Maccio Capatonda: “Faccio meditazione e sogno di vivere in monastero. Sconfort Zone? Racconta la mia crisi”

È malinconico Maccio Capatonda. È riflessivo, profondo e si porta dietro quella sindrome dell’impostore che spesso affligge i più bravi. Ma è proprio questa sua malinconia, quel suo indagare i meccanismi della mente umana e quella sua personalissima vena comica a permettergli di trasformare ogni sua idea in progetti unici, originalissimi, dove oltre alla risata viene strappata al pubblico anche una riflessione sulla vita. 

E la sua bravura di comico, autore, creativo la si vede tutta nella sua ultima creazione, la serie tv Sconfort Zone, su Prime Video dal 20 marzo, un prodotto che si distingue dalle solite serie tutte uguali a se stesse e che ci mostra un lato inedito di Marcello Macchia (è questo il vero nome di “Maccio Capatonda”) che si cimenta, per la prima volta, in un ruolo drammatico mettendosi a nudo e raccontandoci un momento intimo e reale della sua vita: una crisi esistenziale e creativa che dalla realtà ha voluto portato sullo schermo.

In una società dove tutti si mostrano sempre perfetti ha avuto il coraggio di raccontare, nella serie Sconfort Zone, una sua grande crisi personale, quanto è stato difficile farlo? 

“Ho fatto questa serie un po’ per psicanalizzare me stesso sperando che poi il risultato potesse essere universale. Il coraggio per me non è stato tanto quello di espormi emotivamente quanto di fare un lavoro non in linea con quelli del passato e ho un po’ paura di non venire compreso. Ma avevo voglia di mettermi a nudo rispetto a un pubblico che mi ha sempre conosciuto come un comico e quindi nascosto da determinate maschere e per questo inaccessibile dal punto di vista umano”. 

Qual è un aspetto di Marcello che ha tenuto nascosto dietro la maschera di Maccio? 

“Sono un po’ di anni che sto approfondendo molto la mia vita spirituale. Faccio dei ritiri di meditazione dove non parlo con nessuno per diversi giorni, non ho telefoni, né libri da leggere. Così si impara a vivere una vita in cui non si è preda di reazioni cieche agli stimoli, perché oggi siamo veramente bombardati da talmente tanti stimoli che non abbiamo più la lucidità per agire. Siamo un continuo reagire, siamo sballottati da un contenuto all’altro”.

La meditazione le è stata utile anche nel lavoro?

“Sì perché un artista deve essere a fuoco con se stesso. Se perdi tutto questo, poi cosa dici, cosa dai al tuo pubblico? Non sai cosa sei, quindi non riesci più ad avere un punto di vista, sei solo trascinato tra like, views, commenti positivi, negativi e quindi non sai più dove comunicare e cosa comunicare”.

Ha capito da cosa è nata la sua crisi personale? 

“Dalla mancanza di voglia di fare. Un blocco creativo e di ispirazione dopotutto è proprio la mancanza di voglia di fare qualcosa. Io mi sono ritrovato davanti al foglio bianco e non avevo la necessità di scrivere, non avevo la voglia. E questo capita quando si raggiunge una posizione di successo e ci si sente poco stimolati. Manca la voglia di fare perché ci si sente già “arrivati”. 

Quando inizi a fare le cose per avere un apprezzamento dal pubblico, ti stacchi dalla passione quindi non trovi più l’esigenza di fare niente”.

Come ha superato questo momento difficile?

“L’ho superato col tempo, con l’aiuto dei colleghi, gli altri autori della serie e anche con l’aiuto di una psicologa che ho contattato un po’ per fare ricerca sul tema – perché questa è una serie che parla anche di terapia – e un po’ per capire alcune questioni mie personali”.

Pensa che la creatività oggi sia inflazionata?

“Non è la creatività essere inflazionata, ma il meccanismo. Molto spesso non siamo creativi e quindi rubiamo cose, oppure seguiamo delle mode, cerchiamo di appoggiarci a dei trend e questo rende tutti meno creativi. Secondo me la vera creatività ha a che fare con l’amore perché è un qualcosa che dai agli altri attraverso le tue idee. Oggi c’è un utilizzo della creatività troppo smodato e che spesso non è esattamente creatività ma altro”. 

E la comicità la trova cambiata rispetto al passato? 

“Adesso c’è questa tendenza a dire che non si può dire nulla perché c’è il politicamente corretto, e un po’ è vero. Io, però, non baso la mia comicità sul politicamente scorretto quindi su di me questa cosa non ha avuto ripercussioni. 

La comicità si è sicuramente internazionalizzata seguendo la moda americana della stand-up comedy ed è aumentata molto quantitativamente la proposta comica, questo sì. Ci sono tantissime persone si buttano nel mondo della comicità. Anni fa non era così”.

Che rapporto ha con i suoi genitori? Li vediamo rappresentati anche nella serie.

“Un bel rapporto, siamo amici, c’è quasi un rapporto alla pari con loro. Però, hanno sempre litigato tantissimo e ho subito tanto, a livello emotivo, questa cosa dei loro litigi crescendo. È stato un trauma per me da piccolo, avrei voluto non litigassero così tanto e vorrei tuttora non lo facessero più. Li avevo anche chiamati per recitare nella mia serie, ma gestirli era troppo complicato”.

C’è qualcosa che ha preso da loro?

“Sono entrambi due personaggi molto particolari, fanno molto ridere. Mi hanno dato una cultura umoristica in un certo senso. Mio padre fa molte battute e lo stesso mia madre, lei è un’attrice mancata”.

Quindi erano contenti che lei volesse fare il comico di mestiere?

“Da piccolo facevo sketch, giravo film horror, quindi la passione ce l’ho sempre avuta ma all’inizio erano un po’ dubbiosi, nonostante mi abbiano regalato loro stessi la prima telecamera. All’inizio non capivano quello che facevo, non capivano i trailer. Poi, però, sono diventati miei fan”.

Ha mai immaginato un futuro lontano dai riflettori?

“Quando penso al futuro immagino due strade: una è quella di diventare golfista, l’altra quella di dedicarmi alla spiritualità. Mi sento un golfista mancato. Giocavo a golf da bambino quando mio nonno mi portava in vacanza a Fiuggi dove c’era un campo da golf e per diversi anni mi sono allenato lì. 

E poi mi piacerebbe esplorare il mondo della spiritualità e diventare un asceta totale. Ho il desiderio di fare esperienze di questo tipo, vivere in un monastero, isolarmi dal contesto sociale ma sempre momentaneamente. Alla fine la vera sfida non è isolarsi ma stare in questo mondo e non esserne sopraffatti”. 

Sconfort Zone: la recensione

Fonte : Today