Future Urban Trends: le città come laboratori del futuro

La città come terreno di sperimentazione, punto di incontro e convivenza tra tecnologie ed esseri umani, luoghi dove immaginare e dare forma al futuro. Parte da questi stimoli Future Urban Trends, l’evento che racconta come le nuove tecnologie e l’innovazione trasformano le sfide urbane in opportunità.

Stratosferica ha portato alle OGR Tech quattro keynote speaker, quattro visionari molto concreti, che hanno condiviso i loro sguardi, le loro esperienze, i loro progetti di oggi per le città di domani. “Non proponiamo progetti futuribili, cerchiamo di essere pratici e pragmatici – sottolinea Luca Ballarini, presidente di Stratosferica –. Sono progetti testati, che si possono realizzare, oggi”.

Dalle case che si montano seguendo istruzioni semplici come quelle per i mobili dell’Ikea, ai tapis roulant super veloci che si assemblano come i Lego, da comunità Off-Grid progettabili grazie a un software che riscrive le regole dell’urbanistica, alla mobilità efficiente attraverso l’uso dei dati e della mappatura strategica.

Come funghi

In collegamento dalla Silicon Valley, ad aprire la giornata è James Erlich, fondatore di ReGen Villages. Dopo essersi trasferito da New York a San Francisco, vivendo a nord del Golden Gate Bridge, in una comunità semi-rurale, Erlich si è avvicinato al mondo della permacultura e si è appassionato a questo concetto di progettazione sistemica integrata. Il risultato? “Il nucleo del software VillageOS è basato su quelli che vengono chiamati ‘network miceliali’ – racconta –. Si tratta di reti di funghi che possono estendersi per 30-40 chilometri di raggio come un unico organismo. Potremmo considerarli come il libro mastro crittografico originale della Terra, una rete di scambio basata su domanda e offerta”. Erlich ha usato questo modello per cercare di democratizzare il processo di pianificazione urbana.

Per raccontare il funzionamento di Village OS, ha portato un esempio concreto, relativo a un progetto in Arabia Saudita. “Il primo passo nel nostro software è caricare i dati catastali della proprietà. Poi, attraverso un’API aperta che abbiamo sviluppato, raccogliamo tutte le informazioni disponibili su quella terra: topografia, habitat protetto, umidità, ore di luce solare. A questo punto si introducono alcune variabili essenziali: mobilità, acqua, approvvigionamento del cibo. Infine, grazie all’IA generativa, possiamo creare simulazioni realistiche della vita quotidiana in queste aree”. Così è possibile progettare una comunità da zero, creare un ecosistema efficiente per accoglierla e studiarne il possibile sviluppo. “Il software VillageOS non si limita alla fase di progettazione: una volta che la comunità è costruita, continua a funzionare come sistema di gestione intelligente, sfruttando l’edge AI e la robotica per ottimizzare la manutenzione e i servizi”.

Progettare con i dati

I dati e il loro uso efficace sono al centro di Modality, soluzione Made in France per la mobilità urbana, raccontata dalla Ceo Caroline Goulard. “La mobilità del futuro non sono le macchine volanti e nemmeno l’elettrico – esordisce -. Il futuro della mobilità urbana è l’intermodalità. La sfida è renderla efficiente”. La difficoltà principale è far dialogare i diversi mezzi di mobilità di una città, dal bike sharing agli autobus, ai treni. Modality permette di gestire al meglio i dati esistenti, cambiando l’approccio nell’interrogarli. “Proviamo a chiederci: quanto tempo ci metto a raggiungere il trasporto pubblico più vicino, nei diversi momenti della giornata e della settimana? E quanti cittadini riescono a raggiungere un mezzo di trasporto pubblico in tempi sensati?”. Attraverso cruscotti di facile consultazione, si riescono a misurare numeri e tempi della mobilità urbana e questo permette di capire in quali zone intervenire e verso quali direttrici. È anche possibile creare una popolazione sintetica che replica quella reale sul territorio, per simulare spostamenti probabilistici, e creare un gemello digitale della mobilità urbana. “Anche in questo caso la sfida è stata come visualizzare questi movimenti in maniera efficiente – evidenzia Goulard –. Una mappa interattiva permette di interrogare le diverse aree e ottenere risposte chiare e immediate”. Con Modality si può simulare la situazione dei trasporti di qualsiasi città europea. Per la Goulard, “i software per l’elaborazione dei dati sono una buona soluzione, ma testare è meglio. Quando è possibile, è sempre meglio testare una soluzione, osservare il risultato e raccogliere i feedback dei cittadini”.

