A Working Man, nel nuovo film Jason Statham insegue il mito di Stallone

C’è David Ayer alla regia, specialista in film di polizia, appassionato di vere dinamiche criminali, e si percepisce un certo piacere nella descrizione del funzionamento e dei meccanismi del crimine. Ma questo, invece che migliorare il film, lo appesantisce, perché non è spettacolare, non è divertente e non riesce nemmeno a donare al film quella gravitas che tanto cerca. Insomma, A Working Man è più sensato quando spara frasi come “People talk, money fucks”, che non vuol dire niente ma proprio per questo è eccezionale nel suo epidermico piacere; rispetto a quando invece si convince di dire qualcosa di importante sul serio: sul crimine, i rapimenti e addirittura lanciare un clamoroso messaggio femminista da destra.

Il vero peccato mortale del film è che, in tutta questa discesa verso il paternalismo, l’ode all’amore filiale e una prospettiva più da mamma e papà che da eroe d’azione, non riesce a tenere duro proprio sul fronte dell’azione. Dopo le prime scene (le migliori), tutto si fa molto tecnico e meno brutale, ma non in un senso inventivo. Le sequenze d’azione sono sempre più ipercorrette, ma ripetitive, noiose e prive di quello che invece ha sempre segnato il successo di Jason Statham: una grande personalità nel portarle avanti. Un eroe d’azione parla molto più con la maniera con cui affronta le situazioni d’azione che con le parole effettive che pronuncia, e in questo film proprio questo discorso è il più trito, abusato, solito, già visto e noioso.

Fonte : Wired