Pretty Woman, perché il film rimane un mito nonostante tutto

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Il risultato finale sarà un film che entrerà nel cuore di un’intera generazione di spettatori, saprà definire di principi cardine del genere rom-com che poi faranno la fortuna di tanti altri epigoni negli anni ’90 e fino ai nostri giorni. Richard Gere viene selezionato dopo che attori del calibro di Al Pacino, Daniel Day-Lewis, Denzel Washington hanno rifiutato tutti la parte di Edward Lewis, multimiliardario, elegante, di successo, concentrato sul guadagno e la vittoria. Scelta perfetta perché Richard Gere, all’epoca sex symbol assoluto, era già stato un personaggio simbolo della deriva edonista e consumistica nel mitico American Gigolò di Paul Schrader. Inutile dire che qui invece il suo personaggio ricalchi maggiormente lo stereotipo del broker, lo squalo dell’alta finanza, simbolo di quel mito yuppie che l’altra faccia degli anni ‘80 americani. Si sono appena conclusi certo, ma i suoi miti perdurano, anche grazie a pellicole come Wall Street di Oliver Stone.

Era invece molto meno sconosciuta Julia Roberts, per quanto reduce da una candidatura ai Golden Globes per Fiori d’acciaio, ma nomi del calibro di Karen Allen, Meg Ryan e Michelle Pfeiffer rifiutarono la parte di Vivian. Già a livello produttivo, nel fidarsi e affidarsi completamente al divo maschile, con il volto femminile che non è reputato così importante, Pretty Woman mostra immediatamente le carte di una storia che, diciamocelo schiettamente, è quanto di più prevedibile, scontato e stereotipato si possa concepire. Il miliardario che casualmente incrocia una giovane prostituta, la recluta, ne rimane abbagliato dall’energia, da una certa sfrontatezza, lei che improvvisamente (tu guarda che coincidenza) se ne innamora. Il loro sarà sempre un corteggiamento materialistico, fatto di ricevimenti esclusivi, hotel di lusso, shopping, così come di posizionamento sociale e della volontà di ingannare se stessi e gli altri.

Dietro lo zucchero, una visione orribile del rapporto tra sessi

A 35 anni di distanza Pretty Woman continua a parlarci di un riscatto che arriva per Vivian non con una diversa concezione di sé stessa, la volontà di emanciparsi, di andare oltre quell’esistenza che divide insieme alla sua amica Kit (una bravissima Laura San Giacomo). Tutto invece passa attraverso i soldi di lui, una posizione subalterna verso un uomo sì affascinante e attraente, ma che definire ipocrita è anche di riduttivo. Edward a mano a mano che sviluppa dei sentimenti per lei, contemporaneamente le ricorda continuamente che lei è una prostituta, la sua vita è degradante e che lui, in fondo in fondo, le sta facendo un favore. Tutto questo però, viene completamente soffocato non solo dal glamour, dall’atmosfera sognante, ma soprattutto dalla chimica a dir poco straordinaria tra Richard Gere e Julia Roberts. Assieme, riescono a rendere credibili e interessanti due personaggi piattissimi, armati di dialoghi in teoria assolutamente banali.

Fonte : Wired