Volevo essere un Duro è il nuovo progetto artistico di Lucio Corsi. E’ un disco, il suo quarto, che parla della sua infanzia che può essere anche quella di altri. Per Lucio, che molti hanno scoperto all’ultimo Festival di Sanremo (GUARDA LO SPECIALE) ma che ha già una storia artistica importante, reinventarsi il passato in musica è bello “perché nel passato ci sei già stato ma qui ci sorprendiamo ancora”. Le canzoni parlano di amicizia, amori, storie e sono popolate da tanti personaggi “alcuni credo che siano immaginari o forse no. Ho lavorato sulla forma di narrazione dei personaggi che è particolare poichè oggi si parla più di stati d’animo”. Volevo essere un duro è uscito per Sugar Music, la principale etichetta indipendente in Italia, guidata da Filippo Sugar. Dal 13 al 17 maggio rappresenterà l’Italia a Eurovision; il tour nei club parte il 10 aprile da Perugia mentre quello estivo il 12 giugno da Mestre. Grande attessa per i due live negli Ippodromi: a Roma il 21 giugno e a Milano il 7 settembre.
Lucio sei andato a Sanremo con Volevo Essere un Duro: visto come ti è cambiata la vita vorresti esserlo un po’ di più?
Questo momento della mia vita lo sto vivendo bene e sono felice, ho intorno i ragazzi che suonano con me da una vita e, se serve, ci teniamo i piedi per terra a vicenda. Veniamo da una zona dove gli alberi nascono, crescono e poi si scavano la fossa e restano lì. Non mi serviva una corazza maggiore, l’importante è restare concentrati sulla musica.
Le tue canzoni sembrano romanzi brevi: dove cogli l’ispirazione?
Sono le storie che ascolto o mi raccontano, sono i paesaggi che vedo: tutto può essere ispirazione. Io amo i quadri di Antonio Ligabue, lui che andava in giro in moto col quadro appena dipinto sulle spalle per farlo vedere ai suoi compaesani. Lui mai ha visto una tigre eppure ne ha dipinto l’essenza.
Alcune tue canzoni avrebbero bisogno di spiegazioni.
Trovo del fascino in chi trova qualcosa nelle canzoni e nell’arte senza avere delle spiegazioni, anche io dico così, che dovrei tacere, poi come vedi mi contraddico e racconto.
Sei pronto per l’Eurovision? Come stai vivendo l’attesa?
Sapevamo che era una opzione ed eravamo pronti ad andare. Andiamo con lo stesso spirito con cui siamo andati a Sanremo, senza fronzoli né fuochi d’artificio. Non cambio la canzone, lo spettacolo lo stiamo impostando. Ripeto, sarà in linea con quello che ho fatto a Sanremo, forse ci sarà una armonica in più. Vado con Tommaso e forse con Francis, il mio amico fotografo protagonista della canzone Francis Delacroix.
Vai senza Topo Gigio?
E’ impegnato, ha un mucchio di cose da fare.
Cosa mi anticipi del tour?
Parte il 10 aprile da Perugia e saremo in sette sul palco con tante chitarre. Se io vado a un concerto voglio vedere qualcosa di diverso dall’album e dunque io voglio le mie “spie” e se fischiano mi invento qualcosa. Spero di continuare anche dopo l’estate. I due Ippodromi, a Roma il 21 giugno e a Milano il 7 settembre, avranno una formazione allargata con fiati, cori e percussioni. Comunque saranno tutti concerti rock’n’roll.
Nei tuoi testi appaiono spesso i concetti di noia e pace: quale è il confine?
La differenza è sottile, in provincia si respira quella pace che spesso è noia e viceversa. Ritengo una fortuna essere cresciuto in campagna, in provincia di Grosseto. Dalla noia non si fugge, devi dialogarci. Come è difficile avere una relazione col silenzio, e in campagna c’è quello vero, perché fa uscire i pensieri.
A proposito di campagna, a Milano abiti nella zona di Niguarda che conserva qualche angolo di campagna.
Quella è la mia dimensione cittadina con la mia trattoria. Ma è una fortuna poter fuggire e tornare in un posto dove c’è pace. Quello che offre la città mi è servito tanto ma ho sempre sofferto un po’ la grande quantità di persone che ci vive. Ma non ci sputo perché mi è servito.
Fonte : Sky Tg24