I controlli dell’Inps sui requisiti e le soglie di reddito per l’assegno di inclusione: chi può perdere i soldi

Oggi, giovedì 27 marzo, è la data di pagamento comunicata dall’Inps per chi percepisce già l’assegno di inclusione ed è in regola con i requisiti previsti. Chi invece ha presentato una nuova domanda per la misura di sostegno economico, dopo l’ok entro fine mese dovrà aspettare martedì 15 aprile per ricevere il primo accredito. Va da sé che se la domanda è stata presentata il mese scorso i soldi sono stati erogati già il 15 marzo. A patto che l’istruttoria abbia avuto un esito positivo.

Attenzione ai controlli, perché in vista dei pagamenti del contributo per questo mese di marzo, l’Inps ha avviato verifiche mirate per i nuclei beneficiari. L’obiettivo della procedura è accertare il possesso dei requisiti a partire dalle soglie di reddito, mobiliare e immobiliare, modificate dall’ultima legge di bilancio. Ma andiamo con ordine.

Come funziona l’assegno di inclusione

Introdotto nel gennaio 2024 dal decreto legge numero 48/2023 in sostituzione del reddito di cittadinanza, l’assegno di inclusione (Adi) è un contributo mensile destinato ai nuclei in difficoltà economica. L’erogazione dell’assegno si lega all’adesione ad un percorso personalizzato di “attivazione sociale e lavorativa”. A poter fare domanda per il sussidio sono i nuclei familiari residenti in Italia in cui siano presenti persone con disabilità, minorenni, over 60 anni, oppure persone in condizione di svantaggio inserite in programmi di cura e assistenza dei servizi socio-sanitari territoriali validati dalla pubblica amministrazione.

I limiti Isee e gli importi

Oltre ai requisiti soggettivi, l’Inps valuta la condizione economica del nucleo familiare misurata dall’Isee, che per quest’anno non può superare i 10.140 euro annui (780 in più del limite di 9.360 euro del 2024). Nel caso di nuclei familiari con minorenni, va calcolato l’Isee della tipologia “minori”. La soglia del reddito familiare per l’accesso alla misura sale a 6.500 euro (prima era 6.000), moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza, fino a un massimo complessivo di 2.2, elevato a 2.3 in presenza di componenti in condizione di disabilità grave o non autosufficienza.

Sale invece a 8.190 euro (prima era 7.560) per il nucleo familiare composto da persone tutte di età pari o superiore a 67 anni, o da persone di età pari o superiore a 67 anni e da altri familiari tutti in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza, moltiplicati sempre per il corrispondente parametro della scala di equivalenza.

E gli importi? Ad incidere sull’entità dell’assegno di inclusione concorrono fattori come la composizione del nucleo familiare, la situazione abitativa e il reddito disponibile. Per i nuclei familiari senza componenti minorenni o over 60, la quota massima arriva a 500 euro, quota che sale a 630 per i nuclei familiari con componenti disabili o di età superiore a 67 anni. In caso di affitto, scatta un ulteriore contributo fino a 280 euro al mese.

I controlli di marzo: i casi di sospensione o decadenza

Come detto all’inizio, marzo 2025 è il mese in cui l’Inps verifica le eventuali modifiche ai requisiti per poter ricevere l’assegno di inclusione. A determinare un possibile stop al pagamento è in primo luogo il mancato aggiornamento dell’Isee, necessario per misurare il reddito per l’anno corrente. Non solo. Ulteriori modifiche che possono alterare l’ottenimento dell’Adi riguardano le dimissioni volontarie dal lavoro inviate nel mese precedente da uno o più membri del nucleo familiare. In questo caso, il contributo decade per l’intero nucleo. A determinare modifiche sono poi eventuali altre indennità erogate dall’Inps, come la pensione di invalidità oppure l’avvio di un nuovo lavoro.

Il mancato aggiornamento dell’Isee comporta la sospensione del pagamento (che sarà possibile recuperare nei mesi successivi). Una volta che l’attestazione 2025 verrà rilasciata, l’assegno riprenderà regolarmente insieme ad eventuali arretrati. In caso di superamento della soglia reddituale, invece, il bonus decade. Per ottenere l’Isee bisogna innanzitutto compilare la Dsu (la dichiarazione sostitutiva unica), dove sono inserite tutte le informazioni fondamentali di un nucleo familiare, da quelle anagrafiche a quelle reddituali. Per la Dsu servirà dunque avere il modello 730 oppure il modello redditi 2024, e per i dipendenti o pensionati i modelli Cud 2024, riferiti ai redditi del 2023. Se nel nucleo familiare sono presenti persone invalide servirà anche presentare il certificato di invalidità, insieme alle eventuali spese pagate per il ricovero in strutture residenziali, oppure per l’assistenza personale.

Durante le verifiche, l’Inps esamina la situazione economica del nucleo familiare alla data del 28 febbraio 2025. Una volta completati i controlli, l’istituto rilascia un avviso direttamente sulla pagina dell’area personale MyInps. A conclusione dell’iter, l’Inps dà il via libera al pagamento a Poste italiane, cui spetta la ricarica delle carte Adi. Per il mese di marzo le tempistiche ricalcano quelle attuate in passato: salvo decadenza o sospensioni, dalla consegna delle carte – avvenuta il 15 marzo scorso – sono necessari dodici giorni per vedere la ricarica da parte di Poste italiane.

Le date di pagamento da marzo in poi

In basso il calendario completo dei pagamenti dell’Adi per chi è in regola con la domanda. 

  • giovedì 27 marzo;
  • sabato 26 aprile;
  • martedì 27 maggio;
  • venerdì 27 giugno;
  • lunedì 28 luglio;
  • mercoledì 27 agosto;
  • sabato 27 settembre;
  • lunedì 27 ottobre;
  • giovedì 27 novembre;
  • sabato 20 dicembre.

Dal reddito di cittadinanza a quello di inclusione: 850mila famiglie più povere

L’assegno di inclusione è tornato di recente sotto i riflettori, dopo che un report dell’Istat ha certificato che il passaggio dal reddito di cittadinanza all’Adi ha reso più povere le famiglie italiane che ne usufruivano. Stando allo studio, l’addio alla riforma-bandiera del Movimento 5 stelle ha comportato un peggioramento dei redditi disponibili per circa 850mila famiglie (3,2% di quelle residenti). Per circa 400mila famiglie la rivoluzione non ha provocato una variazione del proprio reddito, perché continuano a ricevere lo stesso importo, mentre per un piccolo gruppo (circa 100mila famiglie) il passaggio ha comportato anche un beneficio di circa 1.200 euro.

Il motivo, ha chiarito l’Istat, “deriva dal diverso trattamento dei componenti con disabilità insito nel metodo di calcolo della scala di equivalenza” dell’assegno di inclusione, rispetto a quella del reddito di cittadinanza.
 

Fonte : Today