Stipendi da 100mila euro: quanto guadagnano all’estero i lavoratori che in Italia sono “introvabili”

Più che un’invasione è una fuga di massa. La migrazione che dovrebbe preoccuparci, non è tanto (o se preferite non solo) quella dei tanti disperati che approdano sulle nostre coste con barconi di fortuna. È anche quella delle migliaia di nostri connazionali che scelgono di lasciare ogni anno l’Italia riportando indietro le lancette della storia al secondo dopoguerra. Nel 2024 oltre 191mila italiani hanno salutato lo Stivale per andare a cercare fortuna all’estero, un aumento del 20 per cento rispetto al 2023. Un fenomeno in netta crescita da 20 anni: i residenti all’estero sono raddoppiati rispetto al 2007 e oggi sono 6 milioni.

Dove sono i 6 milioni di italiani all’estero

Per capire meglio di cosa stiamo parlando è meglio concentrarsi sugli incrementi tendenziali, piuttosto che sulle stime assolute. Solo così si riescono a intuire le nuove rotte dei lavoratori italiani.

Accanto a nazioni come Francia e Germania, che presentano il numero più ampio di nostri connazionali residenti (almeno in Europa), i trasferimenti degli italiani sono aumentati di oltre il 100 per cento in Irlanda e di quasi il 90% in Danimarca tra il 2016 e il 2023. Parliamo di nazioni viste in passato come “periferiche” che oggi riescono ad attrarre un numero consistente di cittadini italiani. Tra le mete che hanno visto gli incrementi maggiori troviamo poi il Regno Unito e la Spagna, con un aumento della presenza dei nostri connazionali che ha sfiorato il 70 per cento nel periodo considerato. 

Emigrazione italiana all’estero: i numeri e le storie dell’esodo

“Nel passato l’emigrazione italiana verso l’estero era spesso dovuta alla sopravvivenza. Si trattava di una migrazione di necessità, spinta da un fattore di ‘push’ legato alla fame e alla mancanza di lavoro” spiega a Today.it Maria Rita Testa, ricercatrice e professoressa di demografia all’università Luiss di Roma.

“Italiani all’estero cercano salari più alti, migliori prospettive di carriera e un welfare più progredito”

Maria Rita Testa, università Luiss di Roma

Oggi le caratteristiche sono molto diverse: “L’emigrazione è spesso caratterizzata da un fattore di ‘pull’. Gli italiani, specialmente i giovani, sono attratti dalle migliori opportunità offerte da altri paesi. Si cercano salari più alti, migliori prospettive di carriera e un welfare più progredito” sottolinea la professoressa Testa. Un flusso che è favorito dalle nuove dinamiche globali che portano a cercare le migliori opportunità anche lontane da casa e dai vantaggi di essere cittadini europei. 

Dall’ingegnere al cameriere: i Paesi che pagano di più 

Uno dei fattori fondamentali per lasciare lo Stivale è costituito dai bassi salari. Perché se in Italia gli stipendi sono inferiori a quelli del 2008, nel resto d’Europa le cose vanno diversamente. 

A parità di potere d’acquisto, nel 2023 i salari italiani sono stati la metà di quelli svizzeri, inferiori a quelli spagnoli e di poco superiori a quelli polacchi. E l’Italia tende ad avvicinarsi sempre più, per il valore delle retribuzioni, ai paesi dell’est Europa che a quelli del blocco occidentale. E chi può preferisce cercare fortuna altrove. 

Secondo le stime dei maggiori portali online per la ricerca di lavoro, lo stipendio medio per un ingegnere in informatico in Italia si aggira attorno ai 34mila euro l’anno. Nel Regno Unito questa cifra sale a oltre 67mila euro, ovvero quasi il doppio, mentre in Germania si attesta sui 65mila euro. In Svizzera, e per la precisione a Lugano, sfiora gli 89mila euro l’anno. Tre volte quanto offerto in Italia. 

Più occupati ma meno pagati (e il governo esulta) 

E che dire – ad esempio – degli stipendi miseri degli insegnanti? Il salario di un professore di scuola secondaria di primo grado ammonta a poco più di 23mila euro lordi (almeno nei primi anni di carriera) in Italia e il sistema si regge su oltre 200mila precari. In Germania è di oltre 60mila euro, in Francia di 37mila euro e in Spagna si attesta sui 33mila euro. Diecimila euro in più di quanto percepito da un insegnante italiano. 

