Trump, il narcisista e i Paesi leccapiedi

È inutile lamentarsi: Trump non è lì per fare ciò che desideriamo noi, e non gli si può chiedere di agire secondo i nostri interessi. Al di là dell’unilateralismo e dei metodi discutibili con cui persegue obiettivi che da una prospettiva americana possono anche sembrare legittimi (riduzione del debito, riequilibrio della bilancia commerciale, re-industrializzazione), ciò che colpisce maggiormente è il suo atteggiamento verso gli interlocutori internazionali, soprattutto verso noi europei.

Lo speculatore immobiliare travestito da leader mondiale

Trump adotta un linguaggio rozzo, primitivo, inadeguato ai canoni diplomatici. Evita risposte dirette alle domande e ripete slogan elettorali, incontrando i favori del suo pubblico, ma anche spingendo i suoi sostenitori ad emularne lo stile sprezzante. Tutto ciò che approva è “awesome”, “fantastic”, “like never seen before”; tutto ciò che lo ostacola è “nasty”, “weak” o “the worst ever”. La sua è una comunicazione polarizzata, da reality show o da film hollywoodiano, che estende anche alla politica estera, in linea con un approccio da speculatore immobiliare travestito da leader mondiale.

Amici per potere e paura

Che ci piaccia o no, la sostanza non cambia: Trump mostra una costante mancanza di rispetto per i suoi interlocutori, amici o nemici. Il rispetto, per lui, nasce solo da una miscela di somiglianza e timore. Considera “amici” coloro che può usare a proprio vantaggio; considera “nemici” tutti gli altri. Per questo motivo, nel suo schema mentale non esistono alleanze nel senso classico, ma solo partnership temporanee tra pari. E il riconoscimento tra pari si basa sul potere e sulla paura, non su valori comuni.

Trump rispetta i leader che gli somigliano: Putin, Xi Jinping, persino Kim Jong-un. Li ritiene interlocutori legittimi perché incarnano la stessa logica della forza e dell’interesse personale. Li comprende e li teme, specialmente quando possiedono arsenali nucleari. Al contrario, disprezza i leader che si attengono alle regole, che si muovono nel perimetro delle istituzioni e del diritto internazionale. Li considera deboli, inutili, facilmente sacrificabili.

Ed è qui che arriviamo a noi.

Trump incarna la visione di un americano medio convinto che il resto del mondo aspiri a diventare come l’America. Da qui deriva la sua percezione dell’Europa come qualcosa di inutile: se esistono Francia, Germania e Italia con cui trattare, che senso ha un’entità come l’Unione Europea? Se poi qualche esperto gli fa notare che la UE, pur fragile politicamente, è un gigante commerciale, la reazione è rabbiosa: passa all’attacco. L’Europa è dunque debole, corrotta, “nasty”. Lo è anche solo per il fatto di avere un sistema sociale diverso dal suo, e una bilancia commerciale attiva verso gli Stati Uniti.

Trump: “Gli altri Paesi mi baciano il c*lo per un accordo” 

Trump disprezza ciò che non controlla. E l’Europa, per quanto cerchi spesso di restare sotto il radar, è troppo forte per essere ignorata del tutto. Non ha le caratteristiche dell’avversario classico – come la Cina o la Russia – ma ha il potere economico di una superpotenza, senza però l’uniformità politica. Per Trump, è un’anomalia. E come tutte le anomalie, suscita fastidio.

Trump vede il mondo come una mappa di imperi e vassalli. Gli imperi contrattano da posizioni di forza; i vassalli obbediscono. E chi si illude di essere qualcosa di più, va ridimensionato. Israele, con Netanyahu, lo ha imparato a sue spese. Lo stanno imparando anche il Canada, l’Australia, il Giappone e perfino Taiwan.

Trump non è più un amico né un alleato

Molti di questi “vassalli ribelli” stanno cercando nuovi equilibri. E al centro di queste nuove alleanze potrebbe esserci proprio l’Europa, quella stessa Europa che Trump vorrebbe ignorare. Se saprà assumere una posizione chiara, coesa, strategicamente forte, l’UE potrebbe ritrovarsi a giocare un ruolo guida nell’Occidente, proprio mentre l’America si chiude su sé stessa.

Trump firma i dazi, foto lapresse

L’Europa di oggi non aspira a sostituire gli Stati Uniti. Ma la politica di Trump rischia di costringerla a farlo. Per questo motivo, chiunque si troverà a trattare con lui dovrà capire una cosa fondamentale: Trump non è più un amico né un alleato. È un avversario strategico. Al massimo, un socio difficile e inaffidabile.

E come tale va affrontato.

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Fonte : Today