Insider trading, l’accusa a Trump è la prova che la democrazia da esportazione americana si è rotta. Forse per sempre

I democratici statunitensi sono insorti. Chi avesse saputo che i dazi sarebbero stati sospesi (e avesse davvero comprato) avrebbe potuto acquistare a prezzi di saldo, accusano. In quest’ottica, il post di Trump che invitava a comprare potrebbe anche essere stato il tentativo (maldestro) di rispedire al mittente l’accusa, sostenendo: l’ho detto al mondo, non solo ai miei amici. Si tratterebbe di una difesa da azzeccagarbugli. Ma potrebbe bastare a salvare un uomo che, sempre più, si sta dimostrando al di sopra della legge, come in occasione dell’incitamento alla rivolta del 6 gennaio 2021, praticamente senza conseguenze.

Resta, però, sul tavolo un’altra questione. Quella che era una “democrazia da esportazione”, refrain che andava di moda a inizio millennio e ha giustificato guerre in mezzo mondo, si sta rivelando la brutta copia di un’autocrazia, dove gli amici del cerchio magico dispongono a piacimento della stanza dei bottoni dell’economia (e, in ultima analisi, della capacità di condizionamento) più forti del mondo. Non si può negare che Trump sia stato il primo a parlare pubblicamente delle pratiche commerciali cinesi, predatorie: come spiegava nel suo libro, e a questo giornale, Rana Foroohar, Pechino è entrata nell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) senza rispettarne le regole.

E non si può negare, parimenti, che l’ordine internazionale seguito al secondo conflitto mondiale sia ormai inadeguato, con una globalizzazione che ha favorito i ricchi lasciando indietro poveri e territori. Ma il modo di procedere del presidente americano sta facendo scricchiolare un edificio fragile, l’unico riparo che il mondo ha trovato, finora, da una pericolosa anarchia rafforzata dalle bombe atomiche. E a Washington nessuno pare avere idea di come fermarlo – anche perché provarci potrebbe significare innescare un’insurrezione -. Abbiamo già un precedente, Capitol Hill. E, a differenza di quattro anni fa, questa volta, al timone della nave c’è proprio lui. God bless America.

Fonte : Wired