Il marciapiedi che si muove

Sempre in tema di mobilità, Beltways punta l’attenzione sulle brevi distanze. Restando sul tema dell’intermodalità, una soluzione per raggiungere velocemente la fermata più vicina potrebbero essere le passerelle mobili. È questa l’idea dei fratelli Matine e John Yuksel. Che hanno anche costruito un primo prototipo, utile a dimostrare che è possibile e sicuro, viaggiare su una passerella mobile a 16 chilometri all’ora. Per vederlo sui marciapiedi delle nostre città dovremo aspettare ancora, il primo obiettivo è conquistare gli aeroporti: “Vogliamo sostituire i vecchi tapis roulant che vanno più lenti di un pedone, ma anche i treni interni che collegano i diversi terminal. Siamo più rapidi da installare, più economici e più efficienti”. Il traguardo successivo sarà arrivare nelle città, per coprire le brevi distanze: “Io non credo che dovremmo avere autobus cittadini che si fermano a ogni isolato. Dovrebbero servire per collegare la città alle periferie, lasciando alle passerelle mobili il compito di coprire i brevi tragitti urbani”.

Le case

Un tassello fondamentale per la città sono le abitazioni che, per come le conosciamo oggi, secondo Alastair Parvin, hanno fatto il loro tempo. “Gli edifici di oggi hanno prestazioni straordinariamente scarse. In Europa, gli edifici sono responsabili di circa un quarto delle nostre emissioni totali. L’edilizia è il principale consumatore di materie prime ed è la principale fonte di rifiuti”. L’alternativa? Usare materiali di origine biologica, “cioè materiali che vengono coltivati e non estratti dal terreno – spiega Parvin –. Significa ricorrere alla prefabbricazione, come accade con la maggior parte degli oggetti che usiamo nella nostra vita, che vengono prodotti in parte altrove”. I maker insegnano: invece di enormi fabbriche centralizzate, è possibile ricorrere a piccole imprese locali, micro-fabbriche che, collettivamente, contribuiscono a una grande capacità produttiva. “Per farlo serve un sistema operativo comune, con schemi e modelli condivisi – chiosa Parvin –. Questo, in sintesi, è Wikihouse. Si tratta di un modo per progettare e condividere edifici in modo iterativo, come se fossero codice. Ispirandoci al movimento open source nel software, abbiamo applicato lo stesso principio all’hardware, combinandolo con la fabbricazione digitale”. Diventa così possibile produrre pezzi con estrema precisione usando materiali locali. Pezzi che si possono assemblare come blocchi Lego, seguendo istruzioni semplici, su manuali di montaggio in stile Ikea. “Può sembrare un concetto radicale, ma non lo è. In fondo nessuno possiede il brevetto del mattone, se così fosse stato, il mattone non sarebbe mai diventato lo standard che conosciamo oggi – conclude Parvin –. Ora è il momento di cambiare e l’unico modo per cambiare è costruire un nuovo modello che renda obsoleto quello esistente. Con Wikihouse siamo finalmente vicini a quel punto di svolta”.

E l’Italia?

Spostando l’attenzione dalle città al tema dell’innovazione a 360 gradi, il panel “Game Changers & Innovators” ha offerto uno sguardo sulla situazione italiana. È merso chiaro che l’innovazione può germogliare ovunque, anche dove meno ce la si aspetta, come raccontato da Fabrizio Capobianco, Chief Innovation Officer di Minerva e Partner di Liquid Factory, che ha fissato la sua sede operativa in Valtellina, “Perché la Silicon Valley è uno stato della mente e si può fare ovunque”

Da Torino, Davide Canavesio, Presidente OGR Torino e del Comitato Innovation Mile, ha portato l’esempio del Miglio dell’Innovazione, che attraversa il centro cittadino, connettendo più di 30 luoghi dell’innovazione. “Come in un’assemblea di condominio, serve mettere assieme le diverse istanze per fare sistema”, scherza, ma non troppo, Canavesio. In questo modo, Torino può imporsi come luogo perfetto per testare in modo concreto ed efficace i propri progetti, come auspicato da Marco Gay, presidente Unione Industriali Torino.

Proprio lungo l’Innovation Mile ha sede l’Intesa San Paolo Innovation Center, rappresentato da Marianna Ronzoni, Head of Startup Evaluation and Acceleration, e Liftt (di stanza alle Ogr Tech), società di venture capital presieduta dall’imprenditore Stefano Buono, che vanta 55 progetti in portfolio, come ricordato da Alice Mariotti, Head of Communication & Investor relations. E non poteva mancare l’Intelligenza Artificiale, con Fiorenza Succu, Head of Business Development, che ha riassunto l’attività di AI4I, the Italian Institute of Artificial Intelligence for Industry, con sede alle Ogr. Un panel ricco e sfaccettato, che fa guardare al futuro tecnologico e digitale del Paese con ottimismo. Anche se, come ha ribadito in chiusura Vittorio di Tomaso, managing director di Maize, non ci si può sedere sugli allori, perché “il momento in cui la fantascienza diventa realtà è sempre più vicino”.

Fonte : Repubblica