.

Le sue aziende sono due delle circa 3mila nate dopo la legge 242 del 2016, che ha consentito anche in Italia di iniziare a produrre, lavorare e vendere prodotti a base di cannabis light. L’articolo 18 del decreto stabilisce che tutti gli altri usi delle infiorescenze non dopanti salvo il florovivaismo saranno vietati esattamente come nel caso della cannabis con alti valori di Thc (il cui limite consentito per parlare di cannabis light è dello 0,2 per cento con tolleranze fino allo 0,6), e puniti secondo il Testo unico degli stupefacenti del 1990. In base a questo, i negozi che vendono infiorescenze e prodotti a base di Cbd e le aziende agricole che coltivano canapa sativa, rischiano una denuncia per produzione o cessione di stupefacenti. 

piantine canapa lapresse

“Normalmente quando un prodotto diventa illecito si ha un termine per smaltire le scorte o anche solo per distruggerle, con questo provvedimento invece il divieto sarà operante dal giorno dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale”, spiega l’avvocato Giacomo Bulleri. “Rischia chiunque commercializzi o abbia scorte di infiorescenze: gli shop, le aziende agricole e quelle trasformatrici. Dovrebbe esserci almeno un termine per consentire alle aziende di stabilire processi organizzativi e gestionali per smaltire le scorte legalmente”, prosegue Bulleri, invece ad oggi chi lavora con la cannabis light – oltre a rischiare da un giorno all’altro di essere considerati alla stregua di spacciatori – si trova a non sapere che fare con le scorte di infiorescenze.

30mila posti di lavoro cancellati in 24 ore

Come disfarsene? Un dilemma, stando alla norma. Secondo l’articolo 18 del decreto, sono infatti vietati “l’importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l’invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze della canapa”.

“Cosa devo fare con gli stock di infiorescenze? Le prendo e le butto in strada, così anche un bambino potrebbe passare e raccogliere quello che il governo considera uno stupefacente?”, si chiede Jacopo Paolini, vicepresidente di Enecta, azienda attiva nella coltivazione e nella lavorazione della canapa sativa e nella commercializzazione di prodotti a base di Cbd. “Se voglio spedirla da qualche parte non posso, perché è vietato. Quindi come si farà? Il governo organizzerà raccolte e trasporti speciali in tutta Italia, e per poi portarla dove?”.

Bloccata l’intera filiera

Enecta coltiva da 8 anni Cannabis sativa. In Abruzzo conta 15 ettari adibiti al metodo biologico e ha a Verona un altro centro operativo con 100 ettari, per i quali si appoggia a un’altra azienda agricola. Jacopo e il suo staff sono stati costretti a bloccare il piano agricolo che proprio in questo periodo dell’anno viene discusso. 

Per chi coltiva, pensare di trasferirsi all’estero o riconvertirsi non è così semplice. “Si vede che è una norma fatta da persone che non conoscono ciò di cui parlano”, dice Jacopo. “Quando il politico di turno dice  ‘riconvertirete’ non capisce che si tratta di vendere tutte le attrezzature specifiche per la coltivazione della canapa che abbiamo comprato, doverne acquistare di nuove e rinunciare a un know how che è stato costruito in anni di lavoro. E sull’ipotesi di trasferirci altrove, come si fa a pensare di spostare 20 famiglie all’estero dall’oggi al domani? Io conosco i nostri agricoltori da 10 anni, so come lavorano. Vai all’estero e cosa fai, devi formarne di nuovi? Il coltivatore di canapa non lo trovi al bar a prendere un caffè. Sono tante le conoscenze di cui deve essere in possesso”.

A proposito di Made in Italy, secondo Jacopo Paolini l’Italia è uno dei migliori posti al mondo per coltivare canapa. Non solo per il clima, ma per il know how agricolo di cui siamo in possesso, che ora viene gettato al vento. Cosa faranno le aziende come le sue? 

“Quello che mi viene da dire è che ci fermeremo. Intanto speriamo che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non firmi il decreto, ma intanto la cosa che stiamo facendo è dire a tutti di mantenere la calma, perché c’è chi ha già iniziato a svendere i macchinari. Lavoratori e imprenditori sono terrorizzati”.

Infiorescenze illegali se made in Italy, ok quelle estere

Il cannabidiolo (Cbd) è una delle principali componenti della cannabis, si estrae dalle infiorescenze e, a differenza del tetraidrocannabinolo (Thc), non ha effetti psicoattivi. L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) lo considera una sostanza sicura, che non crea dipendenza e non provoca danni alla salute. L’Unione Europea ha legalizzato la coltivazione di canapa, con l’unico limite del rispetto del limite di Thc non superiore allo 0,2 per cento.

