L’amore oltre le cose e le persone, oltre il materiale e l’immateriale di una vita in cui tutto si muove sulla superficie, distinguendo ciò che si vede da ciò che siamo. In una riflessione del genere si sviluppa Nonostante, il nuovo lungometraggio diretto da Valerio Mastandrea, il suo secondo (il primo di Mastandrea era stato Ride), in cui si torna al cinismo riflessivo in relazione al surreale, attraverso una creatività che riflette sull’umano, da cui si sviluppa e continua ad approfondirsi con una sensibilità del tutto particolare e personale. È proprio lo stile del lungometraggio a lasciare subito il segno e a coinvolgere in un racconto dalle mille letture e significati, con rimandi che vanno oltre le cose e gli atti al suo centro.
Nonostante è un film tanto asciutto, nel senso che va dritto per la sua strada senza prendere troppe deviazioni, quanto sfaccettato nel servirsi di un contesto narrativo complicato e delicato. Tutto torna alle specifiche e personali esperienze dei protagonisti coinvolti, alle loro intime interpretazioni di queste circostanze, che non necessitano di alcuna esplicazione, trovando la propria espressione proprio nell’individuo. Dal singolo, però, la pellicola di Mastandrea giunge ben presto all’universale, in un lavoro che resta delicato dall’inizio alla fine e, soprattutto, sincero. Disponibile nei cinema italiani dal 27 marzo, e in precedenza selezionato come film d’apertura della sezione Orizzonti all’ottantunesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Nonostante è un lungometraggio che parla di tante cose senza mai esagerare, rivolgendosi direttamente al pubblico con una storia che tocca in modi del tutto inattesi.
Attaccamento e rassegnazione
Al centro di Nonostante troviamo la particolarissima situazione di un uomo (interpretato dallo stesso Valerio Mastandrea) che si trova da tempo ricoverato in ospedale per ragioni che non vi anticipiamo. La sua routine ha trasceso le semplici letture del caso, portandolo a una sorta di ripetitività su misura, a un’esistenza in attesa, sospesa sul ciglio di un limbo impossibile da descrivere o definire in qualunque modo. Con lui, nella struttura ospedaliera, altri pazienti, anch’essi fermi, immobili nell’astratto di una pausa dal mondo complessa e intangibile.
Tutto si muove senza muoversi nei primi istanti di Nonostante e, in questa apparente immobilità, il semplice atto di vivere viene sospeso in cambio di un rifugio da ogni cosa. Nell’invisibilità di un coma che trascende la stessa sussistenza si sviluppa una situazione in cui il surreale diventa una connessione diretta con alcune delle domande più profonde della nostra vita, a contatto con la morte e la malattia.
La situazione, però, cambia quando nel reparto in cui si trova il nostro protagonista viene ricoverata una donna (Dolores Fonzi), che riaccende qualcosa in lui, plasmando la sua stessa paralisi e invisibilità verso derive che non si sarebbe mai aspettato, bloccato e ora propenso verso qualcosa di semplicissimo da leggere, ma complesso da capire. Tutto parte dalle persone e dall’attaccamento alle cose, dai legami e dalla forza, ipotetica e creativa, di un racconto che interroga innanzitutto i suoi spettatori sulla morte, sulla perdita e su quell’amore che rifugge ogni chiarimento e logica di sorta.
Cosa c’è oltre le cose e le persone?
Ciò che colpisce e lascia il segno di primo acchito, con Nonostante, è proprio questa impronta esistenzialista alla sua base, contaminata da una comicità amarissima che trova massima espressione proprio nella “maschera” dello stesso Mastandrea, qui perfettamente calato nel ruolo di un protagonista dai tratti autentici. Nella costruzione e caratterizzazione di un uomo fuggevole e indefinito, anche perché nel film non c’è troppo spazio per approfondimenti di questo tipo, si sviluppa la fascinazione per un lavoro sempre e comunque sopra le righe. Ecco che le riflessioni sulla vita incontrano un immaginario metaforico che sospende ogni cosa, risultando comunque fortemente attinente ad alcune letture della nostra stessa realtà.
Cosa succede quando “ce ne andiamo” dalla vita? Esiste una sorta di spirito oltre al corpo? È impossibile non porsi domande del genere durante la visione di Nonostante, benché il film concentri tutte le proprie energie nel raccontare soprattutto le vicende emotive dei suoi protagonisti. Il fatto di esporre l’amore attraverso un narrazione che pare attingere anche dal realismo magico in alcune sue cose, trasforma le letture più semplici, prendendo in esame l’umano nelle imperfezioni più intime.
Nonostante offre, quindi, parecchie considerazioni di riflesso ai suoi eventi principali, traendo dai propri spunti spiritualisti, forse non del tutto voluti, una poetica che oscilla continuamente tra l’ovvio di un amore già visto e alcuni momenti che restano impressi sia in termini di scrittura che di costruzione formale. Tante le ispirazioni ad arricchire un’esperienza che, come anticipavamo, non necessita di alcuna spiegazione diretta, trascinando in una storia capace di parlare da sé e di spingersi oltre i limiti del narrato.
Così tutto torna al singolo e ai suoi crucci, all’imperfezione di un umano che, seppur sospeso in una sorta di limbo esistenziale, resta sempre se stesso a contatto con il surreale. Nonostante prende il cinismo e la comicità di un protagonista poco coraggioso e li trasforma in una sorta di speranza o, comunque, di spinta verso qualcosa cui tutti potrebbero ambire in qualche modo.
Nel suo perseguire una visione del genere, però, la pellicola singhiozza in alcuni momenti, concentrando tutto sullo stesso protagonista, che a volte, purtroppo, finisce per adombrare gli altri volti di un cast interessante (con nomi del calibro di Laura Morante o Lino Musella) che avremmo voluto vedere e conoscere di più, specialmente alla luce di una visione più ampia della situazione surreale proposta.
Fonte : Everyeye