Il regista di No Other Land: “Dall’Europa doppio standard per Russia e Israele”

Per la causa palestinese “è l’ora più buia della sua storia”, con gli attacchi a Gaza che continuano senza tregua e il numero dei morti che ha superato le 50mila persone. Con le aggressioni dei coloni israeliani in Cisgiordania che diventano sempre più violente e frequenti, ma anche con gli attacchi dell’esercito di Tel Aviv. E per fermare le violenze e l’occupazione “una soluzione può arrivare solo dalla comunità internazionale”, mentre nella società israeliana le voci per la pace sono “ormai solo una piccola minoranza”.

Ne è convinto il regista e attivista palestinese Basel Adra, uno dei quattro registi (due palestinesi e due israeliani) del documentario vincitore dell’Oscar No Other Land, che racconta la vita dei palestinesi nella zona di Masafer Yatta, in Cisgiordania, evidenziando le difficoltà affrontate a causa delle demolizioni e degli sfollamenti forzati operati dall’esercito israeliano.

Accuse all’Europa 

Invitato al Parlamento europeo dall’eurodeputata socialista Hana Jalloul Muro, Adra ha puntato il dito contro l’Europa, accusandola di “doppi standard” rispetto al modo in cui si comporta con la Russia di Vladimir Putin per l’invasione dell’Ucraina e con il governo di Benjamin Netanyahu, anch’egli accusato dalla Corte penale internazionale di crimini di guerra, con la Striscia di Gaza ormai ridotta a un ammasso di macerie e un cimitero a cielo aperto.

La vittoria del documentario ha suscitato forti polemiche in Israele. Il ministro della Cultura e dello Sport, Miki Zohar, ha definito il film una forma di “sabotaggio contro lo Stato”, accusando i registi di diffamare il Paese per ottenere riconoscimenti internazionali.

Aggressioni e censure

Dopo la vittoria agli Oscar, l’altro regista palestinese del documentario, Hamdan Ballal, è stato aggredito da coloni israeliani armati e incappucciati nel suo villaggio natale di Susiya, in Cisgiordania. Successivamente, è stato arrestato dalle forze israeliane mentre riceveva cure mediche, rimanendo bendato e ammanettato su un pavimento gelido per tutta la notte. Lo stesso documentario, nonostante il prestigioso riconoscimento, non ha trovato una distribuzione nei cinema israeliani.

“Nessuna soluzione dall’interno”

“Nella società israeliana le voci contro l’occupazione e per una convivenza pacifica sono molto minoritarie. Sono molto poche le persone e le organizzazioni che si oppongono pubblicamente all’occupazione e al sistema di apartheid. Quindi non ci sarà mai una soluzione dall’interno. Perché gli israeliani continuano a ottenere denaro, armi, godono di relazioni internazionali ottime, anche gli insediamenti illegali, con i quali anche voi europei commerciate. E i coloni estremisti ricevono denaro e armi dagli Stati Uniti e possono viaggiare dove vogliono”, dice Adra in un’intervista a Today.it.

Repressione e violenza

Dall’altra parte, invece, i palestinesi ricevono solo repressione. “Noi non abbiamo nessun potere, anche se facciamo una protesta pacifica siamo aggrediti, come si vede nel documentario. Le organizzazioni della società civile vengono identificate come organizzazioni terroristiche e bloccate. La risposta a ogni cosa che facciamo per cambiare la realtà e il nostro futuro sono sempre aggressioni e violenze”, denuncia il regista.

Basel Adra guarda un'auto danneggiata dopo l'attacco di un colono nel villaggio di Susiya, a Masafer Yatta, nel sud di Hebron - foto LaPresse (AP Photo/Leo Correa)-2

Fiducia perduta nella comunità internazionale

“Nonostante il mandato di arresto, Netanyahu è stato accolto a braccia aperte in Ungheria e verrebbe accolto anche in altri Paesi europei. Perché il diritto internazionale non conta niente. Israele lo viola quotidianamente, e sui loro canali televisivi si parla apertamente di piani di pulizia etnica, dei crimini che stanno commettendo. Fa tutto parte del dibattito pubblico, come se fosse normale e nulla è nascosto. Quindi questa situazione deve essere risolta con decisioni critiche da parte della comunità internazionale”, chiede Adra.

Ma il 28enne palestinese non sembra avere alcuna fiducia che la comunità internazionale farà la sua parte. “Per la causa palestinese questa è l’ora più buia della storia. E le cose peggiorano giorno dopo giorno. Quello che si vede nel documentario non è niente, ora sta accadendo molto peggio. Dall’inizio dell’anno ci sono stati più di cento attacchi da parte di coloni, più di venti demolizioni di case. Ci sentiamo completamente abbandonati”, continua Adra.

Appello all’Europa

Il regista sottolinea che con l’elezione di Trump le cose sono peggiorate “ma non per questo noi smetteremo di lottare”, promette. E all’Europa chiede azioni concrete. “La prima cosa che dovrebbe fare è quantomeno proteggere i suoi stessi progetti umanitari in Palestina, che pure sono oggetto di attacchi dei coloni e dell’esercito israeliano. E potrebbe boicottare quantomeno i prodotti delle colonie illegali. Ma l’Europa non fa nemmeno questo, si riempie la bocca di parole e proclami ma non fa niente di concreto”.

Fonte : Today