Supernovae, i resti potrebbero essere sparsi sul fondo degli oceani

Le tracce di supernovae che hanno raggiunto la Terra potrebbero essere più numerose di quanto stimato dagli scienziati. Al Global physics summit 2025 dell’American physical society di Anaheim, in California, l’astronomo Brian Fields dell’Università dell’Illinois ha illustrato i progressi compiuti nell’identificazione dei resti di esplosioni stellari sul fondo dei nostri oceani, spiegando che la scienza è riuscita a individuare le firme chimiche di questi eventi cosmici, che sembrano essere presenti ovunque. “Viviamo in un cimitero di supernovae, ha commentato nel corso della sua presentazione.

I resti di supernovae custoditi sulla Terra

Lo scenario in cui quel che rimane di una supernova entra in contatto con la superficie terrestre non implica necessariamente una catastrofe planetaria. Sebbene la radiazione emessa da una stella in collasso sia letale in un raggio di qualche anno luce, con il tempo queste esplosioni perdono velocità e diventano impercettibili. Le particelle che ne scaturiscono continuano però a viaggiare grazie all’accelerazione iniziale, finché non trovano un pianeta o una luna su cui posarsi.

Alcuni di questi detriti hanno raggiunto la Terra. Il team di Fields ha cercato per decenni metodi efficaci per rilevarli. Nella relazione presentata al summit di Anaheim, l’astronomo ha raccontato come lui e i suoi colleghi siano riusciti a identificare una versione radioattiva del ferro che non si trova naturalmente sul nostro pianeta. Per i ricercatori, questi elementi esotici ancora attivi sono la prova di supernovae avvenute nella storia recente e nei pressi della Terra.

Uno degli studi più recenti di Fields, pubblicato a settembre del 2024 sulla rivista Astrophysical Journal, suggerisce che vicino alla Terra si sono verificate almeno due supernovae: la prima tre milioni di anni fa a una distanza compresa tra 50 e 65 parsec e la seconda sette milioni di anni fa a 100 parsec (un parsec equivale a 3,26 anni luce).

Cocktail spaziale

Per la ricerca dell’anno scorso i ricercatori si sono basati sull’analisi di sedimenti di acque profonde e regolite lunare. Ma il team han trovato anche campioni più esotici generati da eventi rari nell’universo: nello specifico isotopi radioattivi di plutonio, un segno caratteristico di una passata collisione tra due stelle di neutroni, o kilonova: si tratta di uno degli eventi in grado di sprigionare più energia in assoluto nell’universo, responsabile della formazione di elementi come l’oro. In questo caso, la kilonova che ha prodotto gli isotopi di plutonio è antecedente alle due supernove già oggetto di studio.

Il gruppo di lavoro di Fields avanza un’ipotesi per spiegare la presenza questo “cocktail” di isotopi spaziali sulla Terra. È possibile che i detriti della kilonova si siano mescolati con i resti di supernovae e che alcune di queste polveri abbiano raggiunto il nostro pianeta sotto forma di una sorta di “pioggia cosmica“.

Per verificare la loro teoria gli scienziati hanno bisogno di esaminare campioni di regolite che non siano stati contaminati. Le prossime spedizioni verso il nostro satellite naturale riporteranno indietro campioni di questo materiale, che in parte potrebbe essere usato per cercare isotopi di ferro e plutonio. Il ritrovamento di questi elementi rappresenterebbe un’ulteriore prova che sia la Luna che la Terra sono depositarie di resti di supernovae.

Questo articolo è apparso originariamente su Wired en español.

Fonte : Wired