Il 10 aprile la vicepresidente della Camera dei Deputati e presidente del Comitato di vigilanza sull’attività di documentazione di Montecitorio Anna Ascani, insieme alle deputate Chiara Braga e Marianna Madia e al deputato Piero De Luca (tutte in area PD), hanno presentato tre diverse proposte di legge. La proposta di legge 1863 (Madia) si concentra sulle misure utili per garantire ai minori delle esperienze online più sicure, mentre la proposta 2266 (De Luca) accende i fari sulla lotta ai contenuti digitali illeciti. Approfondiamo la proposta di legge 2212, firmata da Ascani e Braga, che disciplina l’uso delle Intelligenze artificiali (IA) nell’ambito elettorale. Il fine ultimo è quello di garantire la trasparenza e la correttezza del processo democratico: deepfake e notizie manipolate sono mine vaganti per ogni democrazia, possono disorientare gli elettori e quindi alterare gli equilibri politici.
La proposta di legge 2212
La proposta contiene 5 articoli, il primo dei quali, recependo il regolamento Ue 2024/900 relativo alla trasparenza e al targeting della pubblicità politica, detta le finalità della disciplina che vuole contrastare sia la creazione, sia la diffusione di contenuti ingannevoli. Il secondo reca modifiche alla legge 212/1956 che contiene la disciplina della propaganda elettorale, aggiungendovi otto articoli. L’articolo 3 individua nell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) il soggetto competente per vigilare sull’applicazione del regolamento Ue 2024/900 e di tutte le norme che da questo susseguono. Quanto riguarda la protezione dei dati sarà vigilato dal Garante per la privacy. Il quarto articolo demanda futuri regolamenti all’Agcom mediante i quali disciplinare le modalità di attuazione delle disposizioni della legge 2212. Infine, l’articolo 5 fa appello all’invarianza finanziaria, clausola che impone di non creare nuovi aggravi a carico della finanza pubblica per l’attuazione di nuove leggi.
Deepfake, il male senza una cura certa
Che le IA avvelenino la verità è un fatto noto. Il problema è riuscire a distinguere il vero dal falso. Un fenomeno che si ritrova in ogni ambito e non solo in quello politico. Gli esempi si sprecano: da Donald Trump che ricorre alle IA per attirare le grazie degli elettori neri all’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi che dispensa improperi. Non manca l’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni che garantisce a tutti redditi fino a 27mila euro al mese, un video tra il serio e il faceto, ma ci sono anche John Elkann, Sergio Mattarella, Piersilvio Berlusconi.
Un quadro complesso senza un rimedio sicuro. Si parla da molto tempo di inserire delle filigrane nei contenuti creati con le IA ma alle tecnologie utili ad applicare etichette si contrappongono quelle capaci di eliminarle. Affidarsi solo alla tecnologia per rimediare ai mali che questa provoca è una strada che può essere percorsa in sinergia con altre soluzioni, l’educazione al pensiero critico su tutte.
Cosa c’è nel disegno di legge sull’intelligenza artificiale (e quali sono i punti critici)
Ascani, quali sono le preoccupazioni che confluiscono nella sua proposta di legge? C’è un caso specifico che ha ispirato queste nuove norme?
“In realtà quello che mi ha ispirata è stata la pubblicazione da parte di Elon Musk di un finto audio di Kamala Harris in piena campagna elettorale americana. Un audio che ha avuto una diffusione straordinaria e che era chiaramente un tentativo di manipolare i risultati elettorali attraverso un prodotto dell’Intelligenza artificiale generativa non dichiarato come tale. E questo ha acceso in me un campanello d’allarme che credo debba essere poi condiviso da tutti coloro che tengono alla nostra democrazia e alle nostre istituzioni”.
Esistono già piani concreti o strumenti per implementare le disposizioni previste?
“Quello che la legislazione vigente aveva previsto è molto poco e infatti si lasciava fino a qualche tempo fa che fossero le piattaforme ad autoregolamentarsi. Ora che anche il fact-checking scompare dalle piattaforme digitali per una scelta, diciamo politica, delle big tech che vogliono avvicinarsi a Trump, abbiamo ancora di più il dovere di implementare una legislazione che invece dia gli strumenti alla polizia postale, all’Agcom, alle agenzie preposte per intervenire nel caso in cui si utilizzino le tecnologie legate all’Intelligenza artificiale per tentare di manipolare il risultato elettorale dando false informazioni agli elettori su un partito politico o su una personalità politica durante la campagna”.
Quali sono gli effetti attesi per le prossime campagne elettorali?
“Il primo effetto che mi attendo è quello di deterrenza, cioè che si capisca che non si può scherzare con questo tipo di cose e immaginare di farla franca. Il secondo effetto è una limitazione, probabilmente più importante, di ingerenze esterne. Perché la verità è che, al di là delle personalità politiche che possono utilizzare questi strumenti, quello che fa più paura è l’utilizzo che ne fanno Paesi che dall’esterno vogliono influenzare l’andamento dei nostri processi democratici, penso all’esplosione dei bot russi e a tutto quello che ha provocato e, quindi, potere intervenire su questo significa salvaguardare la nostra democrazia”.
In queste ore circola in rete un video nel quale la presidente del Consiglio garantisce a tutti un reddito di 900 euro al giorno. Le norme sanzionatorie sono certamente utili, c’è anche la necessità di garantire un’alfabetizzazione digitale, e il lavoro da fare è ancora molto. Qual è l’impegno concreto della politica, del legislatore, suo e del Pd in questa direzione?
