AGI – Ricorso inammissibile. Così la Corte di Cassazione ha messo la parola fine alla vicenda giudiziaria relativa alla morte del 36enne Edmond Preka, muratore albanese e padre di due figli oggi di 9 e 12 anni che il 18 marzo 2018, lungo una stradina nei pressi del progetto Case di Paganica dove alloggiava con la famiglia, in un canale irriguo di derivazione del fiume Vera, nel tentativo di sfuggire all’attacco di tre cani di razza Corso scavalcò un muretto, cadde nel ruscello e picchiò la testa. L’uomo fu ritrovato cadavere dopo diverse ore.
La condanna definitiva
E’ dunque definitiva la condanna a sei mesi di reclusione per l’unico imputato, il proprietario dei tre cani, Gianluca De Paulis, agente di polizia, 47 anni, residente nella frazione aquilana di Paganica. Il pronunciamento della Cassazione apre ora la strada ai risarcimenti.
Che cosa aveva detto la Corte d’appello
Nella sentenza di condanna, la Corte d’appello dell’Aquila, che a sua volta aveva confermato quella del Tribunale del capoluogo di regione, aveva rimarcato come fosse “indubbio che l’imputato avesse violato la regola cautelare che impone al proprietario/detentore di animali uno specifico e stringente obbligo di custodia, adottando ogni cautela per prevenire ed evitare le possibili aggressioni, soprattutto quando, come nel caso in esame, si tratta di più cani e di indole particolarmente aggressiva”.
Le ragioni della condanna
Secondo il collegio di secondo grado, “al fine di escludere la colpa consistente nella mancata adozione delle dovute cautele, non è sufficiente che l’animale sia tenuto in un luogo privato e recintato, ma è necessario che tale luogo sia idoneo a evitare che lo stesso possa sottrarsi alla custodia o al controllo. Né coglie nel segno la difesa quando afferma che l’imputato, al momento del fatto fuori regione per motivi di lavoro, non avrebbe potuto in alcun modo evitare l’evento”.
L’allarme del vicinato causato dai cani
La Corte d’Appello evidenzia inoltre che “già in altre occasioni i cani dell’imputato siano usciti dall’area recintata, creando allarme tra i vicini; e ciò dimostra chiaramente come le modalità di custodia adottate fossero inadeguate. Non vi è dubbio che la predisposizione di un’adeguata struttura di contenimento dei cani si imponeva ancor più, considerata la quotidiana e prolungata assenza del De Paulis dall’abitazione per esigenze di lavoro”.
La ricostruzione degli eventi
Dunque, per la Corte d’Appello, la ricostruzione prospettata dall’imputato secondo la quale i cani, quel giorno, potrebbero essere usciti dal cancello lasciato distrattamente aperto dalla moglie, come accaduto in passato, con conseguente sua impossibilità di intervento “non ha trovato alcun concreto riscontro; mentre deve ragionevolmente ritenersi, alla luce di quanto documentato, che i cani siano usciti da un varco apertosi nella rete, nel punto poi riparato prima del sopralluogo, raggiungendo la vicina strada interpoderale”.
Fonte : Agi