Un manager di un minimarket giapponese 7-Eleven nella prefettura di Oita si è tolto la vita dopo aver lavorato ininterrottamente per garantire che il negozio fosse sempre rifornito a qualsiasi ora. La famiglia ha accusato la sede centrale dell’azienda di non aver vigilato sulle condizioni dei dipendenti, ma la società ha declinato ogni responsabilità.
Tokyo (AsiaNews) – Il suicidio di un manager di un minimarket 7-Eleven nella prefettura di Oita è stato riconosciuto come infortunio sul lavoro dall’Ufficio per l’ispezione degli standard lavorativi. L’uomo, 38 anni, che si è tolto la vita nel 2022, aveva lavorato per sei mesi consecutivi senza mai prendere un giorno di riposo, secondo quanto riportato dal quotidiano Asahi Shimbun.
Il manager aveva lasciato un biglietto in cui denunciava le estenuanti condizioni di lavoro: “Le lunghe ore di lavoro senza pause sono la norma”, “Non importa quanto mi impegni per coprire i turni, è troppo difficile per me” e “Essere il gestore di un minimarket è semplicemente un altro modo per essere sfruttato”.
La famiglia dell’uomo ha chiesto a 7-Eleven, la più grande catena di minimarket del Giappone, di assumersi maggiori responsabilità nella gestione dei dipendenti. L’uomo era stato assunto a tempo pieno nel 2015 e dal 2019 era diventato direttore di un nuovo punto vendita. In assenza del proprietario, il manager si occupava di tutto: dall’approvvigionamento delle merci, all’assunzione del personale, fino alla gestione dei turni. Ma non solo.
“Nel periodo in cui è stato nominato direttore del negozio, le sue mansioni sono aumentate, fino a sostituire i lavoratori part-time che si assentavano improvvisamente, e non poteva più prendere ferie”, ha dichiarato la vedova dell’uomo. La coppia si era sposata nel marzo 2021 e, in un anno e quattro mesi, il marito aveva preso ferie raramente. Le regole del negozio prevedono almeno un giorno di riposo a settimana, ma un accordo separato permette in realtà di lavorare anche nei giorni festivi, senza limite massimo di giorni consecutivi.
L’uomo tornava spesso tardi a casa, continuava a ricevere telefonate di lavoro, dormiva solo due ore per notte e aveva cominciato a urlare nel sonno. Alla moglie diceva solo: “Sto bene”, ma aveva perso l’appetito e mostrava segni crescenti di disagio. “Era un uomo gentile e, anche quando le cose si facevano difficili, le accettava”, ha raccontato la moglie, che ha presentato richiesta di risarcimento, sostenendo che il marito avesse sviluppato un disturbo mentale per il sovraccarico di lavoro.
L’ufficio di ispezione degli standard del lavoro ha confermato che l’uomo aveva maturato una grave depressione poco prima del suicidio e che, nei sei mesi precedenti, non aveva preso nemmeno un giorno di ferie per “garantire il buon funzionamento del negozio 24 ore su 24, anche sostituendo altri dipendenti nei loro turni” e “assicurare che il negozio fosse fornito di personale, anche per il lavoro notturno”.
Il proprietario del negozio ha sostenuto che l’uomo avesse problemi non legati al lavoro, ma l’ufficio di ispezione ha alla fine stabilito che si trattava di un infortunio legato al lavoro e la famiglia, composta dalla moglie e tre figli, ora riceverà l’indennità prevista dall’assicurazione per gli infortuni sul lavoro.
La sede centrale di 7-Eleven, nonostante fosse a conoscenza del carico lavorativo dell’uomo, ha declinato ogni responsabilità, affermando che “il defunto ha stipulato un contratto di lavoro con il proprietario del negozio e quest’ultimo è pienamente responsabile del rispetto della legge sugli standard lavorativi e di altre leggi e regolamenti”, aggiungendo che è “fisicamente e oggettivamente impossibile controllare lo stato lavorativo di ogni singolo dipendente” nei circa 20mila negozi affiliati.
Kyoko Ota, l’avvocato della famiglia, ha osservato che la sede centrale avrebbe potuto monitorare la situazione e intervenire. “La sede centrale avrebbe potuto controllare se (il manager) lavorava ininterrottamente per lunghi periodi di tempo e chiedere al negozio in franchising di apportare miglioramenti”, ha detto. La vedova ha aggiunto: “Vorrei che la sede centrale facesse un lavoro migliore per istruire ed educare i suoi franchisee sul fatto che non è giusto che i lavoratori dei minimarket, anche quelli aperti 24 ore su 24, 7 giorni su 7, lavorino per sei mesi senza mai prendersi un giorno di riposo”.
Le condizioni di lavoro nei convenience store sono da tempo sotto osservazione. Un sondaggio del 2019 del ministero del Lavoro ha mostrato che quasi il 30% dei dipendenti lavora “quasi ogni giorno” e si sono già verificati diversi casi di morte per eccesso di lavoro.
Fonte : Asia