“Abbiamo presentato tre proposte di legge insieme, una che serve per la tutela di bambini e adolescenti nello spazio digitale, un’altra che serve anche per l’alfabetizzazione al digitale non solo nelle scuole perché certamente i bambini e i ragazzi vanno aiutati a orientarsi in questo spazio che è nuovo, ma che per loro è vitale al 100%, ma anche per gli adulti; quindi con campagne informative dedicate e che aiutino le persone a riconoscere quelli che sono, appunto, video, audio, foto prodotte con l’Intelligenza artificiale. Tutto ciò affinché almeno ci si facciano le opportune domande nel momento in cui ci si trova davanti a un video di questo tipo, che è chiaramente un deepfake, ma che non a tutti fa la stessa impressione. Perché non tutti abbiamo lo stesso grado di alfabetizzazione”.
Responsabilizzare le piattaforme digitali che contribuiscono a creare o a diffondere contenuti alterati ha davvero senso? Che garanzie ci sono che queste si adeguino?
“Ha senso, si deve fare. Del resto, l’Europa l’ha fatto con il Digital Service Act e con il Digital Markets Act e lo sta facendo attraverso l’AI Act e, chi vuole operare nello spazio europeo e italiano, deve adeguarsi alle regole. Vale per gli editori quando parliamo di giornali, deve valere anche per le piattaforme che devono essere chiamate a dare informazioni su utenti che si rendano responsabili di azioni di questo tipo. Infatti, delle tre proposte di legge che abbiamo presentato, una riguardava proprio la questione dell’anonimato online. Non è più possibile che si consenta alle persone di nascondersi dietro profili anonimi per poi diffondere odio o fare propaganda, magari appunto utilizzando deepfake e in questo modo manipolando le democrazie. Questo non può accadere più e noi dobbiamo pretendere che le piattaforme siano chiamate a responsabilità. Per operare in Europa devono stare alle regole europee: vale per tutti, deve valere anche per loro. Se apro un’impresa che fabbrica bottoni devo sottomettermi alle regole europee, non vedo perché non dovrebbero farlo le Big tech”.
Resta il sempiterno tema del bilanciamento tra libertà di espressione e la disinformazione…
“Noi abbiamo previsto una tutela per la satira, per giornali, televisioni, radio, ovviamente nessuno vuole limitare il diritto di tutti di informare e anche di scherzare sulla politica, cosa che si è sempre fatta e ci auguriamo almeno qui, in democrazia, sempre si farà. Però è necessario un disclaimer, cioè, è necessario che, a chi guarda, sia reso chiaro ed evidente che quel prodotto che sta vedendo non è la vera Giorgia Meloni, non è la vera Elly Schlein ma sono prodotti delle IA. A chi lo fa non costa nulla in termini di lavoro e a chi guarda dà la possibilità di orientarsi, ovviamente facendosi una risata e magari anche riflettendo come la satira spesso ci fa fare, ma senza essere ingannato”.
Quale l’iter della legge? Si aspetta che venga accolta senza resistenze?
“Nella maggioranza ho ascoltato spesso in diversi convegni e seminari, voci molto attente a questo tipo di problematiche. Naturalmente lo vedremo nel momento in cui inizieremo la discussione, noi abbiamo chiesto la calendarizzazione e spero che al più presto se ne inizi a discuterne. Ovviamente ascolteremo tutti coloro che possono essere interessati da modifiche della legge che riguarda la propaganda elettorale. Però mi auguro che sia interesse condiviso tutelare la democrazia, perché qui si tratta appunto di far sì che la libera espressione del voto continui ad essere libera. Purtroppo, nello stesso spazio europeo abbiamo visto come la mancanza di regole finisce davvero per influenzare gli esiti elettorali e poi, passare da una democrazia a qualcosa di diverso, abbiamo visto che non è così complicato. Quindi i nostri spazi democratici dobbiamo tutelarli tutti, a prescindere dalla tessera del partito che abbiamo in tasca”.
Il 7 e l’8 aprile, a Bruxelles, si è parlato anche di Intelligenze artificiali. Quali temi sono stati toccati? È tornata in Italia con certezze o rassicurazioni in più di quando è partita?
“Abbiamo parlato dell’implementazione dell’AI Act e di quello che poi l’Europa ha presentato come Piano AI, cioè un piano che serve per far sì che l’Europa diventi finalmente il continente dell’Intelligenza artificiale, dotandosi di Gigafactory, di AI factory e soprattutto di un cloud alternativo a quello americano che oggi tutte le imprese, le pubbliche amministrazioni e i cittadini utilizzano. Quindi, da un lato c’è una forma di rassicurazione, anche perché l’implementazione dell’AI Act sta andando avanti. C’è anche però grande preoccupazione perché purtroppo i tempi con cui ci stiamo muovendo sono ancora troppo lenti e rischiamo di finire schiacciati tra Stati Uniti e Cina, che nella corsa all’innovazione sono straordinariamente più avanti di noi, anche perché investono molto, molto più di noi. Purtroppo la mole di investimenti che dedichiamo alla tecnologia e all’Intelligenza artificiale continua ad essere davvero infinitesimale rispetto alle esigenze che avremmo invece di fare un salto in avanti”.
A proposito di rimanere schiacciati, Trump ha concesso una tregua all’applicazione dei dazi. È il momento giusto per fare sentire la voce europea?
“È vero che abbiamo una pausa di 90 giorni prima che i dazi di Trump tornino in vigore, dovremmo usare questo tempo proprio per sviluppare una strategia sulle tecnologie. Se la risposta europea a quei dazi dovesse essere una tassazione generalizzata dei servizi digitali forniti dalle big tech americane, se non abbiamo alternative europee rischiamo che poi il risultato sia un un’autotassazione e quindi abbiamo esigenza di correre e, avendo tre mesi davanti a noi, questi tre mesi dovremmo utilizzarli proprio anche per questo. Mi auguro che lo si faccia”.
Fonte : Repubblica