Il giornalismo di inchiesta è a rischio sopravvivenza sotto Trump?

“Questa storia è emersa in un momento in cui gli americani erano già sopraffatti dall’assurdità della prima presidenza di Trump, tutto sembrava assurdo e impossibile. Poi, all’improvviso, spunta un’informatrice, una whistleblower, chiamata Reality Winner. E così l’attenzione, in modo sorprendente, si è concentrata sul suo nome. È entrata nella nostra coscienza e ne è uscita molto rapidamente, perché c’erano sempre nuove notizie”, spiega Kerry Howley, raggiunta da Wired Italia a Los Angeles: “Penso anche che il suo genere abbia avuto un ruolo. Snowden, in particolare, poteva essere ritratto come un genio dell’informatica che aveva violato il sistema. Ma con Reality, sia per i fatti in sé che per il suo genere, quel tipo di narrazione era più difficile. E poi c’è il fatto che la sua fuga di notizie era difficile da spiegare, persino oggi”.

Nel libro di Howley la storia di Reality Winner emerge per la sua forza narrativa, per le peculiari caratteristiche della whistleblower e le circostanze del suo arresto, ma serve anche da catalizzatore per altro: ovvero il tratteggiamento di un reticolo degli intrecci tra politica, guerre culturali, abusi giudiziari, informazione così centrale nella cultura contemporanea dell’America della prima amministrazione Trump e della nuova, appena iniziata. Ci sarà ancora spazio per il whistleblowing, un’istituzione così tanto statunitense, in un’America guidata da un presidente che sembra aver lanciato una “guerra contro i leaker”, come ha scritto Rolling Stone?

“Stiamo entrando in un territorio completamente sconosciuto per gli americani con questo periodo di autarchia. Quando una democrazia scivola nella dittatura? Qual è il momento in cui avviene questo passaggio? Penso che, in passato, ci fosse almeno una parvenza di rispetto del processo”, spiega Howley, “personalità politiche profondamente legate alle istituzioni, dicevano di sostenere i whistleblower, se questi seguivano i canali ufficiali. Ma in realtà c’era molta ipocrisia in questo, perché Snowden, ad esempio, non aveva davvero un processo legale da seguire. Il sistema era completamente corrotto e avrebbe subito ritorsioni. Ci sono innumerevoli esempi di persone che hanno provato a seguire la procedura ufficiale e sono state comunque punite. Ora, però, nessuno dirà più una cosa del genere, o forse sì, ma suonerà talmente assurdo che nessuno lo prenderà sul serio”. Eppure, secondo la giornalista, nonostante i palesi tentativi di chiudere completamente gli spazi per il whistleblowing azionando quanti più chilling effect possibili, sia legali che politici, il giornalismo potrebbe continuare a essere foraggiato da fughe di notizie, che potrebbero emergere come forma di reazione alle politiche di Trump.

Fonte : Wired