Anche LinkedIn ha ricevuto un avviso fiscale dall’Agenzia delle entrate italiana. La piattaforma di Microsoft dedicata al networking professionale, secondo l’agenzia stampa Reuters, si aggiungerebbe a Meta e X tra i colossi digitali coinvolti nella richiesta di versamento dell’Iva sui dati degli utenti, in un’indagine che potrebbe avere ripercussioni su scala europea.
Con questa, il fisco italiano avrebbe avanzato richieste per oltre un miliardo di euro: 887,6 milioni a Meta, 140 milioni a LinkedIn e 12,5 milioni a X, in una disputa che potrebbe ridefinire le regole fiscali per l’intero settore tecnologico. La partita è particolarmente delicata per LinkedIn, che con i suoi 20 milioni di annunci di lavoro pubblicati ogni giorno rappresenta ormai un’infrastruttura cruciale per il mercato del lavoro.
La questione dei dati personali
Al centro della controversia si troverebbe una interpretazione innovativa del concetto di transazione commerciale. Secondo l’Agenzia delle entrate, infatti, la registrazione di un account sui social network costituirebbe una vera e propria operazione di scambio: l’utente otterrebbe l’accesso alla piattaforma cedendo in cambio i propri dati personali, in quella che tecnicamente si configurerebbe come una transazione soggetta a Iva. Una impostazione che, qualora venisse confermata, potrebbe avere ripercussioni su numerosi settori dell’economia digitale, dalle compagnie aeree ai supermercati, fino agli editori che subordinino l’accesso ai propri servizi all’accettazione dei cookie di profilazione. Il valore dei dati personali è infatti diventato sempre più centrale nelle strategie di business delle grandi piattaforme tecnologiche, che li utilizzerebbero per profilare gli utenti e personalizzare la pubblicità.
Da quanto emerso le contestazioni alle tre compagnie si riferirebbero a un periodo che va dal 2015-2016 al 2021-2022, ma gli avvisi di accertamento ora notificati riguarderebbero solo gli anni 2015 e 2016, per i quali il termine per gli accertamenti fiscali sarebbe prossimo alla scadenza. Secondo Reuters, Meta aveva già espresso il proprio disaccordo, ribadendo di aver collaborato pienamente con le autorità ma contestando l’idea che fornire accesso alle piattaforme online debba essere soggetto all’Iva. LinkedIn ha preferito non rilasciare dichiarazioni, mentre X non ha risposto alle richieste di commento.
Le possibili conseguenze per Linkedin e gli altri social network
La vertenza segna una svolta anche nei rapporti tra il fisco italiano e i colossi digitali. Finora questi contenziosi si erano sempre risolti con accordi preventivi, come dimostra il caso di Google che a febbraio ha concordato il pagamento di 326 milioni di euro per chiudere una controversia relativa al periodo 2015-2019. Questa volta, invece, il fisco è arrivato alla notifica formale dell’accertamento, aprendo una fase completamente nuova nel confronto con i giganti digitali. La particolarità del caso attuale risiederebbe proprio nella natura della contestazione, che non riguarderebbe tanto l’elusione fiscale quanto la definizione stessa di transazione commerciale nell’era digitale. Le società hanno davanti due mesi per decidere come muoversi, con la possibilità di ottenere altri trenta giorni se chiederanno una conciliazione al Fisco. Le strade possibili sono tre: accettare l’accertamento e pagare quanto richiesto, affrontare una lunga battaglia nelle aule dei tribunali che potrebbe protrarsi per un decennio attraverso i tre gradi di giudizio previsti dal sistema italiano, oppure attendere un possibile ripensamento dell’amministrazione finanziaria per ragioni tecniche o politiche.
Sembra ormai chiaro che le implicazioni di questo scontro vanno ben oltre il caso italiano, considerando che l’Iva segue regole comuni in tutta l’Unione europea. Una via d’uscita potrebbe essere quella di un accordo parziale: le aziende pagherebbero una prima tranche mentre il nodo centrale della questione verrebbe sottoposto al vaglio della Commissione europea, congelando temporaneamente il contenzioso. Una mossa che permetterebbe all’Italia di allinearsi con gli altri paesi europei, elemento non trascurabile viste le già complesse relazioni commerciali tra Bruxelles e l’amministrazione Trump. Dal verdetto finale dipenderà non solo il futuro dei social network, ma l’assetto dell’intero mercato digitale continentale.
Fonte : Wired