Cos’è il Manifesto di Ventotene, il testo che ha ispirato l’Unione europea

L’Europa unita divide ancora l’Italia, ottant’anni dopo. Il Manifesto di Ventotene è tornato improvvisamente al centro del dibattito politico dopo che la premier Giorgia Meloni, durante le comunicazioni alla Camera del 19 marzo in vista del Consiglio europeo, ne ha citato alcuni passaggi sulla “rivoluzione socialista” e “l’abolizione della proprietà privata“, commentando: Non so se questa è la vostra Europa ma certamente non è la mia. Le sue parole hanno scatenato forti proteste da parte delle opposizioni, portando alla sospensione della seduta. Un episodio che riapre il dibattito su un testo scritto nel 1941 sotto il regime fascista, considerato tra i documenti ispiratori dell’integrazione europea.

La genesi di un testo rivoluzionario

Il Manifesto di Ventotene fu concepito e scritto nell’inverno del 1941 da Altiero Spinelli, ex militante comunista espulso dal partito per le sue critiche allo stalinismo, ed Ernesto Rossi, economista e militante del movimento liberalsocialista “Giustizia e Libertà”, entrambi intellettuali antifascisti inviati al confino politico sull’isola di Ventotene, una piccola isola del mar Tirreno trasformata dal regime fascista in un carcere a cielo aperto. All’epoca sull’isola erano confinati circa 800 oppositori politici, di cui 500 classificati come comunisti, 200 come anarchici e i restanti prevalentemente appartenenti al movimento Giustizia e Libertà e al Partito Socialista. In questo ambiente di resistenza intellettuale, Spinelli e Rossi, con il contributo significativo dell’ebreo socialista Eugenio Colorni, elaborarono la loro visione di un’Europa post-bellica radicalmente trasformata.

La diffusione del documento avvenne in condizioni estremamente rischiose, grazie all’impegno di alcune donne coraggiose come Ursula Hirschmann, futura compagna di Spinelli, e Ada Rossi, moglie di Ernesto, che riuscirono a contrabbandare il testo dall’isola verso la terraferma, facendolo circolare negli ambienti dell’opposizione antifascista di Roma e Milano. Questa opera di diffusione clandestina rappresentò il primo passo concreto verso la creazione di un movimento federalista europeo che si sarebbe realizzato nell’agosto del 1943.

L’impatto del Manifesto di Ventotene

L’impatto del Manifesto di Ventotene sul processo di integrazione europea è stato profondo e duraturo. Dopo la guerra, Spinelli divenne uno dei più influenti sostenitori dell’unificazione europea, entrando nella Commissione europea nel 1970 e successivamente nel Parlamento Europeo, dove promosse il “Progetto di Trattato per l’Unione Europea” del 1984, considerato un precursore diretto del Trattato di Maastricht del 1992. I principi federalisti delineati nel Manifesto di Ventotene influenzarono significativamente figure chiave come Jean Monnet e Robert Schuman, ispirando l’approccio funzionalista che guidò la creazione della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio nel 1951, primo nucleo concreto dell’integrazione europea. Ancora oggi, il documento è considerato uno dei testi fondanti dell’Ue, tanto che nel corso degli anni è stato tradotto in tutte le lingue ufficiali dell’Unione Europea e viene studiato come parte essenziale della storia dell’integrazione europea.

La visione politica e i contenuti

L’interesse di Spinelli e Rossi per la dimensione europea, e non solo italiana, nasceva dalla loro convinzione che il nazionalismo e la sovranità assoluta degli Stati fossero le cause profonde dei totalitarismi e delle guerre mondiali. Per loro, combattere il fascismo in Italia non bastava: era necessario ripensare l’intero sistema europeo che aveva generato simili mostri politici. Mentre i precedenti progetti di unità europea, come il Pan-Europa di Kalergi del 1922, immaginavano un’unione guidata da tecnocrati, Spinelli e Rossi sognavano gli Stati Uniti d’Europa una vera federazione con un parlamento e un governo democratico con poteri reali in settori chiave come economia e politica estera, mentre gli Stati nazionali avrebbero mantenuto ampie autonomie in tutti gli altri ambiti. Questo equilibrio tra poteri centrali e locali, garantito da una costituzione federale, avrebbe dovuto impedire sia la frammentazione europea che aveva portato alle guerre, sia la creazione di un superstato centralizzato.

Un elemento fondamentale del Manifesto, spesso meno evidenziato rispetto alla visione federalista ma tornato prepotentemente al centro dell’attenzione dopo l’intervento della premier Meloni, riguarda la sua impostazione economico-sociale. Il documento conteneva infatti una chiara impronta socialista, proponendo riforme per l’emancipazione delle classi lavoratrici. In tema di proprietà privata, il Manifesto suggeriva un approccio pragmatico: abolirla, limitarla o estenderla a seconda delle necessità economiche. Un’esagerazione, vista con gli occhi di oggi, ma che va storicizzata. Il Corriere della Sera sottolinea che dopotutto questa visione è molto simile a quella della Costituzione italiana, che ha permesso operazioni come la nazionalizzazione dell’energia elettrica negli anni Sessanta. Come nota ancora il Corriere, “richiamarsi al Manifesto di Ventotene non significa giurare fedeltà su ogni sillaba“, tanto che lo stesso Spinelli nelle sue memorie ne riconosceva limiti e ingenuità. Insomma, discutere un testo fondamentale solo per solleticare gli istinti del proprio pubblico e in un momento delicato è un’operazione un po’ troppo disinvolta – ed evitabile – per il capo di un governo e di un partito che (negli ultimi anni) si dice europeista.

Fonte : Wired