Telecomunicazioni, parola d’ordine: consolidare. Portando a 3 il numero degli operatori di Tlc in Italia. È questa la ricetta salvifica per riequilibrare il mercato, sostengono gli esperti e soprattutto i protagonisti della partita, alias gli operatori di telecomunicazioni. La fusione fra Fastweb e Vodafone porta a 4 il numero delle telco operative nel nostro Paese (erano 5, un unicum senza precedenti), al netto della quantità abnorme dei cosiddetti operatori virtuali che operano senza una propria infrastruttura di rete e che paradossalmente fanno capo anche alle big telco (Ho.Mobile a Vodafone, Kena a Tim, Very Mobile a WindTre): un meccanismo che ha contribuito a esacerbare la guerra dei prezzi e che ha fatto dell’Italia il paese con le tariffe praticamente più convenienti al mondo, una delizia per i consumatori e una croce pesante per le aziende che continuano ad arrancare sull’arpu (average revenue per user, i ricavi medi per utente). Stando a un’analisi di Standard & Poor’s Italia, Colombia e Cile sono i tre Paesi che non vantano “rivali” sul fronte degli effetti negativi sulla redditività dovuti al calo costante delle tariffe finali.
Destini incrociati per le telecomunicazioni in Italia
I riflettori sono puntati sul destino di Tim, Iliad e WindTre: chi dovrà sparire dal mercato? Iliad dopo averci provato con Vodafone – che ha poi ha optato per la liaison con Fastweb- è intenzionata ad avere un ruolo di protagonista indiscusso nella partita del consolidamento. Nel mirino c’è Tim, ed è l’unica opzione realmente praticabile: una fusione con WindTre è fuori discussione per diverse ragioni, non ultima quella antitrust.
Sul cammino dei francesi di Iliad – che intanto hanno archiviato il 2024 con numeri che la società considera “ da record” (i ricavi hanno superato il miliardo e l’ebitda si è attestato a 308 milioni, in crescita dell’8%) – non mancano però gli ostacoli: la discesa in campo di Poste nell’azionariato di Tim – la società guidata da Matteo Del Fante a febbraio è diventata azionista con 9,81% rilevando la quota da Cassa depositi e prestiti – ha sparigliato i progetti iniziali. Poste peraltro potrebbe salire ancora rilevando un ulteriore 10% dai francesi di Vivendi che nei giorni scorsi hanno ridotto la propria quota nel capitale della telco capitanata da Pietro Labriola dal 23,75% al 18,37%. Come si muoverà a questo punto Iliad? Davvero riuscirà a entrare nel risiko?
”Qualsiasi sia lo scenario noi siamo determinati a rimanere uno dei principali attori nel settore delle Tlc in Italia e vogliamo continuare a crescere”, ha dichiarato l’ad del gruppo Iliad, Thomas Reynaud. La questione è dirimente: l’asse Poste-Tim non consolida il mercato e se Iliad non troverà la quadra il mercato italiano è destinato a un pericoloso stallo. “Un deal con Iliad ha caratteristiche industriali, con Poste non c’è consolidamento”, ha detto nei giorni scorsi l’ad di Tim Pietro Labriola.
La guerra dei prezzi
Il tutto mentre la guerra dei prezzi non accenna a placarsi e dal mobile è passata anche al fisso con le offerte per la fibra in continuo ribasso per effetto anche in questo caso di una crescente pletora di “virtuali” con pacchetti che vanno a integrare servizi inediti, dall’energia alle assicurazioni. E c’è un’altra questione chiave: siamo sicuri che scendendo a 3 operatori infrastrutturati si invertirebbe la curva dei prezzi? Nel dibattito lo si dà per scontato ma niente lo è in uno scenario che si fa sempre più complesso dal punto di vista economico e geopolitico e che sta mutando velocemente pelle anche e soprattutto in considerazione dell’avvento delle costellazioni satellitari e dei relativi servizi di connettività veloce.
In un report a firma di Novaspace già si evincono i primi impatti frutto della progressiva diffusione dei servizi di Starlink di Elon Musk che stanno facendo scendere i prezzi per gigabyte. E si stima un ulteriore calo di qui ai prossimi anni. A fare la differenza nella competizione dunque non potranno essere le tariffe ma i servizi “a valore” di cui si discute da anni ma su cui va ancora assestato il tiro. Dall’Osservatorio trimestrale sull’Ict appena pubblicato da Anitec-Assinform emerge una diminuzione delle imprese di Tlc attive in Italia rispetto a un anno fa ma dopo anni di magra si assiste a un balzo dei servizi da Tlc, addirittura del 37,7% partendo dal 2020, l’anno del Covid.
Fonte : Wired