Queen, Brian May rivela i retroscena del Live Aid: “Abbiamo esitato a dire di sì. Freddie aspettò la reazione della gente all’annuncio”

La performance dei Queen durante il concerto benefico Live Aid a Londra è universalmente riconosciuta da musicisti, media e fan (ed è stata anche più volta votata) come il momento live più grandioso nella storia del rock. I Queen salgono sul palco dell’evento che Bob Geldof ha pensato come «Un jukebox globale», e che ha organizzato insieme a Midge Ure per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla carestia in Etiopia e raccogliere fondi per le popolazioni dell’Africa il 13 luglio 1985 allo stadio di Wembley a Londra alle sei e quarantuno minuti del pomeriggio, subito dopo gli U2 e i Dire Straits che hanno eseguito Money for Nothing con Sting e Sultains of Swing.

Le regole del Live Aid stabilite da Bob Geldof per rendere l’evento più  intenso e aggiungere sempre più nomi di spicco alla line up (dopo i Queen ci sono David Bowie, gli Who, Elton John e Paul McCartney che chiude con Let it Be prima della grande performance finale con gli artisti del progetto Band Aid che eseguono Do They Know It’s Christmas?) sono rigide: tempo limitato, niente effetti speciali e scenografie. L’evento si svolge in contemporanea al JFK Stadium di Phialdelphia ed è al tempo la più complessa e ambiziosa diretta televisiva via satellite mai trasmessa.

I Queen suonano sei canzoni in ventuno minuti e grazie anche alla potenza della performance di Freddie Mercury e al suo modo di guidare i 72 mila spettatori di Wembley diventano il simbolo dell’evento.

Secondo le ultime rivelazioni di Harvey Goldsmith, il promoter che ha organizzato il Live Aid, i Queen inizialmente non erano convinti di partecipare, e anche Bob Geldof non pensava che potessero funzionare in quel contesto: «Bob diceva: hanno già raggiunto il loro massimo. Io conoscevo bene Freddie e la band e ho insistito: sono perfetti per lo slot delle sei del pomeriggio». Brian May ha ammesso che anche i Queen ci hanno pensato a lungo: «Abbiamo esitato a dire di sì. Avevamo appena finito un lungo tour ed eravamo distrutti e sicuramente non volevamo sfigurare in mezzo a tutti quegli artisti». «Freddie ha aspettato di vedere la reazione del pubblico all’annuncio del Live Aid» ha raccontato Goldsmith, «E quando ha visto che era un evento gigantesco, con un miliardo di spettatori collegati via satellite ha chiesto di chiudere il concerto. Io gli ho detto che l’unica possibilità di suonare era alle sei di pomeriggio, e lui ha pensato: ora vi faccio vedere io. Era come un predatore che sente l’odore del sangue e punta dritto alla gola!»

Fonte : Virgin Radio