Stellantis, cosa ha detto John Elkann in parlamento

Alla fine John Elkann a Roma ci è arrivato. Mercoledì 19 marzo, in Aula per presentare il Piano Italia di Stellantis e rassicurare il mondo della politica che il gruppo italo-francese non ha alcuna intenzione di abbandonare la Penisola. Anche se i freddi numeri della produzione raccontano tutt’altra storia: nel 2024 gli stabilimenti italiani hanno sfornato 475.090 vetture e veicoli commerciali, un numero ben distante dal milione richiesto dal governo. Storia allarmante soprattutto per i sindacati, secondo i quali i livelli produttivi sono tornati di colpo a quelli del 1956. Ma, soprattutto, in Aula per ricucire lo strappo con l’esecutivo tricolore che si era registrato nella fase ormai calante dell’era Tavares, quando l’allora amministratore delegato aveva avviato una prova muscolare con Roma che era sfociata perfino in una inedita querelle sul nome dell’Alfa Romeo Milano e sui tricolori presenti sulle carrozzerie della microcar Fiat Topolino (realizzata in Marocco) e della 600 (assemblata in Polonia).

Un rapporto da ricucire

Ma cosa ha detto? Defenestrato il top manager portoghese Carlos Tavares ora John Elkann sembra intenzionato a tendere la mano alle istituzioni. E lo ha fatto presentandosi davanti alle Commissioni rriunite Attività produttive della Camera e Industria del Senato dopo aver rifiutato lo scorso autunno l’invito del parlamento a spiegare le ragioni del gruppo. Un rifiuto che non era piaciuto affatto né alle Camere (con maggioranza e opposizioni una volta tanto compatte nel biasimare tale scelta) né a Palazzo Chigi, con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ospite di Bruno Vespa aveva sibilato: “Temo che a John Elkann sfuggano dei fondamentali della Repubblica italiana”, aggiungendo: “Siamo una repubblica parlamentare, questa mancanza di rispetto verso il Parlamento me la sarei evitata”.

Il governo disponibile a riappacificarsi con Stellantis

Ma il nuovo corso auspicato da Elkann ha subito trovato sponda nell’esecutivo che è del resto consapevole che senza Stellantis l’Italia perderebbe ogni possibilità di toccare palla nel settore dell’auto, non essendo ancora riuscita ad attrarre investimenti di marchi esteri per aprire sul territorio nazionale hub e gigafactory (il governo corteggia da tempo tanto i marchi cinesi quanto Tesla ma con scarsi risultati). Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, poco prima dell’audizione ha detto di essere sollevato dal fatto che il gruppo “abbia deciso di preservare gli stabilimenti italiani, garantendo i livelli occupazionali con investimenti di due miliardi per nuove piattaforme e nuovi modelli oltre a contratti di fornitura per sei miliardi di euro”.

Elkann: “Senza Stellantis non ci sarebbe l’auto italiana”

Questa volta Elkann non si è presentato davanti ai parlamentari “solo” in qualità di presidente e azionista del Gruppo, ma nelle nuove vesti di amministratore delegato ad interim e pro tempore di Stellantis in attesa della nomina del nuovo ad che dovrebbe arrivare entro giugno, come ribadito proprio quest’oggi dallo stesso numero uno di Stellantis.

L’Italia per Fiat e Fiat per l’Italia – ha detto Elkann – hanno rappresentato e rappresentano tutt’ora molto: industria, lavoro, sviluppo, innovazione ma anche solidarietà, cultura, responsabilità e progresso sociale”. “Se non ci fosse Stellantis non ci sarebbe l’auto italiana – ha avvertito –, come l’informatica italiana è scomparsa dopo l’Olivetti o la chimica con la Montedison”, rivendicando che l’azienda, spesso accusata dai detrattori di aver usufruito di abbondanti contributi pubblici, ha difeso l’occupazione (con buona pace del fatto che il gruppo a fine 2023 contava 42.700 dipendenti contro i 52.740 del 2021, per un dimagrimento dell’organico del 20% in soli tre anni). Allo stesso modo Elkann ha ricordato il ruolo di contribuente di primaria importanza per il fisco (“Negli ultimi 20 anni il gruppo ha pagato 14 miliardi di imposte all’erario”). Nel medesimo periodo gli investimenti sono stati pari a 53 miliardi “a fronte di contributi pubblici pari a un miliardo”, ha sottolineato il presidente di Stellantis.

Quanto agli impegni assunti al tavolo del ministero del Made in Italy occorre fare i conti col periodo contingente: “Il 2025 – evidenzia Elkann – sarà un altro anno difficile: il mercato Italia nei primi due mesi è in contrazione del 7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno; dal 2026 si prevede un aumento della produzione grazie al lancio di 10 nuovi aggiornamenti di prodotto nelle fabbriche italiane i cui livelli produttivi dipenderanno dal mercato e da fattori esterni come i dazi”.

Mancate risposte sul futuro di Maserati e di Termoli

Il presidente di Stellantis sgrana numeri come un rosario (“Dalla sua nascita il gruppo ha acquistato servizi e componenti dalla filiera italiana dell’auto per un valore di 24 miliardi di euro, che diventeranno 30 alla fine del 2025”) ma evita di dare risposta ai quesiti impellenti, per esempio quelli sul destino dei marchi italiani oggi in crisi. Laconico il commento sulla situazione in cui versa la scuderia del Tridente: “Stiamo lavorando al futuro di Maserati che è indissolubilmente legato all’Italia, a Modena e alla Motor Valley”, mentre chi attendeva news sulla gigafactory di Termoli è rimasto ugualmente deluso dato che Elkann rinvia tutto a ciò che farà la Automotive Cells Company, la joint venture tra Mercedes-Benz e TotalEnergies di cui però fa anche parte la stessa Stellantis, spiegando di essere “in attesa che ACC renda noto il suo piano”. La giornata di oggi comunque è servita per avere ufficializzazione che il gruppo conferma gli impegni presi con il dicastero del Made in Italy lo scorso 17 dicembre. Non è dato sapere se con il piano per l’Italia ripartirà davvero l’automotive italiana, ma quel che è certo è che oggi è ripartito il dialogo tra Stellantis e governo.

Fonte : Wired