Riscaldare case e uffici con il calore dell’acqua del sottosuolo. E pagare in bolletta soltanto le spese di gestione: una riduzione dei costi, rispetto alle fonti fossili, fino al 50 per cento. La temperatura sotto terra aumenta generalmente di tre gradi ogni cento metri di profondità. Ma l’Italia ha anche importanti zone vulcaniche, più o meno in attività. Dove l’acqua è comunque calda da milioni di anni. È il caso dei Colli Euganei, in Veneto, un’area attiva 30 milioni di anni fa. Di quel periodo di eruzioni oggi rimane un grappolo di colline isolate nel sud della provincia di Padova e una ragnatela di sorgenti termali, che finalmente verranno utilizzate per alimentare una rete di riscaldamento. Ecco come.
Il paese che ha vinto la scommessa sulle bollette
Un comune è in prima linea in questo progetto energetico: Montegrotto Terme, poco più di 11 mila abitanti (nella foto sotto da Tripadvisor, una piscina termale nel paese veneto). Questo anche grazie alla perseveranza dell’Università di Padova e di studiosi come il professor Michele De Carli che, insieme ad altri colleghi, ha dato la spinta a un’idea che tale era sempre rimasta. “Dal 2017 il comune di Montegrotto ha intrapreso un interessante progetto per recuperare il calore residuo contenuto nei reflui termali, da riutilizzare come fonte termica a basso costo per la climatizzazione invernale ed estiva – spiega De Carli a Today.it -. Si tratta di un esempio innovativo in Italia, che potrebbe precorrere altre iniziative mirate allo sfruttamento di una risorsa rinnovabile, la geotermia, molto diffusa quanto sottoutilizzata”.
“La prospettiva è quella di far pagare per sempre la stessa quota (tariffa flat), risparmiando sull’attuale bolletta del gas da un minimo del 13% fino ad addirittura ad arrivare a dimezzarla”, spiega Fausto Ferraresi, ingegnere ed ex presidente Airu, l’Associazione italiana riscaldamento urbano. Gli studi portati avanti dal gruppo di progetto, che coinvolge docenti e ricercatori dell’Università di Padova, mostrano che si può arrivare a un risparmio del 53% sulle bollette del gas, tenendo come parametro di calcolo il prezzo del gas del 2024.
Così spariranno caldaie e spese di manutenzione
Questo tipo di sistema farà non solo spendere negli anni molto meno, ma anche risparmiare i soldi per mettere a norma le case secondo la cosiddetta “direttiva green” della Ue, che vede come prima scadenza il 2030. Spiega l’ingegner Jacopo Vivian: “Con questo sistema di riscaldamento, che ha di fatto impatto zero sull’ambiente perché usa energia rinnovabile, non sarà più necessario fare tutti quegli interventi come il cambio degli infissi o il cappotto con isolamento del sottotetto, necessari per adeguarsi alla normativa europea emanata l’8 maggio 2024 e che dovrà essere recepita dall’Italia entro il 28 maggio 2026. Inoltre spariranno caldaie a gas e spese annue di manutenzione e controllo”.
Per rendere realtà questo progetto, servivano soldi. E l’intenzione di tutti coloro che si sono messi in moto per realizzarlo era quella di non coinvolgere multiutility o addirittura multinazionali. “A Larderello, in Toscana, perforando, quasi per caso perché cercavano altro in realtà, hanno trovato l’acqua a oltre 250 gradi e, visto che oltre i 120 gradi si riesce a produrre energia elettrica, hanno fatto delle centrali elettriche. Esiste un accordo generale sulla geotermia che prevede, tra le altre cose, l’erogazione di fondi ai Comuni della zona. La ricaduta positiva c’è, ma lì, essendoci di mezzo una multinazionale, i profitti veri li fanno gli azionisti con i dividendi. Il borgo di Larderello si trova sulle Colline Metallifere a 390 metri di altitudine, conta 900 abitanti e di fatto è in parte proprietà di Enel. In principio il nostro obiettivo, fin dai primi pionieristici studi, era rendere totalmente pubblico e autonomo il sistema”, spiega Giorgio Bassan, che segue passo dopo passo la realizzazione del progetto di teleriscaldamento.
