Se c’è un colore che tutti associano alla tecnologia, quello è il blu. Il blu del led inventato da Hiroshi Amano, insieme a Isamu Akasaki e Shuji Nakamura, per il quale nel 2014 gli è stato conferito il Premio Nobel per la Fisica. E oggi la laurea honoris causa in Scienze e Nanotecnologie per la Sostenibilità dell’Università di Milano-Bicocca. Quella di Amano è una scoperta rivoluzionaria, e lo scienziato, pur con tutto l’understatement giapponese, ne è cosciente: la paragona infatti alle scoperte di Marconi, che hanno dato il via all’era delle telecomunicazioni. Ma la sua lectio magistralis, intitolata Il ruolo dei nuovi materiali semiconduttori nella realizzazione di una società smart e a zero emissioni di carbonio, mostra che a 64 anni guarda ancora avanti, verso una tecnologia sempre più verde.
“Ho camminato nel deserto”
“I miei esperimenti non funzionavano, ma erano i più belli che avessi mai fatto”, racconta incespicando nell’inglese, mentre ricorda i suoi anni da studente in una povera università giapponese: “Costruivamo i reattori a mano, usando bottiglie di birra per avvolgere le bobine. Era tutto artigianale”.
Il giovane Amano, appassionato di microcomputer, entra nel gruppo del professor Akasaki quasi per caso. “Quando ho sentito parlare per la prima volta del nitruro di gallio, ho pensato: questo materiale può cambiare il mondo”. La sua visione era quella di sostituire i vecchi display CRT con pannelli a LED a basso consumo. “Ho fatto esperimenti ogni giorno, 364 giorni all’anno, per tre anni”, racconta. “Non riuscivo a ottenere cristalli di buona qualità, ma mi divertivo. Era la prima volta che progettavo e costruivo gli esperimenti con le mie mani. Non avevo mai provato una tale gioia”.
Nonostante l’impegno, Amano non riesce a ottenere il dottorato nei tempi previsti. Ma la svolta arriva grazie a una semplice intuizione: sostituire lo zinco con il magnesio come agente drogante per ottenere la conduzione di tipo p. “Ho letto un passaggio in un vecchio manuale di fisica dei semiconduttori e ho capito il mio errore. È stato come vedere la luce”.
Perché il blu è importante
La luce, appunto. Quella bianca, in realtà è la somma di tre colori diversi: rosso, verde e blu, i colori primari additivi, che il nostro sistema visivo combina per creare tutta la gamma di tonalità, inclusa la luce bianca.
I diodi a emissione luminosa (LED) funzionano attraverso un processo chiamato emissione di fotoni. Quando una corrente elettrica attraversa il semiconduttore all’interno del LED, gli elettroni rilasciano energia sotto forma di fotoni, ossia luce. Negli anni ’80, esistevano già LED rossi e verdi, ma mancava il terzo elemento fondamentale: il blu. E finché non è stato possibile realizzare un LED che emettesse luce blu in modo stabile, efficiente e duraturo, non era tecnicamente possibile ottenere la luce bianca.
L’invenzione del LED blu ha quindi sbloccato la possibilità di combinare le tre componenti necessarie per produrre luce bianca in modo semplice, economico ed efficiente. Ha segnato l’inizio del declino dei monitor a tubi catodici, e soprattutto ha permesso di utilizzare i LED per l’illuminazione. Così oggi abbiamo lampadine a LED bianche che durano decine di migliaia di ore, consumano pochissima energia e hanno sostituito quasi ovunque le vecchie lampade a incandescenza o fluorescenti.
La rivoluzione verde
“Il contributo dei LED blu al risparmio energetico è enorme”, ricorda Amano. “La durata di vita dell’illuminazione LED è 40 volte superiore rispetto alle lampade a incandescenza. Solo negli Stati Uniti, tra il 2017 e il 2035, si prevede un risparmio di 22,8 petawattora, pari a 890 miliardi di dollari” (dati del Dipartimento dell’Energia USA).
Ma il vero impatto del GaN si gioca oggi su un altro campo: quello dei semiconduttori di potenza. “Sostituendo i dispositivi basati sul silicio con quelli in nitruro di gallio, potremmo ridurre il consumo mondiale di elettricità del 25%”, afferma il professore. Oggi il nitruro di gallio permette di realizzare alimentatori piccoli e potenti, che ricaricano smartphone e computer in pochi minuti. Su grande scala, invece, per migliorare l’efficienza bisogna ripensare l’intera infrastruttura energetica: inverter per veicoli elettrici, sistemi di trasmissione, reti smart grid. “Il silicio è come il cervello del corpo umano, perché elabora e memorizza dati. Il nitruro di gallio, invece, è come il cuore: gestisce la potenza”, spiega Amano.
Il futuro del GaN: 99% di efficienza, impatto globale
Amano ha un obiettivo ambizioso: contribuire a una società a zero emissioni entro il 2050, e per farlo lavora a nuove architetture per i convertitori di potenza e i sistemi di controllo digitale delle reti. “Per alimentare un computer con un pannello solare servono almeno quattro conversioni energetiche. Se ogni passaggio ha solo il 93% di efficienza, il sistema complessivo arriva al 75%. Troppo basso. Dobbiamo raggiungere almeno il 99% per ogni fase”, spiega.
Le tecnologie basate sul GaN permettono di sviluppare transistor ad altissima frequenza e risposta immediata, ideali per stabilizzare reti alimentate da fonti rinnovabili, che soffrono per la mancanza di inerzia. “Nel sistema tradizionale i motori grandi garantivano stabilità. Con solare ed eolico questo non è più possibile. Serve una nuova elettronica capace di reagire alle fluttuazioni in millisecondi”.
Dietro la rivoluzione del nitruro di gallio non c’è solo scienza, ma anche una lezione umana. Perseveranza, curiosità, ostinazione: “Anche se tutti intorno a me dicevano che era impossibile, io ci ho creduto”, dice Amano. “Non c’erano prove, solo una sensazione. Ma a volte, nella scienza, è sufficiente una scintilla di fiducia per accendere una rivoluzione”. Così la lectio si conclude con un invito: “Cerchiamo continuamente nuovi partner, giovani interessati a costruire un futuro sostenibile con noi. Non esitate a contattarmi”. E l’ultima slide è la sua mail: amano@nagoya-u.jp.
Fonte : Repubblica