La filiera della canapa riguarda vari prodotti per inalazione o uso orale, come oli al Cbd con proprietà rilassanti, antidolorifiche e anti-infiammatorie riconosciute da numerosi studi scientifici, ma anche cosmetici, bioedilizia, alimentare e tessile. Nell’edilizia, alle fibre di canapa viene riconosciuta la proprietà di assorbire Co2 e, per questo, visto l’impatto del settore edile nelle emissioni di gas a effetto serra globali, l’Ue afferma che la coltivazione di canapa contribuisca al raggiungimento degli obiettivi del Green Deal europeo. Quello che Giorgia Meloni dice di voler rivedere. 

Il decreto colpisce le infiorescenze, ma dalle infiorescenze dipende la produzione dei semi e quindi l’intera pianta. “È illegittimo fare una distinzione sulle parti della pianta per una coltivazione totalmente lecita e regolamentata a livello europeo”, sottolinea Desiante. “Io coltivatore non posso avere né lavorare l’infiorescenza se non c’è seme, se c’è seme invece posso? Dov’è la logica di tutto questo?”, ci dice Jacopo Paolini. “Non è che il seme trasforma l’infiorescenza: l’infiorescenza o è droga o non lo è”. E, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità e l’Unione Europea, non lo è. Come detto, la prima ha dichiarato che il Cbd non presenta rischi per la salute pubblica né potenziali di abuso.

La Corte di giustizia dell’Ue con una sentenza del 2020 ha chiarito che, a differenza del Thc, il Cbd non ha effetti psicotropi o nocivi sulla salute e, pertanto, non rientra tra le sostanze controllate dalla Convenzione unica sugli stupefacenti.   

infiorescenze cannabis light

Nonostante le infiorescenze prodotte e commercializzate in Italia debbano rispettare il limite di Thc previsto dalla legge del 2016, il governo le ha messe al bando. Il paradosso, però, è che prodotti di questo tipo non smetteranno di circolare in Italia: semplicemente li importeremo. Aziende e posti di lavoro spariranno dal territorio italiano, ma il consumatore potrà continuare ad acquistare gli stessi prodotti da rivenditori esteri. Il marchio CrystalWeed di Desiante, ad esempio, una volta migrato in Repubblica Ceca potrà continuare tranquillamente a vendere in Italia.

Questo perché la Corte di giustizia europea ha affermato che nessuno Stato può vietare la libera circolazione di una merce che sia regolarmente prodotta. Coerentemente, nel 2022 la Corte ha stabilito anche che uno Stato membro non può imporre restrizioni arbitrarie alla coltivazione della canapa, compresa la coltivazione indoor e quella destinata alla produzione di infiorescenze.

Il paradosso: incentivi ieri, denunce oggi

Il contrasto con la normativa europea appare evidente, e secondo molti anche con la Costituzione italiana. “Sottolineo che le caratteristiche di necessità e urgenza (che legittimano una decretazione d’urgenza come lo è il decreto sicurezza, ndr) non sono giustificate da alcuna evidenza scientifica o problematica di ordine pubblico”, spiega l’avvocato Bulleri. “Per questo – prosegue – tenteremo azioni che puntano ad accertare il contrasto con la Costituzione e con la normativa europea”. 

Le associazioni di settore, perfino Coldiretti, vicina al governo, sono sul piede di guerra: “Equiparare l’uso delle infiorescenze della canapa a quello di sostanze illegali, anche in assenza di uso ricreativo, è una misura irragionevole”, dicono dall’organizzazione guidata da Ettore Prandini, vicinissimo al ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.

“Anche se Coldiretti ha un rapporto privilegiato con il governo e con il ministero non è riuscita ad ottenere una modifica dell’articolo 18 o la sua eliminazione”, ci dice Desiante, presidente Imprenditori Canapa Italia. “Ci stanno lavorando, ma purtroppo finora con stati scarsi risultati”. “Lo Stato non può consentire e anche incentivare delle attività con dei finanziamenti pubblici e il giorno dopo pretendere la chiusura delle attività di un’intera filiera produttiva”, prosegue. “Non c’è nessuna ratio, è una posizione del tutto ideologica”.

Ho bevuto la cannabis light: così Giorgia Meloni regala 500 milioni alle lobby

Dopo l’emanazione da parte del Presidente della Repubblica e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, entro 60 giorni il Parlamento dovrà convertire il decreto legge in legge. “Organizzeremo sicuramente delle proteste, stiamo aspettando l’avvio della discussione alle Camere in modo da poter spingere il Parlamento a rivedere la norma”, prosegue Desiante.

Secondo l’avvocato Bulleri “le responsabilità politiche sono equamente divise tra i governi precedenti, che non hanno mai voluto regolamentare in modo adeguato il settore della canapa nonostante le richieste, e il governo attuale, che fa una decretazione d’urgenza per bloccare un settore intero. Da un lato si dichiara di voler proteggere e rafforzare il Made in Italy, dall’altro si affossa un prodotto che lo è. Nel momento in cui entrerà in vigore il decreto la cannabis light continuerà a circolare, solo che proverrà da altri Paesi”.

Fonte : Today