Alzheimer, un farmaco sperimentale ritarda (anche di molti anni) la comparsa dei sintomi

Il morbo di Alzheimer è la forma di demenza più diffusa al mondo, e si prevede che entro il 2050 colpirà il triplo delle persone. Un trend in crescita a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. Nella stragrande maggioranza dei casi l’Alzheimer non è ereditario, tuttavia, esistono anche forme familiari che riguardano l’1-5 per cento dei pazienti e in genere compaiono più precocemente (tra i 30 e i 40 anni). Queste sono legate alla mutazione di tre geni, chiamati APP, Psen1 e Psen2, e si trasmettono con una modalità detta “autosomica dominante”: basta una sola copia mutata del gene a causare la malattia, ed un genitore con una di queste mutazioni ha il 50 per cento di probabilità di trasmetterla a ciascuno dei propri figli, indipendentemente dal sesso.

Sebbene le cause non siano ancora chiare, l’Alzheimer sembra essere legato all’accumulo di proteine tossiche, la beta-amiloide e la tau, nel cervello e che formano placche che danneggiano le sinapsi e causano la morte dei neuroni cerebrali. Un nuovo studio fornisce nuove prove a supporto di questa ipotesi, dimostrando come la rimozione di queste placche molti anni prima della comparsa dei sintomi potrebbe ritardare l’esordio della demenza. I ricercatori della Knight Family Dominantly Inherited Alzheimer Network-Trials Unit (DIAN-TU), presso la Scuola di Medicina di St. Louis dell’Università di Washington, hanno testato un farmaco sperimentale, che degrada le placche di proteina beta-amiloide nel cervello, e visto che è in grado di rimandare l’avvio dei sintomi della malattia di Alzheimer nelle persone destinate a sviluppare forme precoci di questa demenza. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati su The Lancet Neurology.

Lo studio

I ricercatori hanno reclutato 73 pazienti che avevano ereditato il gene difettoso PSEN2, e si trovavano da 15 anni prima a 10 anni dopo l’età in cui, in base alla storia familiare, ci si sarebbe aspettati il loro esordio di malattia di Alzheimer. Le persone con questo gene sviluppano livelli eccessivi di proteine amiloidi, che quasi sempre causano l’Alzheimer. Alcuni partecipanti non avevano problemi cognitivi, altri presentavano un declino cognitivo molto lieve (un precursore della demenza). A ciascuno di loro è stato somministrato gantenerumab, un farmaco anticorpale monoclonale, sviluppato dalle aziende biotech Roche e Genentech, che attacca le proteine amiloidi nel cervello. I farmaci a base di anticorpi monoclonali hanno lo scopo di imitare gli anticorpi naturali dell’organismo che combattono le malattie e di stimolare il sistema immunitario ad attaccare invasori estranei come l’amiloide. 

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Il farmaco ha dimezzato la probabilità di ammalarsi

In questo nuovo studio, ricercatori hanno scoperto che la rimozione delle placche amiloidi anni prima della comparsa dei sintomi è sembrata ritardare la comparsa della sintomatologia e la progressione della demenza. Tuttavia, i risultati sono stati statisticamente significativi soltanto per il sottogruppo di 22 pazienti che non avevano problemi cognitivi all’inizio della sperimentazione e che hanno ricevuto il farmaco per 8 anni (il periodo più prolungato). In queste persone il farmaco ha dimezzato la probabilità di ammalarsi, sebbene questa percentuale di efficacia potrebbe variare col tempo. Alcuni di questi pazienti potrebbero infatti sviluppare sintomi più avanti, mentre altri potrebbero rimanere senza sintomi ancora per molto tempo rispetto all’età di esordio stimata.

“Tutti i partecipanti a questo studio erano destinati a sviluppare la malattia di Alzheimer, ma alcuni di loro non l’hanno ancora fatto – ha detto il dottor Randall J Bateman, autore principale dello studio -. Non sappiamo ancora per quanto tempo rimarranno asintomatici: forse qualche anno o forse decenni. Quello che sappiamo è che è possibile almeno ritardare l’insorgenza dei sintomi del morbo di Alzheimer e regalare alle persone più anni di vita in salute”.

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I farmaci anti-amiloide efficaci anche nelle forme non familiari

Sebbene lo studio sia stato limitato alle persone affette da forme genetiche di Alzheimer, gli autori ritengono che i risultati potrebbero spingere la ricerca a testare i farmaci anti-amilode anche per ritardare i sintomi nelle forme non familiari. D’altronde sia l’Alzheimer precoce che quello tardivo hanno origine da un lento accumulo di amiloide nel cervello che inizia ben due decenni prima della comparsa dei sintomi. 

“Sebbene il gantenerumab non sia più in fase di sviluppo (poichè in studi precedenti il farmaco aveva prodotto risultati contrastanti, Hoffmann-La Roche avevano deciso di interromperne la sperimentazione nel 2023) – ha affermato il dott. Bateman – numerosi altri farmaci anti-amiloide possono essere utilizzati in studi futuri. Molti sono in fase di valutazione come farmaci preventivi per la malattia di Alzheimer, altri già sono stati approvati (come il lecanemab)”. “Sono molto ottimista – ha concluso Bateman -, poiché questa potrebbe essere la prima prova clinica di quella che diventerà una prevenzione per le persone a rischio di Alzheimer. Un giorno non lontano potremmo ritardare l’insorgenza del morbo di Alzheimer per milioni di persone”.

Fonte : Today