OpenAI raccoglie altri 40 miliardi di dollari: ora l’azienda ne vale 300

“Oggi annunciamo un nuovo finanziamento – 40 miliardi di dollari con una valutazione di 300 miliardi di dollari post-money – che ci permette di spingere ancora più in là le frontiere della ricerca sull’intelligenza artificiale, di scalare la nostra infrastruttura di calcolo e di fornire strumenti sempre più potenti ai 500 milioni di persone che usano ChatGPT ogni settimana”.

Chi ha partecipato al round di investimento

L’annuncio di OpenAI, azienda di San Francisco tra le più influenti nel business dell’intelligenza artificiale, conferma le voci che si rincorrevano da settimane sul nuovo round di investimenti guidato da SoftBank, una holding giapponese che controlla e investe in società tecnologiche a livello globale.

In particolare SoftBank – stando a quanto riporta Bloomberg – investirà immediatamente in OpenAI 7,5 miliardi di dollari insieme a 2,5 miliardi di dollari provenienti “da un consorzio di investitori”.

I rimanenti 30 miliardi di dollari (che prevedono un altro significativo contributo di SoftBank) arriveranno entro la fine dell’anno. Ma solo se OpenAI diventerà a tutti gli effetti un’azienda for-profit.

Al round da 40 miliardi di dollari – il più alto di sempre incassato da una società tech privata – hanno contribuito anche Microsoft, Coatue Management, Altimeter Capital, e Thrive Capital.

Microsoft resta il principale investitore di OpenAI, con un contributo che oggi supera ai 13 miliardi di dollari. Il colosso di Redmond ha versato il suo primo miliardo nelle casse di OpenAI nel 2019.

A cosa servono i miliardi raccolti da OpenAI

Il nuovo finanziamento segue di pochi mesi l’annuncio di Stargate, una partnership strategica da 500 miliardi di dollari promossa da OpenAI insieme a SoftBank, Oracle e al fondo sovrano MGX di Abu Dhabi, con l’obiettivo di realizzare nei prossimi quattro anni vasti data center dedicati all’intelligenza artificiale.

La fame di denaro di OpenAI, e in generale di tutte le aziende che sviluppano intelligenza artificiale, è determinata dall’enorme potenza di calcolo richiesta da questa tecnologia rivoluzionaria.

Per addestrare e gestire modelli complessi di IA – come quelli disponibili attraverso ChatGpt, il popolare chatbot creato da OpenAI – servono per esempio decine di migliaia di GPU, i processori di nuova generazione considerati il motore della moderna intelligenza artificiale.

Per esempio Mark Zuckerberg ha dichiarato che i nuovi modelli di IA di Meta, l’azienda di cui è amministratore delegato, vengono addestrati con oltre 100mila GPU Nvidia H100.

Centomila GPU Nvidia vengono impiegate anche da Elon Musk e dalla sua società xAI per sviluppare l’IA su cui si basa Grok, il chatbot integrato nella piattaforma social X.

Il ruolo chiave dei data center

Queste GPU, ammassate in supercomputer collegati alla rete, si trovano in enormi edifici industriali – noti come “data center” – la cui importanza è cruciale per il business di chi sviluppa modelli di IA ma anche per le big tech che offrono servizi cloud come Microsoft, Google e Amazon.

Se la richiesta di potenza di calcolo degli utenti è troppo alta, al punto da superare la capacità dei server a cui si affida un’azienda, qualsiasi servizio online può crollare.

Proprio ieri ChatGpt ha avuto difficoltà per almeno due ore a generare risposte, probabilmente a causa delle richieste elevate dei suoi utenti.

Il CEO Sam Altman, qualche giorno fa, aveva invitato chi usa ChaGpt a rallentare il ritmo di generazione delle immagini: “Le nostre GPU si stanno sciogliendo” ha scritto con tono scherzoso su X.

Sia l’acquisto delle GPU, sia la costruzione di nuovi data center (o l’ammodernamento di quelli esistenti), richiedono un grande quantità di denaro.

OpenAI spende più di 5,4 miliardi di dollari all’anno. L’azienda prevede che questa cifra toccherà 37,5 miliardi di dollari entro il 2029.

Fonte : Repubblica