Da Amazon allo spazio: la vita e le imprese di Jeff Bezos

Jeff Bezos, che sarà l’ospite d’onore della Italian Tech Week, ha cambiato la nostra vita in molti modi. Con i Kindle, ad esempio, ha reso popolari i libri elettronici, e per un certo periodo sembrava che gli ebook dovessero sostituire i volumi di carta com’era successo con gli Mp3 e i compact disc. Non è andata così, ma intanto l’infrastruttura cloud che permetteva di sincronizzare i titoli fra vari dispositivi si è estesa sempre di più e si è aperta alle terze parti. Oggi Amazon Web Services è utilizzata da milioni di aziende: quando qualcosa non funziona, come successe il 28 febbraio 2017, tutta internet si blocca.

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L’impatto

Con Alexa ha portato gli assistenti vocali in casa: arrivava tre anni dopo Siri, ma per averla bastava qualche decina di dollari, contro le centinaia dell’iPhone. Con le recensioni online sono stati allenati i primi grandi modelli linguistici utilizzati nelle piattaforme di intelligenza artificiale, soprattutto quelle open source.

Tutto questo non sarebbe stato possibile senza Amazon, che ha trasformato radicalmente l’economia digitale e i modelli di consumo di massa. Ha contribuito a portare l’e-commerce da fenomeno di nicchia a modalità principale di acquisto per milioni di persone, così oggi tutti diamo per scontata la possibilità di comprare qualunque articolo online e riceverlo a casa in pochissimo tempo. Il modello di marketplace globale creato da Bezos ha abbattuto le barriere geografiche nel commercio: una piccola impresa può vendere i suoi prodotti ovunque nel mondo tramite la sua piattaforma. L’attenzione ai desideri e ai bisogni dei clienti ha ridefinito le aspettative dei consumatori in termini di comodità, rapidità e varietà, spingendo ad adeguarsi anche i rivali, dalle catene tradizionali di negozi ad altri giganti tech. Concetti come l’acquisto con un click o le recensioni online degli utenti sono diventati standard del settore.

Oggi, a 61 anni, non è più Ceo di Amazon. “Per quanto io balli ancora il tip tap in ufficio, sono entusiasta di questa transizione”, aveva scritto in una mail ai dipendenti, spiegando che sarebbe restato nell’azienda come Presidente Esecutivo, per dedicare “energie e attenzione a nuovi prodotti e iniziative sperimentali”. E ad altre attività, come il suo Day One Fund e il Bezos Earth Fund, ha fatto una donazione di 10 miliardi di dollari. “Nutro davvero molta speranza nell’impatto che queste organizzazioni possono avere”, spiegò. Intanto Bezos è anche il fondatore della compagnia aerospaziale Blue Origin, e nel 2021 ha viaggiato a bordo del razzo New Shepard oltre la linea di Kármán, partecipando alla prima missione turistica spaziale della compagnia (lunedì 14 nello spazio ci andrà la futura moglie Lauren Sanchez, con Katy Perry e altri vip). Nel 2013 ha acquisito il Washington Post per 250 milioni di dollari; sotto la sua guida, il giornale ha vissuto una profonda trasformazione digitale, aumentando lettori online e abbonati. E proprio come editore fu tra gli ospiti d’onore ai festeggiamenti per i 150 anni del quotidiano La Stampa a Torino, nel 2017.

Il più grande negozio del mondo

Jeff Bezos fondò Amazon nel 1994, dimostrando fin da subito la sua ambizione visionaria. Lasciò il suo impiego a Wall Street (dove era vice-presidente di un hedge fund) per lanciare una libreria online da un garage a Seattle. Amazon.com nacque come libreria sul web nel 1995, originariamente con il nome di “Cadabra.com”, con l’obiettivo di offrire un catalogo di libri più vasto di qualsiasi libreria fisica. Bezos scelse i libri come punto di partenza per via dell’ampiezza di titoli disponibili e della domanda globale, ma sin dall’inizio pianificò di trasformare Amazon in “il negozio di tutto” (the Everything Store). Nei primi anni, l’azienda si espanse infatti rapidamente oltre i libri, aggiungendo DVD, elettronica, giocattoli e molti altri prodotti . Questa strategia di diversificazione aggressiva del catalogo fu una mossa decisiva che preparò Amazon a dominare l’e-commerce su più fronti. I primi passi però non furono facili: Amazon fu una delle protagoniste della bolla delle dot-com alla fine degli anni ’90. L’azienda crebbe molto in fretta ma faticò a generare profitti nei primi anni, il che suscitò scetticismo dopo lo scoppio della bolla tecnologica nel 2000. Bezos però rimase fedele alla sua visione di lungo periodo, reinvestendo sistematicamente i ricavi nell’espansione e in nuove tecnologie invece di massimizzare gli utili trimestrali.

