Ma dal 2006 sono successe molte cose: Instagram, l’iPhone e il boom dell’intelligenza artificiale, giusto per citarne alcune. Seguendo la logica di Seitz, ora internet peserebbe quanto una patata. Ma già all’epoca dei calcoli del fisico, la rivista Discover propose un metodo diverso. Dal momento che le informazioni su internet sono scritte in bit, cosa succederebbe prendessimo in considerazione il peso degli elettroni necessari per codificare quei bit? Basandosi su tutto il traffico internet – allora stimato in 40 petabyte – Discover ha stimato che il web pesa una minuscola frazione di grammo (5 milionesimi di grammo, per l’esattezza). Più vicino a una spremuta di fragola che a una manciata di frutti, insomma. A Wired però abbiamo pensato che fosse giunto il momento di un’ulteriore indagine.
Le ipotesi alternative
Partiamo dal metodo che si basa sull’energia dei server. “Cinquanta grammi è una cifra semplicemente sbagliata“, spiega Christopher White, presidente dei Nec aboratories America ed ex dipendente degli storici Bell Labs. Non è l’unico a pensarla così tra gli scienziati consultati da Wired. Daniel Whiteson, fisico delle particelle presso la Università della California-Irvine e co-conduttore del podcast Daniel and Kelly’s Extraordinary Universe, sostiene che quello proposto da Seitz sia un modo troppo comodo per ottenere “le unità di misura desiderate”. Un po’ come se il prezzo di una ciambella potesse essere calcolato dividendo il numero totale di ciambelle nel mondo per il pil mondiale: il risultato “non sarebbe corretto, nemmeno lontanamente“, sottolinea Whiteson.
Nemmeno il procedimento usato da Discover ci ha convinto. Innanzitutto perché ha più a che fare con la trasmissione di internet che con internet stessa. Ma anche perché presuppone un numero fisso di elettroni per la codifica delle informazioni, una cifra che in realtà è estremamente variabile e dipende dai chip e dai circuiti utilizzati.
White ha proposto un terzo metodo. Che cosa succederebbe se immaginassimo di mettere tutti i dati archiviati su internet, nelle centinaia di milioni di server in giro per il mondo, in un solo posto? Quanta energia sarebbe necessaria per codificare questi dati e quanto peserebbe questa energia? Nel 2018 l’International data corporation ha stimato che entro il 2025 la datasfera del web raggiungerà i 175 zettabyte, ovvero 1,65 x1024 bit (1 zettabyte = 10247 byte e 1 byte = 8 bit). White suggerisce quindi di moltiplicare questi bit per un formula matematica – kBT ln2, se siete curiosi – che esprime l’energia minima necessaria per resettare un bit (in questo caso va considerata anche la temperatura, perché memorizzare dati è più facile in un ambiente freddo. In altre parole, internet è più leggero nello spazio che nel deserto). A questo punto possiamo prendere il risultato della moltiplicazione, che rappresenterà l’energia, e basarci su E = mc2 per ottenere la massa totale. A temperatura ambiente, internet peserebbe in totale (1,65 x1024) x (2,9×10-21)/c2, ovvero 5,32 x 10-14 grammi. Si tratta di 53 quadrilionesimi di grammo.
Anche se praticamente non ha una massa fisica, il web ha comunque un peso per i miliardi di persone che lo usano ogni giorno. White, che in passato ha tentato simili stime filosofiche, ha chiarito che in realtà internet è così intricato da essere “essenzialmente inconoscibile”. Ma perché non provarci? Negli ultimi anni diversi scienziati hanno ventilato l’idea di memorizzare i dati della rete all’interno dell’elemento costitutivo della natura: il dna. E se dovessimo pesare internet in questi termini? Stando alle stime attuali, un grammo di dna può contenere 215 petabyte, ovvero 215 x1015 byte di informazioni. Se internet equivale a 175 x 10247 byte, parliamo di 960.947 grammi di dna. Quanto 10,6 maschi americani. O un terzo di un Cybertruck. Oppure 64mila fragole.
Questo articolo è apparso originariamente su Wired US.
Fonte : Wired