Solo nei primi due mesi dell’anno le richieste di allaccio di nuovi data center alla rete elettrica nazionale hanno aumentato di circa 8 gigawatt (GW) la domanda del settore in Italia. Per capire se sono tanti o pochi, basti pensare che secondo le proiezioni di Terna, la società che gestisce le reti, ogni scatto aggiuntivo di 10 GW aumenta del 20-25% il carico a livello nazionale. E il trend non è destinato a fermarsi. Ci sono contratti pronti all’allaccio per 700 megawatt (MW) e 7,5 GW in fase di valutazione, per progetti pianificati nell’arco dei prossimi 2-3 anni.
E quello dei consumi è solo un angolo dal quale guardare il boom dei data center in Italia, che oggi conta 184 impianti di questo tipo sul territorio. Ben lontani dai 1.053 su suolo inglese, dai 791 in Germania. Ma anche dai 544 nei Paesi Bassi, che, complici le ridotti dimensioni del paese, sono ancora più frequenti nel paesaggio. Tuttavia, negli ultimi sei mesi, anche nello Stivale si assiste a un’accelerazione. Per numero di impianti, taglia (aumentano quelli sopra i 200 MW, il 20% delle richieste di allaccio a Terna) e platea degli sviluppatori. Tanto che al ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit) si lavora a una strategia per mettere ordine sui progetti per nuovi data center.
Cosa c’è nella bozza di strategia
All’opera c’è la squadra dello sportello per l’attrazione degli investimenti esteri, che nelle ultime tre settimane ha iniziato a raccogliere una serie di informazioni per produrre poi un dossier da recapitare sulla scrivania del ministro, Adolfo Urso. Il gruppo ha bussato alla porta delle Regioni, per farsi indicare se ci sono zone che stanno andando in saturazione per numero di data center (come la Lombardia, dove si concentrano impianti per 23,3 GW di consumi sui 40 installati complessivamente lungo lo Stivale) o aree che intendono orientare a questi progetti.
Poi si è fatto consegnare alcune mappe, come quella della sismicità prodotta dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia o quella sull’irraggiamento solare annuo dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), per sovrapporle e creare una cartina dei territori più papabili per ospitare queste infrastrutture. Il team ha anche contattato il ministero dell’Economia e delle finanze (Mef), per vagliare strutture demaniali ormai abbandonate, come ex carceri o ex caserme, che potrebbero essere messe in vendita per la riconversione in data center.
Fonte : Wired