Nel 2003 Amazon registrò il suo primo utile netto e da allora in poi i guadagni iniziarono a crescere, trainati dall’aumento esponenziale delle vendite online e dall’efficienza delle operazioni. Negli anni seguenti, Bezos introdusse caratteristiche rivoluzionarie nel commercio elettronico, come il sistema di recensioni dei clienti sui prodotti e il pulsante “1-Click” per gli acquisti con un solo clic, brevettato dall’azienda, che semplificarono radicalmente l’esperienza utente. Altra mossa strategica fu il lancio di Amazon Marketplace, che aprì la piattaforma ai venditori terzi permettendo a chiunque di vendere prodotti su Amazon: questo ampliò enormemente l’offerta e consolidò Amazon come mercato di riferimento dell’e-commerce. Acquisizioni strategiche hanno inoltre accelerato la crescita dell’azienda: quella di Zappos (2009) portò know-how nel settore dell’abbigliamento e calzature online; Kiva Systems (2012) fornì robotica per automatizzare i magazzini; Twitch (2014) diede accesso al fiorente mondo del video-streaming e gaming; Whole Foods Market (2017) segnò l’ingresso massiccio nella distribuzione alimentare fisica, integrando negozi offline e online.

Amazon cominciò a produrre presto hardware, essenzialmente i lettori di eBook Kindle, poi i tablet Fire, la serie di smart speaker Echo, le chiavette per smart tv. Venduti a prezzo contenuto o addirittura in perdita, rientravano in una strategia più ampia, dove il guadagno arrivava dai contenuti: libri, musica, film, giochi. Nel 2005, poi, arrivò Amazon Prime, il programma di abbonamento che offriva spedizioni gratuite veloci (e in seguito streaming video e altri servizi), trasformando le abitudini dei consumatori e creando un sistema di fidelizzazione senza precedenti. Oggi Prime conta oltre 200 milioni di abbonati a livello globale. E Amazon, da startup sconosciuta, è la più grande società di commercio elettronico al mondo; a luglio 2024 contava 1,5 milioni di dipendenti in tutto il mondo, dei quali 19 mila In Italia. Ma è anche uno dei simboli del capitalismo digitale, accusata di creare un monopolio economico e culturale, di imporre ai lavoratori turni pesantissimi, di evadere o ridurre al minimo il suo contributo fiscale, di distruggere il commercio locale.

Il re del cloud

Inizialmente pochi compresero perché un’azienda di vendita al dettaglio stesse investendo in infrastrutture di cloud computing, ma Bezos vide in anticipo l’opportunità di monetizzare l’infrastruttura tecnologica costruita per la sua azienda. Amazon Web Services (AWS), a partire dal 2002, cominciò a offrire alle altre aziende servizi di server, storage e calcolo su richiesta via internet, diventando pioniere del cloud come lo conosciamo. Col tempo, AWS è diventato un pilastro fondamentale nell’impero di Bezos: i servizi AWS sono utilizzati per l’intelligenza artificiale di Amazon (Alexa e i servizi di AI nel cloud), per l’entertainment (streaming di Prime Video, produzione di serie e film), la logistica e molto altro. Con AWS, Bezos ha dato un’enorme spinta allo sviluppo di startup tecnologiche: abbassando i costi per avviare servizi online (non serviva più comprare server fisici, bastava affittarli), ha favorito un ecosistema florido di nuove imprese digitali che hanno a loro volta creato milioni di posti di lavoro e prodotti innovativi. Oggi, Amazon Web Services porta enormi profitti all’impero di Bezos, ma ha anche fondamentali implicazioni strategiche: circa un terzo dei siti e dei servizi internet utilizzano infatti soluzioni AWS.