Grazie al motore di ricerca di lavoro “Indeed” siamo riusciti a comparare gli stipendi medi percepiti dai professionisti che le aziende italiane faticano a trovare, con quelli di altri quattro paesi europei mete di migrazione nostrana: il confronto è impietoso. 
 

PROFESSIONE SALARIO FRANCIA (€) SALARIO SPAGNA (€) SALARIO GERMANIA (€) SALARIO IRLANDA (€) SALARIO ITALIA (€)
CAMERIERE 27648 19917 37109 28372 18111
ARCHITETTO 51818 48164 66081 54563 24071
INFERMIERI 37247 28369 58000 46777 24212
MEDICO GENERICO 85639 32835 117669 74669 41909
INGEGNERE ELETTRONICO 46670 38218 65036 53079 34086
OPERAIO METALMECCANICO 34750 26274 42139 37580 20944
AUTISTI DI CAMION 34253 23638 53137 40489 25632
OPERAI SALDATORI 33302 22210 44115 35536 22426
CUOCO 30070 20496 44331 32340 23212
INGEGNERE CHIMICO 35555 37360 62426 52932 33884

Nel caso di professioni altamente specializzate, come ingegneri chimici ed elettronici, lo stipendio italiano è la metà di quello offerto in Germania. Ma anche per quanto riguarda di medici e infermieri i nostri salari sono nettamente inferiori a quelli del resto d’Europa. Una caratteristica che si nota anche per i tecnici specializzati (come saldatori e metalmeccanici) e nelle tante professioni legate alla ristorazione per le quali gli imprenditori lamentano di non trovare personale qualificato. 

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Ma il guadagno non è l’unico fattore che incoraggia gli spostamenti: “In Italia c’è un enorme problema di carriera e meritocrazia, che viene spesso sacrificata a scapito di altri fattori come le conoscenze. Il welfare italiano inoltre è percepito come meno solido ed è ancora di tipo ‘familistico’ rispetto a quello di altri paesi. Una situazione che rende molto difficile la vita di tutti quei giovani che non hanno un sostegno e che vogliono realizzare progetti di vita” osserva la professoressa Maria Rita Testa. 

Un dato su tutti: in Italia solo il 30 percento dei bambini trova posto in un asilo nido. In Francia e in Spagna questa percentuale sale al 50, in Olanda e Danimarca supera il 70. 

Un fenomeno sottostimato che colpisce il cuore industriale italiano 

E la novità è che la nuova ondata migratoria non è originata tanto dal Mezzogiorno, ma dalle regioni più ricche e sviluppate del Paese. Le stesse dove spesso si lamenta l’assenza di lavoratori specializzati. 

Dal 2016 al 2023 sono aumentati i trasferimenti da regioni come Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, il cuore industriale del Paese. E a partire sono stati prevalentemente giovani tra i 18 e i 34 anni con un titolo di studio medio-alto o con elevati livelli di specializzazione professionale. 

Dal Sud verso Nord e poi all’estero

“I giovani del nord che emigrano non lo fanno perché non hanno lavoro, ma perché non trovano un’offerta di lavoro adeguata al loro investimento in formazione” osserva la professoressa Maria Rita Testa. E se dal Sud si continua a emigrare anche verso il Nord, dal Settentrione si parte quasi sempre per l’estero. Una diaspora silenziosa che potrebbe essere anche sottostimata. Perché non tutti si iscrivono all’Aire, il registro degli italiani all’estero, una volta cambiata nazione.

I laureati italiani presenti nelle maggiori nazioni europee, secondo uno studio della Fondazione Nord Est, sarebbero oltre 680mila. Il prezzo di questo esodo, tra il 2011 e il 2021, ammonterebbe a 38 miliardi di euro per le casse pubbliche, quasi due punti di Pil. E invertire il trend non è semplice: “Più che pensare alla demografia bisogna tornare a essere attrattivi, creando lavori ad alto valore aggiunto, penso all’esempio della Spagna che ha un tasso di fecondità molto simile al nostro” osserva la professoressa Testa.

La verità (che nessuno dice) che condanna milioni di italiani alla povertà 

Il Paese iberico, che ha visto aumentare del 70% i residenti italiani negli ultimi anni, vanta infatti oggi un tasso di occupazione femminile di quasi dieci punti superiore a quello italiano, un numero maggiore di laureati, un Pil che nel 2024 è cresciuto del 3,2% e ha avvitato riforme per valorizzare i migranti e attrarre nuovi talenti per sfidare così il calo delle nascite. La lezione? Sembra essere una sola: è impossibile vincere la sfida demografica pensando al passato. 

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Fonte : Today