Ma non è così. La docuserie, divisa in tre parti, ricostruisce la fenomenale ascesa di Piper Rockelle, bambina all’inizio e poi adolescente che ha conquistato i social arrivando a incassare mezzo milione di dollari a post grazie al genio impresario di Tiffany. Quest’ultima incarna perfettamente la tipica mamma americana che inserisce la figlia ancora in fasce nel circuito dei pittoreschi e loschi concorsi di bellezza per bambini, dove creature piccole e innocenti vengono trasformate in bamboline smaniose della gratificazione degli adulti. Tiffany era una di quelle madri che torturava la propria bimba bruciandole i capelli con le tinte, spalmandola di autoabbronzanti, costringendola a indossare capelli finti, denti finti, unghie finte, insegnandole a sorridere anche quando era stravolta dalla stanchezza dopo ore di prove di balletti ed esibizioni. Scoperte le potenzialità della bambina come star di Youtube, la Smith ha gradualmente inserito una corte di “amichetti” per movimentarne i contenuti. La Smith dirigeva i video, il partner filmava.
Poi il sogno si è spezzato e tre anni fa i legali di una dozzina di ragazzini hanno intentato una causa contro la ma mammager per violazione delle leggi sul lavoro minorile e per essere stati sottoposti a trattamenti inappropriati e spesso sessualmente espliciti. Il quadro che è stato presentato ai giudici è quello di un piccolo regno di Tiffany che somiglia a una setta, dove i membri subiscono il lavaggio del cervello, resi automi docili senza opinioni e diritto di replica e poi, appena cresciuti un po’, vittime di sfruttamento sessuale. Una di loro afferma che la Smith vendeva l’intimo usato della figlia online. Viene da chiedersi come mai i genitori di questi ragazzini si siano “svegliati” solo dopo anni di abusi, e il sospetto che sia più una questione economica – i ragazzi che si ribellavano venivano allontanati, messi in lista nera e perseguitati come gli ex membri di Scientology – che morale.
Fonte : Wired