Il cielo è il limite

Nel 2000 Bezos fondò Blue Origin, una società aerospaziale, con l’obiettivo di rendere i viaggi spaziali accessibili e aprire la strada a una futura presenza umana permanente oltre la Terra. A differenza di Amazon, Blue Origin fu tenuta a lungo in relativa segretezza; solo nel 2006 trapelarono notizie significative quando l’azienda acquistò un vasto terreno nel Texas occidentale per costruirvi una base di lancio e test. Blue Origin iniziò a lavorare su razzi riutilizzabili, con l’idea che per abbattere i costi dello spazio fosse necessario recuperare e riutilizzare i veicoli di lancio. Dopo anni di ricerca e sviluppo, nel novembre 2015 il razzo suborbitale New Shepard volò per la prima volta oltre la linea di Kármán (100 km di quota, convenzionalmente considerata l’inizio dello spazio) e tornò a terra compiendo un atterraggio verticale controllato. Era la prima volta che un razzo lanciato nello spazio suborbitale veniva recuperato integro. Dopo ulteriori test, l’azienda iniziò a pianificare i primi voli turistici suborbitali, continuando però a portare avanti progetti di più ampio respiro, come un grande razzo orbitale chiamato New Glenn (dal nome dell’astronauta John Glenn), pensato per lanciare satelliti pesanti e futuri veicoli con equipaggio in orbita terrestre e oltre. Inoltre, Blue Origin collabora con la NASA per sviluppare tecnologie lunari, nella convinzione che vi saranno molte opportunità future nell’ambito dell’esplorazione della Luna e, più in là, di Marte.

Bezos finanzia in gran parte Blue Origin di tasca propria, vendendo azioni Amazon per coprire i costi di sviluppo: per lui è un progetto personale e strategico a lunghissimo termine. Ha spesso parlato della necessità, nei prossimi secoli, di spostare l’industria pesante fuori dalla Terra e preservare il nostro pianeta come luogo abitabile, con milioni di persone che un giorno potrebbero “vivere e lavorare nello spazio”. In confronto ad altri concorrenti come SpaceX di Elon Musk (fondata nel 2002), l’avanzamento di Blue Origin è stato più lento e cauto; del resto il motto dell’azienda è “Gradatim Ferociter” (passo dopo passo, ferocemente), indicativo dell’approccio metodico e di lungo termine di Jeff Bezos: avanzare un passo alla volta, ma con determinazione incrollabile.

A fin di bene

Con gli anni, l’imprenditore americano ha aumentato il suo impegno filantropico e sociale. Per molto tempo è stato criticato per donazioni filantropiche relativamente modeste rispetto alla sua enorme ricchezza (stimata in oltre 204 miliardi di dollari), soprattutto rispetto ad altri miliardari come Bill Gates o Warren Buffett. Ha istituito il Bezos Day One Fund, con un impegno iniziale di 2 miliardi di dollari, dedicato a finanziare organizzazioni no-profit che aiutano famiglie senzatetto e costruire una rete di asili nido e scuole materne gratuite in comunità svantaggiate. Il Day One Fund, ispirato dall’idea di dare a tutti i bambini un “giorno uno” pieno di opportunità, ha già erogato centinaia di milioni in sovvenzioni a enti benefici negli Stati Uniti. Nel 2020 Bezos ha annunciato il Bezos Earth Fund, un fondo da 10 miliardi di dollari destinato a combattere il cambiamento climatico e proteggere l’ambiente. È uno dei maggiori impegni filantropici personali di sempre nella lotta climatica: l’Earth Fund distribuirà grant a scienziati, attivisti e organizzazioni che lavorano su soluzioni per ridurre le emissioni, conservare gli ecosistemi e sviluppare energie pulite, con l’obiettivo di utilizzare l’intera somma entro il 2030.

Già nel 1999, Bezos fu nominato “Persona dell’anno” dalla rivista Time, che riconobbe il suo ruolo nel rendere popolare l’e-commerce. Ma lui, qualche anni più tardi, nella mail di commiato a dipendenti e collaboratori, svelò il segreto di Amazon in maniera molto semplice: “L’invenzione è la radice del nostro successo. Abbiamo fatto cose folli insieme, e poi le abbiamo rese normali. (…) Se ben realizzata, un’invenzione sorprendente dopo pochi anni diventa la norma. La gente sbadiglia. E quello sbadiglio è il più grande complimento che un inventore possa ricevere”.

Fonte : Repubblica