A Fukushima continua lo sversamento dell’acqua radioattiva

L’incidente nucleare di Fukushima è stato uno dei più gravi della storia, unico – insieme a Chernobyl – ad aver raggiunto il massimo grado nella scala delle catastrofi nucleari. Provocò un morto accertato, 184mila evacuati, e l’accumulo di oltre 1,3 milioni di tonnellate di acqua radioattiva, utilizzata per raffreddare il reattore numero 1, andato incontro alla fusione del nocciolo dopo a una sequenza di errori, incidenti e circostanze sfortunate, mai del tutto chiariti. 

Il destino di queste acque reflue radioattive ha alimentato per anni il dibattito internazionale (e lo scetticismo nei confronti della sicurezza dell’energia nucleare), con il governo giapponese, supportato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea), deciso a sversarle in mare dopo averle sottoposte ad un processo di decontaminazione, e molte nazioni limitrofe contrarie al progetto, per timore di conseguenze ambientali e sulla salute delle comunità costiere. Nonostante le proteste, il programma è andato avanti, e gli ultimi risultati dei monitoraggi dell’Aiea sembrano dare ragione ai nipponici: per ora tutto procederebbe infatti per il meglio, senza aumenti significativi di radioattività lungo le coste di Fukushima, o altrove. 

Come annunciato dalla Tokyo Electric Power Company (Tepco) di recente si è infatti concluso l’11esimo ciclo di scarico delle acque reflue di Fukushima, il settimo e ultimo dell’anno fiscale 2024. Un processo seguito da vicino dagli osservatori dell’Aiea, che hanno monitorato le rilevazioni sul contenuto delle acque sversate in mare così come quelli sulle acque marine, e verificato il funzionamento di tutti gli apparecchi utilizzati, senza segnalare criticità o valori anomali. 

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Durante quest’ultimo ciclo, iniziato lo scorso dicembre, sono state versate in mare un totale di 7.800 tonnellate di acqua, da cui i processi di filtraggio utilizzati dalla Tepco rimuovono ben 62 radionuclidi pericolosi, non potendo eliminare però il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno che può risultare pericoloso per l’uomo e per le creature marine, quando presente in concentrazioni estremamente elevate.

Nei campioni analizzati, raccolti in mare in quattro siti posti a 3 e 10 chilometri di distanza dalla centrale, il trizio è risultato presente in quantità inferiori ai 350 becquerel (unità di misura dell’attività di un radionuclide), il limite di rilevazione delle strumentazioni utilizzate per il monitoraggio. E quindi molto al di sotto dei 1.500 becquerel fissati dall’Aiea come limite di sicurezza per la salute umana.

Dall’inizio del programma di smaltimento delle acque reflue di Fukushima, nel 2023, sono state sversate in mare circa 85.500 tonnellate di acqua. Una frazione del totale, visto che rimangono più di un milione e trecentomila tonnellate di acqua contaminata ancora conservate in oltre mille enormi serbatoi nei siti di stoccaggio della centrale. Nel 2025 comunque è prevista un’accelerazione del programma, con lo sversamento di altre 54.600 tonnellate di acqua radioattiva, in un programma di smaltimento che dovrebbe concludersi nell’arco di circa tre decenni.

Fonte : Today