L’analista Barton Crockett di Rosenblatt Securities ha stimato che Apple potrebbe aumentare i prezzi degli iPhone fino al 43% per compensare l’impatto delle nuove tariffe imposte da Donald Trump sui prodotti di importazione. Secondo questa analisi, l’iPhone 16 Pro Max, attualmente venduto a 1.599 dollari, potrebbe arrivare a costarne quasi 2.300. In Italia passerebbe da 1.989 euro a 2.844,50.
Alcuni analisti suggeriscono che Apple potrebbe assorbire parte dei costi aggiuntivi riducendo i propri margini di profitto o rinegoziando i contratti con i fornitori. Ad esempio, Gerrit Schneemann, di Rosenblatt Securities, ha ipotizzato che l’azienda potrebbe scegliere di non aumentare immediatamente i prezzi, preferendo invece proteggere la propria base di clienti e la quota di mercato.
L’incertezza sui potenziali aumenti di prezzo avrebbe intanto portato a un’ondata di acquisti da parte dei consumatori, in una stagione di solito non così movimentata. Molti clienti starebbero affollando gli Apple Store per acquistare dispositivi prima che eventuali aumenti di prezzo entrino in vigore. Ovviamente a Cupertino non confermano né smentiscono, anche se in Italia non si vedono persone in coda negli Store.
Cinque aerei
In risposta alle nuove tariffe imposte dall’amministrazione Trump, Apple sembrerebbe aver adottato misure straordinarie per mitigare l’impatto sui prezzi e sulla disponibilità dei prodotti. Secondo il Times of India, l’azienda avrebbe fatto decollare cinque aerei cargo carichi di iPhone e altri dispositivi dalle fabbriche in Cina e India verso gli Stati Uniti nell’ultima settimana di marzo 2025, proprio per anticipare l’entrata in vigore delle tariffe doganali, fissata per il 5 aprile. Una strategia logistica d’urgenza, estremamente costosa, ma necessaria per proteggere i margini e garantire la disponibilità dei prodotti sul mercato americano. Questa manovra avrebbe permesso ad Apple di accumulare una riserva di scorte sufficiente a mantenere stabili i prezzi al dettaglio per diverse settimane, evitando aumenti immediati per i consumatori. Il quotidiano segnala anche come attualmente i dazi imposti all’India siano più bassi rispetto a quelli per la Cina (26% contro 54%) e che questo potrebbe far crescere la percentuale di dispositivi della Mela prodotti nel subcontinente indiano.
Nuovi equilibri
Lo scorso anno, l’azienda di Cupertino ha prodotto in India circa 10 milioni di iPhone, quest’anno, secondo il Wall Street Journal, potrebbero diventare 25 milioni. Sembra molto, in realtà è poco meno del 10% del totale: nel 2024 sono stati venduti infatti 225,9 milioni di iPhone. Il primo iPhone prodotto in India è stato il modello SE nel 2017, e da allora ha continuato ad assemblare diversi modelli di iPhone nel Paese. Di recente il Ministro del Commercio indiano Piyush Goyal ha dichiarato che il governo è in contatto regolare con Apple per sostenere le sue attività nel Paese. L’azienda ha in programma di realizzare in India il 25% della sua produzione globale entro il 2028: un traguardo non così lontano, se si considera il costo bassissimo della manodopera e i poderosi sussidi governativi. Ma l’India è solo un tassello nella strategia globale di Tim Cook per ripensare la catena di approvvigionamento dei prodotti Apple, che diventa sempre più diversificata. Il Vietnam è già diventato il secondo hub produttivo mondiale, dove si assemblano AirPods, iPad, Apple Watch e MacBook, nelle succursali locali partner storici come Foxconn e Luxshare, ma crescono anche Thailandia, Messico e Brasile. Anche altre big tech americane, da Google ad Amazon, stanno accelerando la loro uscita dalla Cina, segnale che il settore si sta muovendo verso un nuovo equilibrio produttivo globale, dove India e Sud-est asiatico giocano un ruolo primario.
La fine della globalizzazione è un evento globale
Ma se i dazi di Trump segnano, almeno idealmente, la fine dell’era della globalizzazione, l’effetto che stanno causando è globale. L’Unione Europea, ad esempio, sta valutando misure di ritorsione in risposta alla strategia di Trump, come molti altri Paesi colpiti dalle tariffe statunitensi. Dall’altra parte, la Cina potrebbe trovare in Europa una sponda per compensare le perdite che quasi certamente arriveranno dal mercato statunitense.
Le nuove tariffe sui beni cinesi significano che il costo per produrre un iPhone potrebbe salire da 580 a 850 dollari, secondo un report di TechInsights. Trump minaccia di aumentare ancora i dazi sull’import dalla Cina, ma potrebbe fare un’eccezione per Apple, com’è già successo durante la sua prima presidenza.
Un aumento dei prezzi è inevitabile: l’iPhone copre quasi la metà del fatturato di Apple, e il prezzo, almeno negli Usa, è rimasto invariato dal 2017 (999 dollari per il modello Pro meno costoso). Tuttavia le stime attuali sembrano esagerate e basate su scenari assolutamente ipotetici, che in Europa diventano ancora più imprevedibili. Kate Leaman di AvaTrade, ad esempio, ha spiegato che il prezzo potrebbe salire del 20-25%, ma anche questa percentuale, allo stato delle cose, è pura fantasia.
Fonte : Repubblica