Cosa fanno Germania e Francia con il calore naturale
Il sindaco di Montegrotto Terme, Riccardo Mortandello (foto sotto), nel suo primo mandato aveva bussato a diverse porte per finanziare il progetto. Ma, a parte i complimenti, altro non aveva raccolto. La svolta è arrivata nel suo secondo mandato con un bando del Pnrr che è stato visto come una possibilità per riuscire finalmente a trovare i soldi che servivano. Ottenuto quel finanziamento si è arrivati così a fare il bando e affidare i lavori alla ditta che dovrà occuparsi di portare, per poco più di due km, un tubo che consentirà a 19 edifici pubblici, condomini e un centinaio di case private il riscaldamento entro il prossimo marzo 2026.
“In Italia si investono duecento milioni di Pnrr, per questo tipo di tecnologie. Nel centro Europa, Repubblica Ceca, Austria, Germania e Francia, investono miliardi: 5.6 miliardi per la precisione, destinati a progetti che mirano a trovare acqua anche dove non c’è quella termale (progetto di decarbonizzazione con il teleriscaldamento – District Heating Decarbonization). Più si va in profondità più l’acqua aumenta il suo calore: tre gradi ogni cento metri. Quindi in realtà basterebbe scavare. Qui non serve neppure”, ci dice il sindaco, mostrandoci dove l’acqua calda utilizzata dagli alberghi sgorga nella sua cittadina.
Quando era vietato sfruttare gli scarichi delle terme
“Basta connettere l’acqua che altrimenti andrebbe persa”, ci dice Mortandello indicandoci i vapori che salgono verso l’alto. Lui, Bassan e i vari professori e ricercatori che studiano questo processo hanno viaggiato tantissimo in questi anni in Europa per vedere come funzionano altri progetti di geotermia e teleriscaldamento. “Tutte le città termali, potenzialmente, possono fare quello che stiamo facendo noi. Con le municipalità di Budapest e quella di Cracovia abbiamo già superato le preselezioni a un altro bando europeo, sempre per il teleriscaldamento. Per noi questo, che rimane un passaggio epocale, è comunque solo un primo passo. L’obiettivo è raggiungere tutte le abitazioni di Montegrotto Terme – afferma il sindaco -. Scavare, cercare ed eventualmente trovarla, l’acqua a una certa temperatura, ha costi elevati eppure ci sono Paesi dell’Ue che lo fanno. Noi ce l’abbiamo senza doverla neppure cercare. Per questo non penso che siamo stati bravi noi, ma che si è persa una grande opportunità prima”.
Da migliaia di anni le risorse geotermiche dei Colli Euganei sono utilizzate per scopi termali e terapeutici. Negli anni ‘50-’60 del Novecento, quando la zona ha avuto il suo primo momento di sviluppo col sorgere delle prime locande e poi dei primi alberghi, questi già davano l’opportunità alle case vicine di sfruttare la risorsa termale. Ma con lo sviluppo (industriale) del settore termale non si è più pensato a questo e anzi una legge regionale del 1989 vietava qualsiasi utilizzo dell’acqua termale che non fosse quello terapeutico. Oggi le cose sono cambiate, gli alberghi sono meno numerosi e le proprietà sono spesso rappresentate da fondi, soprattutto stranieri. E se prima il settore dava da lavorare a tantissime persone del posto, oggi non solo la maggior parte delle proprietà non sono più costituite da imprenditori del luogo, ma neppure i lavoratori lo sono. Destinare le acque reflue al riscaldamento di edifici pubblici, condomini e abitazioni private diventa anche un modo per restituire qualcosa al territorio.
Addio caldaie: gli altri comuni interessati al progetto
La questione energetica è molto dibattuta in Veneto e anche la Regione si è convinta che questa risorsa può essere utilizzata anche in un altro modo. Così ha deciso di dare la possibilità, in via ancora sperimentale, a tutti i comuni del comparto termale euganeo, di provare a utilizzarla allestendo reti per il teleriscaldamento attraverso le acque reflue degli hotel. Ognuno potenzialmente può scaldare centinaia di abitazioni. Nella sola Abano Terme, il comune più importante del comparto, sono una sessantina gli alberghi e di conseguenza il potenziale geotermico erogato supera di molto la quota necessaria per riscaldare tutte le abitazioni della città (20.000 abitanti – 6500 abitazioni). E il conto è presto fatto.
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Fonte : Today